La Spagna fa progressi

Il coronavirus ha colpito molto duramente la Spagna: 80.000 morti, centinaia di migliaia di disoccupati in più e una contrazione economica del 12%. Ora il numero di contagi sta calando e la campagna di vaccinazione è in corso. Ma il paese si riprenderà?


Una forte spinta viene dall’Ue, con il recovery plan da 1.300 miliardi di euro. La Spagna ne riceve 140, di cui 72 per investimenti diretti. Con questo bel gruzzoletto il governo Psoe/Podemos ha predisposto un pacchetto d’interventi degno di nota: progetti nel campo del trasporto ecosostenibile (13 miliardi), del risanamento energetico degli edifici (7), dell’efficienza energetica (5), della formazione digitale e professionale (7), della promozione dell’industria e delle Pmi (8), delle misure per il mercato del lavoro (6) e tanto altro. Gli investimenti dovrebbero iniziare questo o il prossimo anno e dare un forte impulso al superamento della crisi se il governo li saprà portare a termine.


Una pedina importante dell’esecutivo è Yolanda Díaz. Appartenente a una famiglia operaia della Galizia, è stata avvocata sindacale e poi esponente politica della Sinistra unita (“Izquierda Unida”) e dal 2020 è ministro del lavoro. Dal 31 marzo è anche vicepresidente. «La pandemia ha messo in luce la debolezza della protezione dei lavoratori in Spagna», afferma Díaz. «Troppi contratti di lavoro sono estremamente precari. Ora servono dunque riforme urgenti». La ministra ha fretta: ha avviato la procedura di ratifica della Convenzione 189 dell’Oil, che riconosce pieni diritti come dipendenti a 600.000 lavoratori domestici, i quali conquistano il diritto alle indennità di disoccupazione. Insieme ai sindacati, Yolanda Díaz ha anche fatto approvare una legge che considera i lavoratori delle piattaforme per la consegna di cibo a domicilio dei normali salariati: la Spagna è il primo paese dell’Ue ad aver legiferato in questo senso.


Dei progressi sono stati compiuti finalmente anche sul fronte dell’abolizione della cosiddetta “legge bavaglio”, che consente di punire anche con il carcere persone che partecipano a una manifestazione, che scioperano o che esprimono liberamente un’opinione. Il Parlamento ha – in una prima tappa – cancellato la norma contro i picchetti di sciopero, che negli ultimi 10 anni ha consentito la messa sotto accusa di circa 300 lavoratori e l’incarcerazione di molti di loro.

Pubblicato il

29.04.2021 10:24
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