«L'obiettivo dell'equilibrio finanziario è un'impostazione errata»

Il professore Sergio Rossi commenta il Preventivo 2021 presentato dal governo ticinese

Oggi il governo ticinese ha presentato il Preventivo 2021, un testo importante poiché definisce le linee guida del governo per il prossimo anno, dove è stimato un deficit di 230 milioni di franchi, ma indica anche gli indirizzi cantonali futuri nel medio termine. Lo commentiamo grazie al parere di un esperto, Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria nell’Università di Friburgo.


Professor Sergio Rossi, oggi il governo cantonale ha presentato il preventivo 2021. Ritiene che l’impostazione data sia quella giusta o esistono delle alternative alla strada scelta?

L’impostazione del Consiglio di Stato è sbagliata in quanto parte dalla decisione di avere un equilibrio finanziario nei conti pubblici anziché sostenere anzitutto l’insieme dell’economia ticinese tramite un aumento della spesa pubblica che sia in grado di soddisfare l’interesse generale. Inoltre, l’equilibrio finanziario voluto dal Consiglio di Stato consiste nel ridurre la spesa pubblica anziché aumentare le entrate fiscali, per esempio tramite una imposta Covid-19 da far pagare alle imprese che hanno beneficiato della pandemia e ai titolari di patrimoni elevati che hanno ottenuto delle rendite stravaganti nei mercati finanziari. Perciò l’impostazione del governo ticinese è doppiamente errata e contribuirà quindi a peggiorare la situazione, sia dell’economia ticinese sia delle finanze pubbliche in fin dei conti.

 

Christian Vitta ha dichiarato alla Rsi: «è chiaro che il Canton Ticino non può continuare a registrare perdite che poi, se si accumulano, diventano un vero e proprio buco finanziario, difficilmente colmabile. Quindi adesso noi dobbiamo già proiettarci per il futuro e identificare un percorso da seguire per ritrovare un equilibrio finanziario”. Tutto lascia indicare che la strada obbligata siano dei tagli ai servizi pubblici. È davvero così? 

 La strada tracciata da Christian Vitta prevede “meno Stato e più mercato” a ogni costo. In realtà, esiste una strada alternativa, che permette dei risultati migliori per l’insieme dei portatori di interesse, vale a dire le imprese, i cittadini e lo Stato. Questa strada alternativa è stata tracciata da John Maynard Keynes negli anni Trenta del secolo scorso, grazie alla quale diversi paesi occidentali sono potuti uscire dalla Grande depressione di quel tempo. Invece di tagliare i servizi pubblici, lo Stato deve aumentare i propri investimenti, indebitandosi in modo tale da far pagare, tramite le imposte, i costi del debito pubblico ai contribuenti che beneficeranno anche nel futuro dei servizi pubblici così finanziati.

 

Per quel riguarda l’occupazione, il governo scrive «sul fronte del mercato del lavoro ticinese si rilevavano già nel 2019 dei segnali che richiamavano prudenza: se gli impieghi sono sempre aumentati nel corso dell’anno questa tendenza non si ritrova nella statistica delle persone occupate».

Le statistiche sulle persone occupate non permettono di vedere i problemi che esistono nel mercato del lavoro, perché nulla dicono sulla tipologia dei contratti di lavoro e sul livello salariale. Un numero crescente di lavoratori è occupato a tempo parziale ma desiderano lavorare a tempo pieno; sono in aumento i contratti a tempo determinato, mentre i lavoratori vorrebbero dei contratti a tempo indeterminato; la remunerazione salariale è inferiore alle aspettative e alle necessità di molti lavoratori, che sono sottopagati anche tramite sotterfugi e violazioni delle norme giuridiche.

 

Per il prossimo anno si prevedono entrate fiscali al ribasso di 164.8 milioni, mentre sul medio termine il governo appare ottimista, prevedendo una crescita di 86.5 milioni rispetto al preventivo 2021 (+1.5% su base media annua). È un ottimismo giustificato?

È inverosimile ritenere che entro il 2024 ci sarà una ripresa economica tale da fare aumentare il gettito fiscale come previsto dalle autorità cantonali. La crisi economica scaturita dalla pandemia e dalle misure adottate dallo Stato sarà più lunga e dolorosa di quanto si è soliti ritenere sul piano politico. Siamo all’inizio di una Grande depressione che causerà un decennio perduto, se non ci sarà un radicale cambio di rotta sul piano delle scelte di politica economica.

 

 

 

Pubblicato il

01.10.2020 16:08
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