La Banca nazionale diventa più spregiudicata

Da quando la settimana scorsa la Banca nazionale svizzera (Bns) ha deciso di aumentare i tassi d’interesse dello 0,25 per cento è il putiferio. Ma molto più preoccupante è un altro cambiamento che è passato piuttosto in sordina: dal 1. maggio di quest’anno la Bns ha una nuova legge che la regola. Spieghiamoci. Alle fine del 2003 le riserve della nostra banca centrale ammontavano a 80 miliardi di franchi, un capitale che appartiene alla Svizzera intera. Di questi 80 miliardi di franchi 58 sono detenuti sottoforma di divise, sia franchi svizzeri che monete estere, mentre i restanti 22 sono il valore delle 1’300 tonnellate d’oro in esubero. Ma come ogni capitale anche quello della Bns ha bisogno di essere investito per dare dei frutti. Ed è proprio qui che interviene la nuova legge. In passato il ventaglio delle possibilità d’investimento della banca delle banche era limitato ad attività a basso rischio come l’oro, i titoli di stato o l’investimento in organizzazioni internazionali. Dal 1. maggio invece «si diversifica», la Bns diventa più spregiudicata e potrà investire anche in azioni e obbligazioni di imprese straniere. Il popolo elvetico ancor più in borsa. Al passo coi tempi si potrebbe quindi pensare e forse hanno pensato Consiglio federale e Parlamento che hanno deciso questa trasformazione. Ma a questo punto bisogna fare un passo indietro e chiedersi se c’era motivo di cambiare. Nel calcio si dice “squadra che vince non si cambia”, evidentemente il motto non vale a Berna. Paradossalmente proprio grazie a una politica d’investimento che ora viene vista come restrittiva in passato l’istituto bancario aveva potuto ottenere eccellenti risultati. Quando la bolla speculativa della “new economy” era esplosa portandosi con sé anche una bella fetta degli averi del secondo pilastro – e anche allora il Consiglio federale voleva stare al passo coi tempi – la Bns andava a gonfie vele. Da fare invidia ai più spregiudicati anche l’utile 2003, ben 4,1 miliardi di franchi (4,3 per cento di rendimento). Perché cambiare allora? La risposta è da cercare a livello politico. Ma dietro ad ogni politica c’è anche un credo e in questo caso è un credo neoliberista. Il capitale è visto solo come una massa da far fruttare su improbabili circuiti finanziari, completamente slegata dalla realtà. Neppure più moneta cartacea ma solo un tasto da premere. Un contadino si fregeherebbe le mani se il suo raccolto aumentasse del 4,2 per cento all’anno. Sembra un modo banale di ragionare ma questa è la vera natura del capitale e non quella speculativa. Intanto non resta che sperare che i frutti che coglieremo non saranno troppo amari.

Pubblicato il

18.06.2004 01:00
Can Tutumlu