L’umanità al confino

«Per sbarazzarsi delle persone giudicate indesiderabili, la Svizzera impone ai richiedenti l'asilo respinti delle condizioni di vita insopportabili. Le conseguenze: vita senza futuro, senza speranza e depressione». È il duro giudizio sull'aiuto urgente formulato da quattro associazioni umanitarie (Amnesty international, l'Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (Osar), l'Osservatorio svizzero sul diritto d'asilo e degli stranieri e Solidarité sans frontières), che hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione volta a chiedere una modifica dell'aiuto urgente. Per verificare la portata delle accuse, siamo andati a Valzeina, villaggio della Prettigovia nel canton Grigioni, dove esiste un centro di aiuto urgente.  

Lasciata Landquart alle spalle, s'imbocca la stretta e tortuosa strada lunga una decina di chilometri (dove ci si augura di non incrociare nessun veicolo pena il rischio di lunghe retromarce) e si arriva all'unico e ultimo paese della valle, Valzeina. 140 anime sparse su un'ampia superficie montagnosa, tanto che il «centro» del paese conta più o meno una decina di edifici, stalle comprese. Nessun bar o negozio di paese, ma una chiesa e una scuola. Ancora qualche centinaia di metri di strada ricoperta di ghiaccio (o se preferite venti minuti a piedi) e siete arrivati a Flueli, l'abitazione acquistata dal canton Grigioni per sistemare gli stranieri a cui è stata rifiutata la domanda d'asilo ma sono impossibilitati a rientrare nel paese d'origine e i richiedenti l'asilo sulla cui domanda l'autorità non è entrata in materia (Nem).
Attualmente sono 22 gli "ospiti" del Flueli. Hanno diritto a un tetto e 2mila calorie di cibo al giorno, consegnati due volte la settimana. È l'aiuto d'urgenza in salsa grigionese. Hanno il divieto di lavorare e non ricevono neanche un franco. L'autopostale per Landquart costa 15 franchi andata e ritorno. L'alternativa sono 3 ore di marcia di sola andata. Devono firmare un registro di presenza alle dieci del mattino e alle dieci di sera. Dormono nei letti a castello nelle stanze comuni da 4 persone. Nessuna eccezione umanitaria è possibile, neanche per una donna incinta di quattro mesi, costretta a condividere il solo bagno a disposizione con 15 uomini sullo stesso piano. Sul piano ci sono altri due bagni, ma le autorità li vogliono chiusi. La richiesta della signora di poter usufruire di una toilette chiusa (alla cui pulizia avrebbe provveduto lei) è stata rifiutata, senza motivazioni. Le autorità competenti, interpellate per lettera il 10 gennaio, hanno risposto limitandosi a confermare di aver ricevuto la lettera. Due mesi dopo il bagno è ancora chiuso, ma forse  grazie alle pressioni dell'opinione pubblica, la signora è stata trasferita martedì a Davos.
Lo scorso anno al Flueli soggiornavano anche una madre coi suoi quattro bambini. La richiesta di sostituire il caffè col latte per i bambini nelle razioni di cibo consegnate dall'autorità è caduta nel vuoto.
Il bagno e il latte sono due esempi delle innumerevoli piccole vessazioni quotidiane della linea adottata dal governo grigionese: «Lo scopo è sfinire le persone rendendogli la vita insopportabile, sperando che semplicemente scompaiano» racconta Andrea Lietha, membro di un'associazione di abitanti di Valzeina a sostegno agli ospiti del Flueli (Verein Miteinander Valzeina, www.vmv.ch). Un'associazione composta da una cinquantina di membri che si batte per rompere l'isolamento a cui sono stati confinati gli stranieri.
La scelta d'isolarli in cima a una montagna è in linea con la politica di sfinimento. Amin* vive da 3 anni e 4 mesi a Valzeina. Nei suoi occhi si legge la disperazione di un uomo senza futuro. Le sue giornate trascorrono lente, immutabili, nella noia del nulla. Tanto, troppo il tempo a disposizione per pensare ai propri problemi. Amin, iraniano vicino ai cinquantanni la cui domanda d'asilo è stata rifiutata, non può essere rimpatriato nel suo paese. Per questo vive nel limbo di Valzeina. «Questo non è vivere. È una morte lenta» commenta Amin, condannato senza colpa a una prigione a cielo aperto. Qualche ospite del Flueli arriva a considerare la vita del carcere migliore: «Perlomeno hai un'attività lavorativa, dormi da solo e hai un bagno a tua disposizione» racconta Rashid*, pure lui iraniano e pure lui da qualche anno a Valzeina. Amira* invece è etiope, ama il suo paese ma non può rientrarvi. Assicura che preferisce morire piuttosto che tornare in quel contesto. Come gli altri interlocutori, Amira sembra contare i giorni di permanenza a Valzeina: un anno e cinque mesi. Come passa le giornate, le chiediamo. «Da sola. Spesso mi sorprendo a parlarmi da sola. Mi faccio le domande e mi rispondo… Lentamente sto impazzendo. Da oltre un anno riesco a dormire solo con le pastiglie» Sono alcune delle testimonianze di non-vita raccolte tra i residenti del Flueli, incontrati nella scuola di Valzeina, nell'immancabile appuntamento del primo mercoledì del mese con gli attivisti dell'associazione di sostegno degli abitanti locali. «Non sono tutti angeli, sia chiaro» racconta Andrea dell'associazione «ma questo non giustifica il trattamento disumano che viene riservato a tutti loro».

