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La Casetta, chi viene e chi va
di
Stefano Guerra
Distogliendo per un attimo lo sguardo dalla tv che stà dando il tenente Colombo, “Costa” liquida con poche parole le domande sui nuovi inquilini della Casa ex Zoni (“La Casetta”, cfr. box). «Vedremo. Io sto dando una mano a mettere a posto. Con loro abbiamo cercato di parlare, ma finora non c’è stato molto da fare». È da un divano del buio e fumoso scantinato del centro giovanile di via Mirasole a Bellinzona che il giovane – attorno ai 18 anni, disoccupato, la testa ricoperta da una berretta bianca – esprime il suo disagio nei confronti dei probabili futuri “gestori” della Casetta, i membri della neocostituita associazione giovanile “La Crisalide”. Dal pianterreno gli fa eco uno degli altri 15-20 adolescenti (fra cui un gruppetto connotato come “i punks”) che negli ultimi mesi hanno frequentato più o meno regolarmente lo stabile che sorge nel vasto prato antistante il liceo cittadino: «Senza dirci nulla si sono piazzati. Io qui non ci verrò più», dice il ragazzo prima di mettersi in spalla lo zainetto con alcuni effetti personali recuperati dalla Casetta in questa ventosa domenica di inizio febbraio. Da tre settimane Casa ex Zoni è un cantiere aperto. I membri dell’associazione “La Crisalide” l’hanno ripulita e sistemata. Ci sono voluti sette viaggi in discarica di un furgone stracolmo per liberarla dall’immondizia e dagli oggetti che si erano accumulati in mesi vissuti all’insegna di una complicità non esente da incuria, vandalismi (le porte bruciate, l’impianto elettrico reso inservibile, eccetera) e consumo di sostanze stupefacenti da parte di alcuni dei giovani frequentatori del vecchio stabile. All’esterno, accatastati contro il muro meno visibile, quello che dà a nord, ci sono ancora carrelli della spesa, assi di legno, un rastrello, un paio di porte, tre pentole e altri oggetti che attendono di essere buttati. Sul lato opposto, due poltrone che mostrano la gommapiuma, altrettante pentole, una ciotola per cani e due altoparlanti Sharp rotti. L’interno della Casetta, invece, comincia a mostrare un altro volto: una nuova cucina che forse fungerà da mensa “popolare” alternativa a quella del vicino liceo; l’impianto elettrico completamente rifatto; le porte nuove; l’ex locale concerti ripulito, con due librerie zeppe di libri e riviste e, appesa ad un muro, la “prima” di Libera Stampa del 18 luglio 1930 che apriva con il titolo “Contro i professori fascisti nelle scuole ticinesi”; un “albo della Casetta” con ritagli di quotidiani e una citazione di Haidi Giuliani, madre di Carlo («Non è un mondo possibile e i giovani ne cercano un altro di mondo, quello che probabilmente cercavano anche i loro padri nel ’68 e quello che certamente non hanno trovato i cugini più grandi del ’77»). La trasformazione dei locali della Casetta segna il passaggio del testimone dall’ormai moribonda associazione “Ortika” – che nella primavera ’98 aveva ricevuto in gestione la Casetta dal suo proprietario, il Municipio di Bellinzona – all’associazione “La Crisalide”, che ha buone probabilità di subentrarle quale firmatario di un nuovo contratto di comodato con l’Esecutivo cittadino. Il Municipio di Bellinzona non si è ancora chinato sulla questione (lo farà con ogni probabilità la prossima settimana discutendo di una lettera di intenti spedita dieci giorni fà da “La Crisalide”), ma nel frattempo i responsabili della neocostituita associazione (gli statuti sono del 2 febbraio) hanno già ricevuto le chiavi della Casa ex Zoni dall’Ufficio tecnico comunale. Il nuovo contratto di comodato, spiega ad area il responsabile de “La Crisalide” Nicola Belotti, dovrebbe prevedere un ridimensionamento degli orari di apertura, l’abolizione delle eccezioni al divieto di fumare e di pernottare, il divieto delle bevande alcoliche (salvo occasioni speciali come concerti, ecc.) e la concessione all’associazione di una serie di spazi in strutture pubbliche cittadine per attività di vario tipo. “La Crisalide” è la sorella minore di “Altrascuola”, associazione culturale-pedagogica nata pochi mesi fa in seno al Sindacato indipendente degli studenti e degli apprendisti (Sisa) con l’obiettivo di fungere da laboratorio di idee per lo sviluppo di una pedagogia alternativa nella scuola pubblica. «“Altrascuola” ha dei compiti politici e non è adatta a gestire un centro giovanile aperto a tutti. Per questo è stata creata “La Crisalide”», spiega Massimiliano