L'ulivo nel becco del falco

Di questi tempi, qui in Cisgiordania, l’ulivo non è più presagio di pace, ma porta paura e guerra. È tempo di raccolta per molti agricoltori palestinesi. Ma quest’anno molti ulivi rimarranno incolti. Gli agricoltori e gli abitanti dei villaggi hanno paura. Paura delle continue vessazioni perpetrate da coloni israeliani. E il prezzo è caro: spesso i proventi della vendita delle olive costituiscono l’unica entrata finanziaria di queste famiglie palestinesi. Questo fine settimana ho preso parte ad un’azione di raccolta delle olive in diversi villaggi nelle vicinanze di Nablus, a nord dei territori occupati. L’obiettivo era prevenire con la nostra presenza ulteriori attacchi da parte dei coloni e aiutare nella raccolta i contadini palestinesi. All’azione, organizzata da un raggruppamento di cinque organizzazioni, hanno partecipato circa trecento attivisti israeliani per la pace. Ci siamo recati in un villaggio chiamato Einabus, nei pressi dell’insediamento ebraico di Yizhar. Eravamo un centinaio. Avevamo appena iniziato la raccolta quando sono apparsi alcuni coloni e hanno cominciato a urlare e sparare, senza che da parte nostra vi fosse stata la benché minima provocazione. Sparavano da una distanza di circa cinquanta metri, non solo in aria, come ha riportato la maggior parte dei media, ma pure a terra. Dei colpi sono arrivati vicini ad un partecipante israeliano, ferendolo lievemente. Questo dopo che costui aveva gridato ai coloni «Non sparate, sono israeliano!». Un’auto con targa straniera è stata raggiunta da cinque colpi, danneggiando il vetro, le luci e una portiera. I coloni hanno smesso di sparare solo dopo che è intervenuto l’esercito israeliano. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se l’esercito avesse tardato un altro po’ ad intervenire o se non fossimo stati presenti. Non vedo alcuna giustificazione plausibile per gli spari Si trattava semplicemente di una pacifica raccolta di olive. Un’anziana del villaggio ha chiesto ad uno dei ragazzi: «Dimmi un po’, figliolo, le persone che sono arrivate oggi, sono ebrei?» «Certo», ha risposto il ragazzino. «E dimmi, ragazzo, quella gente sulla collina sono anche loro ebrei?» (alludendo ai coloni). «Sì», ha risposto ancora il fanciullo. L’anziana era confusa. In sé la raccolta è stata un successo, astraendo dal ferimento di quell’attivista e dal fatto che non abbiamo potuto raggiungere le piante più vicine all’insediamento dei coloni. Tutto il villaggio ci ha accompagnato con grande emozione. I bambini sono venuti ad aiutarci dopo la scuola, gli anziani ci hanno raggiunti a dorso d’asino e tutti insistevano per darci regali e dolciumi. È stato un evento importante per il villaggio e per noi pure. Solo la domanda «Quando tornerete?» è rimasta tristemente senza risposta. Le associazioni che hanno organizzato l’azione sono: Ta’ayush, Shalom Achshav (Peace now), Gush Shalom, Coalition of Women for Peace e l’Israeli Committee Against House Demolitions. Per avere ulteriori informazioni si possono consultare i seguenti siti internet: www.coalitionof women4peace.org www.gush-shalom.org www.icahd.org www.peacenow.org www.taayush.tripod.com

Pubblicato il

01.11.2002 08:30
Dina Ben Ezra