Non c’è fine per il filone del processo Eternit bis riguardante lo stabilimento di Cavagnolo (Torino), in cui il magnate svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 1 anno 8 mesi per l’omicidio colposo di un ex operaio morto di asbestosi. Condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino lo scorso dicembre (che confermava una prima sentenza d’appello annullata dalla Cassazione) e che la stessa Corte Suprema ha sorprendentemente cassato, per una seconda volta. “Annullamento con rinvio” è la decisione presa venerdì 21 marzo dagli ermellini, che formalmente significa rifacimento del processo davanti a nuova Corte d’Appello, ma che al lato pratico “chiude” il caso, visto che il mese prossimo il reato cadrà in prescrizione. Così Stephan Schmidheiny schiverà ogni condanna per la morte, nel 2008, di Giulio Testore ex dipendente della Saca Eternit di Cavagnolo (fabbrica che lo svizzero aveva controllato dal 1976 fino alla sua chiusura nel 1982), dove aveva subito esposizione all’amianto per un periodo di circa 27 anni e per questo ha contratto una grave forma di asbestosi, malattia provocata dalle micidiali fibre respirate in fabbrica. Un dato di fatto certamente non contestabile, ma che la giustizia (al di là delle motivazioni della Cassazione, per cui ci vorrà qualche settimana) considera insufficiente per giustificare una condanna dell’ex patron dell’Eternit, che in questo processo, in sede di appello, si era già visto ridurre la pena da 4 anni a 1 anno e 8 mesi. In primo grado infatti era stato ritenuto responsabile anche per la morte nel 2012 di Rita Rondano, una cittadina uccisa dal mesotelioma pleurico (il tipico cancro da amianto) che aveva subito una duplice esposizione alla fibra killer: sia ambientale perché viveva a meno di un chilometro dalla fabbrica sia professionale perché lavorava come contadina in campi contaminati dall’amianto dell’Eternit. Ma i giudici della Corte d’Appello per questo caso lo hanno in seguito prosciolto. Ora con il nuovo annullamento deciso della Cassazione cala definitivamente il sipario sul caso Cavagnolo, ma si aprono anche tanti interrogativi sull’esito del filone più importante dell’Eternit bis: quello per i 392 morti di mesotelioma vittime dello stabilimento di Casale Monferrato (Alessandria), in cui in primo grado Schmidheiny è stato condannato dalla Corte d’Assise di Novara a 12 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e aggravato e di cui si sta per concludere il processo davanti alla Corte d’Appello di Torino. La sentenza è attesa per il 17 aprile. Bruno Pesce (AFEVA): siamo amaramente sorpresi La decisione degli ermellini fa inevitabilmente preoccupare i rappresentati delle vittime di questo importante procedimento: «È incredibile! Siamo amaramente sorpresi», commenta Bruno Pesce dell’Associazione dei familiari e delle vittime dell’amianto di Casale Monferrato AFEVA. «Ancora un rinvio che farà calare la scure della prescrizione anche su questa vittima dell’Eternit. L'asbestosi è sinonimo di esposizione massiccia all'amianto, che più è prolungata più accelera l'insorgenza e l'aggravamento della malattia. Ciò è dimostrato dagli studi e dalla realtà in ogni parte del mondo», ricorda Pesce. «Dovrebbe dunque essere scontato che il periodo di lavoro gestito da Schmidheiny ha concorso, con quello precedente belga, a determinare ed aggravare mortalmente l'asbestosi per il povero Testore. Siamo molto addolorati. Non riusciamo proprio a capire». |