Ay, uno dei responsabili di entrambe le associazioni. Scopo della più giovane fra le due nuove realtà – che lunedì si presenterà alla stampa e che si dichiara neutrale «in ambito politico e confessionale, salvo il proprio carattere risolutamente antirazzista e nonviolento» – è di «gestire il centro giovanile comunale in collaborazione con il Municipio, organizzando e promuovendo attività socioculturali rivolte principalmente ai giovani», mettendo così fine alla «totale anarchia nichilista» nella sua gestione che ha creato una situazione di «totale degrado». Intanto, però, la sovrapposizione delle persone (sono le stesse a stare dietro alle due associazioni), le scarse informazioni disponibili sin qui su chi farà cosa e su come verranno occupati gli spazi, il fatto che le attività (un paio di conferenze si sono già svolte e c’è già un programma definito fino a maggio) saranno organizzate in comune fra “Altrascuola” e “La Crisalide” e la fermezza con cui i loro responsabili hanno preso in mano le sorti della Casetta, stanno suscitando i malumori degli attuali frequentatori del centro e la fuga di alcuni di loro (soprattutto i “punks”), per nulla inclini a seguire il nuovo corso. Il pericolo di essere visti come dei “colonizzatori” idealisti, politicizzati e poco aperti a manifestazioni extra-studentesche – anche violente, ma proprio per questo significative e da canalizzare – della cultura e del disagio giovanile c’è, riconosce Massimiliano Ay. D’altronde la Casetta «era caduta veramente in basso»: «Starà a noi dimostrare in futuro di saperci aprire alle proposte di altre associazioni e gruppi di giovani», spiega lo studente sindacalista e membro dell’associazione “Altrascuola”. Alle perplessità e ai minimi segnali di resistenza da parte degli attuali inquilini della Casetta («fumare rende culi: non fatelo, mi raccomando», hanno scritto mani anonime in calce a uno dei poster anti-fumo appesi di recente alle pareti di uno dei locali risistemati), si aggiungono le critiche di chi – pur accogliendo favorevolmente la necessaria rinascita del centro giovanile attraverso un progetto apparentemente solido – considera il nuovo corso come la consacrazione definitiva del principio di cogestione e quindi come il canto del cigno dell’autogestione bellinzonese al cui spirito i fondatori dell’associazione Ortika (alcuni di loro ex “pastorizzati” occupanti di Casa Cinzia) si richiamavano. «La vera alternativa resta l’autogestione. E in città ho l’impressione che si stia ricreando il disagio del ’96 che portò all’occupazione di Casa Cinzia. C’è della brace sotto la cenere. Basta qualche rametto per riaccendere il fuoco», dice Lucio, uno dei 15 “Folletti urbani” che nel 2002, qualche giorno prima di Natale, occuparono per una notte l’ex collegio Soave di via Ghiringhelli con un’azione tanto coraggiosa quanto disperata e dal destino segnato quasi in partenza. Lucio intravede il rischio che la Casetta si trasformi in «una bibliotechina del Liceo, in un centro intellettuale», che lascerebbe senza sbocchi la voglia e la necessità – marginale, certo, ma pur sempre reale – di autogestione attiva in Città. Dalla fine del 2002 i “Folletti” – che «entrano in gioco quando meno ci si aspetta», osserva Lucio – sono rimasti inattivi, ma recentemente alcuni di loro hanno allacciato dei contatti con i “punks” della Casetta per discutere il da farsi. La repressione poliziesca e penale contro i protagonisti degli esordi (Casa Cinzia e le cinque occupazioni successive, tutte di breve durata), la mancanza di una “massa critica” indispensabile per rendere sostenibili delle occupazioni e forse anche un certo effetto deterrente esercitato dal modello di co-gestione (Municipio-associazione giovanile) materializzatosi nella Casetta, pesano però come macigni sulle velleità di autogestione “spontaneista” in Città. L’unica via praticabile a Bellinzona, per ora, sembra quindi essere quella della Casetta. Un centro giovanile destinato a ritrovare linfa con un nuovo progetto promosso da giovani con le idee chiare: «Noi difendiamo l’autogestione – dice Massimiliano Ay – ma a differenza di chi ne ha un’idea anarchica, noi vogliamo delle regole. E poi non dimentichiamoci che è proprio perché si sono dati e hanno fatto rispettare delle norme chiare che i “molinari” (i giovani del Centro sociale autogestito di Lugano, ndr) sono cresciuti».
Pubblicato il
13.02.04
Edizione cartacea
Anno VII numero 7
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