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La Posta e i valori
di
Fabio Lo Verso
Lo smantellamento del servizio pubblico ha ripreso in modo brutale in questo primo scorcio dell’anno, con l’annuncio della chiusura di uffici postali a Lugano (vedi anche pag. 8, ndr), Losanna e Lucerna. Ormai, per dirla con l’educatore ginevrino Serge Boulaz, il direttore generale Ulrich Gygi, e l’azienda di cui è a capo, sono andati «oltre il punto di non ritorno». Il confine cui allude il giovane autore di una ricerca intitolata «Touche pas à ma poste» (*) (Giù le mani dalla mia posta) non è soltanto tracciato dal numero di sportelli che sono stati o saranno cancellati. Analizzando il movimento di contestazione che ha condotto gli abitanti del quartiere di St-Jean, a Ginevra, ad opporsi alla chiusura della «loro» posta, il ricercatore indica, come era lecito attendersi, che la lotta si situa su un altro piano, in cui al concetto di «quantità» si antepone quello di «prossimità».
Prossimità e coesione sociale
Chiudere gli uffici postali «provoca una lesione nel tessuto sociale del quartiere», cellula primaria del vivere quotidiano in città, spiega Serge Boulaz. La prossimità, espressione reale, effettiva, dell’idea di «coesione sociale», deve essere salvaguardata, pena la rottura degli equilibri quotidiani. È questa, secondo l’educatore, la più importante conseguenza che si subisce amputando il servizio pubblico: «uno strappo alla coesione dei membri di una stessa comunità». Il danno che proviene dall’alterazione dell’ «identità spaziale» del quartiere, privata di un luogo di incontri e scambi come l’ufficio postale, diventa pregiudizio e offesa. In questo senso il ricercatore dell’Istituto di studi sociali di Ginevra si oppone categoricamente al «piano Gygi» che prevede una riduzione drastica degli sportelli e la cancellazione ogni anno di circa 100 posti di lavoro a tempo pieno. Usa strumenti concettuali dal sapore tutto universitario, Serge Boulaz, prendendoli in prestito dal linguaggio sociologico. «Sono termini, quelli di identità spaziale, prossimità e coesione sociale, che mi hanno permesso di spianare la strada, spiega il ricercatore, alla comprensione dei motivi che hanno spinto gli abitanti del quartiere ginevrino di St-Jean ad opporsi contro la chiusura del “loro” ufficio postale».
L’esempio della resistenza
Il pretesto della ricerca di Serge Boulaz è contenuto interamente in questa motivazione : capire cosa può aver mosso anziani, commercianti, insegnanti, e anche studenti a riunirsi in un collettivo di difesa del servizio pubblico. Il ricercatore ha rivisitato le tappe del movimento sorto nel ’97. Quell’anno la Posta del Beulet, nel quartiere di St-Jean, a Ginevra, viene inserita nel programma di tagli messo a punto dalla direzione presieduta da Ulrich Gygi. Nonostante la raccolta di 2500 firme, l’ufficio chiuderà i battenti nel dicembre ’99. Inizia allora una lotta intensa, ritmata da incontri, riunioni, petizioni, e manifestazioni. Dapprima incerti sul da farsi, sindacalisti e politici daranno man forte al gruppo di irriducibili abitanti, condotti dalla sessantenne Jacqueline Meng. Portate sul piano nazionale da una rutilante copertura mediatica le rivendicazioni degli orfani dell’ufficio del Beulet sfonderanno, un anno dopo, le porte dei vertici dell’azienda. Nel dicembre 2000 gli abitanti di St-Jean riavranno la «loro» posta. Oggi l’ufficio funziona con orari ridotti e rinuncia ad offrire alcuni servizi di minore importanza. Ma i residenti non se ne lamentano. Serge Boulaz ha incontrato i protagonisti della lotta. Dai loro racconti il ricercatore ha ricavato un dato sorprendente. «Quando un quartiere possiede tutte le risorse che ne fanno giustamente un quartiere – scuola, chiesa e ufficio postale – i residenti gli attribuiscono addirittura il potere di infondere “un certo dolce vivere”». Questo «legame affettivo» è fonte di benessere, spiega Serge Boulaz. È curioso notare come i residenti non abbiano battuto ciglio quando in precedenza era scomparsa l’unica insegna Migros o quando l’Ubs aveva chiuso i battenti. «Questo prova come banche e supermercati abbiano un valore quasi nullo ai fini della coesione sociale», conclude il ricercatore. La posta, la scuola o anche la chiesa veicolano un fattore determinante: il porsi in relazione con gli altri, aprirsi al mondo. «Per gli anziani l’assenza di un ufficio postale nelle vicinanze immediate equivale ad un isolamento forzato», osserva Serge Boulaz.
Il servizio a domicilio non sostituisce l’ufficio di zona
Non è sufficiente ricorrere in questo caso all’espediente del servizio a domicilio. In alcuni comuni è in vigore già da tempo «ma non potrà mai assolvere al compito dell’ufficio di zona», afferma l’educatore. «Con i postini a domicilio si fa leva su unico aspetto, quello del servizio. Mentre è proprio oltre questa sfera che si situa la funzione sociale dell’ufficio postale». A questo punto interviene l’inevitabile domanda: «Scompariranno un giorno gli uffici postali? Saranno sostituiti da postini volanti che busseranno, a richiesta, alle nostre porte?» Neanche il rapido sviluppo dei servizi che la posta offre via internet non permette di concludere che un giorno questo potrebbe accadere. Secondo Serge Boulaz ci sarà sempre il bisogno di un ufficio postale o di un luogo che ne esprima la funzione. Il ricercatore fornisce come esempio l’Internet Center che è stato aperto proprio accanto alla Posta del Beulet, nel quartiere di St-Jean. Alcuni hanno giudicato questa iniziativa come una provocazione. Il centro è specializzato nell’insegnamento di Internet agli anziani : come pagare le fatture allo sportello virtuale e inviare la posta elettronica. Altri rilevano il paradosso dell’accostamento tra la vecchia posta scampata ad una morte programmata e la nuova finestra che ci collega al mondo. Serge Boulaz crede invece che l’esperienza non sarà unica. «Internet Center apriranno dappertutto, dapprima come iniziative commerciali indipendenti, poi come servizio aperto a tutti, finanziato con i soldi dei contribuenti». C’è da scommettere allora che ogni quartiere avrà il suo Internet Center. Con i suoi affezionatissimi fruitori. È la legge naturale della prossimità, e del servizio pubblico. *Serge Boulaz, «Touche pas à ma poste, ou la mobilisation d’un quartier pour la sauvegarde de sa poste». La ricerca è disponibile presso l’Institut d’études sociales (IES), rue Prévost-Martin, 1205 Genève. Tel. 022 322 14 44.
Pubblicato il
25.01.02
Edizione cartacea
Anno V numero 3
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