* nomi di fantasia

La lotteria intercantonale

Il canton Grigioni si distingue per la sua politica particolarmente dura nei confronti dei Nem. Una politica fredda, impersonale, dove l'essere umano rappresenta un numero che il burocrate auspica un giorno di poter cancellare. «Noi siamo gli sfortunati della lotteria» spiega la signora in dolce attesa da quattro mesi «a noi è toccato il Grigioni». I richiedenti l'asilo, in attesa di risposta, sono assegnati in base alle quote ai diversi cantoni. E qual'ora la risposta fosse negativa, ogni cantone applica la sua personale interpretazione dell'aiuto d'urgenza.
E le differenze sono sostanziali. Si va dai cantoni romandi dove l'aiuto urgente consiste in dieci franchi e la copertura sanitaria, ai buoni migros di 10 franchi giornalieri di Zurigo, alla soluzione grigionese di Valzeina. In Ticino, i casi vulnerabili (famiglie, persone ammalate e alcune donne sole) vengono alloggiati a Cadro nel centro collettivo della Croce Rossa. Gli altri, finiscono in strada.
L'esclusione dei Nem dall'aiuto sociale, in vigore dall'aprile 2004, «mira a spingere queste persone a lasciare il più rapidamente possibile la Svizzera», ha affermato ancora recentemente l'Ufficio federale delle migrazioni (Ufm). Se la misura abbia raggiunto i risultati sperati, vi sono molti dubbi. Secondo l'Ufm il fatto che solo il 15 per cento continui a ricevere l'aiuto urgente in anno, dimostra che la maggior parte di loro abbia abbandonato il paese. Falso, replicano le ong che si occupano di migrazione, perché nessuno sa con certezza dove siano finite queste persone. Secondo le Ong, molti di loro continuano a vivere in Svizzera in clandestinità.

«Modello efficiente»

Sul tema dell'aiuto urgente, area ha interpellato Barbara Janom Steiner, direttrice del Dipartimento giustizia, sicurezza e sanità dei Grigioni (l'interessata ha risposto via mail). Signora Steiner, l'interpretazione dell'aiuto urgente varia da cantone a cantone. Non crede sia necessaria un'armonizzazione per evitare le evidenti disparità di trattamento?
L'aiuto d'urgenza si regge sull'articolo 12 della Costituzione federale. Esso garantisce solo un minimo di prestazioni (cibo, alloggio, abiti e assistenza medica) per chi non è in grado di uscire dallo stato di necessità con i propri mezzi. Effettivamente ogni cantone lo interpreta in maniera diversa. Nei Grigioni si concede l'aiuto previsto dalla Costituzione federale, necessario per far fronte ad un breve stato di necessità. Se i richiedenti respinti rimangono a lungo in uno stato di necessità, la responsabilità è esclusivamente loro. Perché in qualsiasi momento possono tornare nel loro Paese. Una eventuale armonizzazione dell'aiuto d'urgenza potrebbe essere accettabile solo a condizione che sia fatta nel senso restrittivo di cui ho detto.
Lei ritiene che la politica dell'aiuto urgente adottata nel Canton Grigioni sia il modello da esportare in tutto il Paese?
Uno studio indipendente sull'efficacia dell'aiuto d'urgenza commissionato dall'Ufficio federale della migrazione evidenzia come le prestazioni del Canton Grigioni sono tra le più efficaci per raggiungere l'obiettivo voluto dal legislatore: la partenza dei richiedenti respinti con decisione definitiva.
Isolare persone in località di montagna o non concedere l'uso di un bagno a una donna incinta, sebbene ve ne siano due chiusi, sono elementi costitutivi della politica grigionese di aiuto urgente?
Al Flueli esiste un bagno privato a disposizione delle donne (le informazioni raccolte sul posto contraddicono però questa versione, ndr). Valzeina inoltre non è isolata. È facilmente raggiungibile con mezzi pubblici o possono venire a farsi a prendere da amici e conoscenti. La durata della permanenza al Flueli dipende dallo stesso richiedente respinto. Egli può in ogni momento richiedere gli aiuti per la procedura di rientro volontario. La decisione di porre fine alle condizioni di vita in aiuto urgente è nelle sue mani.

Pubblicato il

18.03.2011 02:30
Francesco Bonsaver