L'investimento sociale

Il tasso di natalità in Europa è molto basso: 1,4 figli in media per donna in Svizzera, 1,2 in Italia, invece del minimo necessario che sarebbe 2 figli. A tale ritmo, la popolazione europea alla fine di questo secolo si ridurrebbe alla metà. La popolazione diminuisce, mentre aumenta proporzionalmente il numero dei vecchi, e questo non rende più possibile in prospettiva il finanziamento delle pensioni, delle indennità di malattia, di disoccupazione e invalidità.
Ci sono due modi di affrontare la crisi delle prestazioni sociali. Quello neoliberale consiste nel diminuire drasticamente le varie indennità, abbassare i salari e rendere flessibile il lavoro, in modo che le imprese trovino un ambiente favorevole al loro sviluppo. L'economia cresce, la borsa va in effervescenza e intanto alle porte dei conventi appaiono pentoloni di minestra fumante per i disoccupati. Il secondo modo di affrontare il problema è difendere a tutti i costi le conquiste sociali avvenute nel passato.
Il professor Giuliano Bonoli – come si è potuto ascoltare alla Rtsi il 24 ottobre scorso – propone invece una terza via, che tiene conto dei cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro durante gli ultimi anni. Lo Stato dovrebbe fare una politica di "investimento sociale", cioè aiutare quelle categorie di persone che sono state precarizzate dalle trasformazioni sociali, per esempio mantenendo a un buon livello, attraverso un sistema di aiuti, il reddito di chi, pur lavorando, guadagna poco: addetti alle pulizie, badanti, lavoratori poco qualificati. Avendo a disposizione un reddito normale, queste persone avrebbero accesso al consumo e contribuirebbero a far funzionare l'economia. Ne trarrebbe giovamento l'intera società.
Il ragionamento è troppo agile per essere convincente. Come mai nelle premesse non viene presa in considerazione ad esempio la produttività del lavoro? Prendiamo uno dei più grandi complessi industriali d'Europa, la Fincantieri. Questa azienda pubblica  comprende i cantieri navali di Monfalcone, Marghera, Sestri Ponente, Riva Trigoso, Muggiano, Ancona, Castellammare di Stabia e Palermo. Costruisce navi da crociera, navi da trasporto e navi da guerra. In tutto 9 mila 400 dipendenti. Alla vigilia della seconda guerra mondiale – come si legge nella storia dell'azienda Ansaldo – nel solo cantiere di Sestri Ponente lavoravano 36 mila operai.
Oggi dunque 9 mila 400 dipendenti producono un volume di ricchezza pari, se non superiore, a quella prodotta settant'anni or sono da un numero di lavoratori circa dieci volte maggiore: di che mantenere prestazioni sociali di lusso. Perché allora tutto questo piagnucolare sulla "crisi dello stato sociale"? Dove va a finire tutta la ricchezza che continua ad essere prodotta? Si trova sui conti bancari di coloro che guardano sul giornale ogni mattina con soddisfazione il listino delle quotazioni in borsa e sorridono con sufficienza leggendo i dati sulla disoccupazione.

Pubblicato il

23.11.2007 12:30
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