Lavoro

L’intelligenza che entra di traverso

Un’analisi dell’impatto dell’IA generativa sulle risorse strategiche e la necessità di operare e legiferare in modo da assicurarsi sovranità tecnologica e controllo

Potrà sembrare un discorso un poco complicato e fuori portata per chi si interessa e si preoccupa di cose più concrete; eppure si è costretti perlomeno ad accennarne, anche a futura memoria.

 

Si parla sempre più di intelligenza artificiale (IA), tanto che la trovi ad ogni piè sospinto, invasiva come erba malefica e non sai esattamente che cosa sia, a che cosa serva, dove arrivi. C’è però un discorso che sembra ormai prevalere e che può interessarci e toccarci direttamente anche come semplici addetti a questa o quella mansione.

 

Se l’impresa o l’azienda in cui lavorate dispone di un cosiddetto vantaggio concorrenziale, generalmente è perché ha delle sue capacità strategiche, delle risorse uniche e delle competenze che ne fanno la differenza. Si dice allora che un’impresa, un’azienda, per essere strategica deve possedere quattro condizioni che formano l’acronimo VRIO. V per valore (le risorse devono creare un valore in più per i clienti). R pe raro (se la maggior parte dei concorrenti hanno pure loro quella risorsa, non c’è nessun vantaggio concorrenziale) I per inimitabile (altrimenti il vantaggio non sarà duraturo) O per organizzazione (tale da poter utilizzare tutto il potenziale delle proprie risorse, del proprio vantaggio).

 

Il problema che si pone o si porrebbe ora è che le intelligenze artificiali (IA) cosiddette generative (e sono diverse, di cui circolano ormai anche sulla stampa, negli articoli non necessariamente specialistici, i vari acronimi: come ChatGPT, OpenAI, Copilot di Microsoft, Gemini di Google, Llama di Meta ecc.), sono suscettibili di scombussolare tutto l’armamentario di quel VRIO. In parole povere: esse colpiscono quei “valori” permettendo ad ognuno (“ogni bestia et pecora”, direbbe l’antico Merlin Coccai) di disporre di tutte le competenze riservate agli “esperti”. O, per dirla in maniera più concreta, l’IA trasforma le risorse strategiche in risorse ordinarie e la differenza (che fa il valore) si dissolve. Tanto più (altro impatto) che le IA diventano sempre meno rare e sempre più accessibili e le richieste sottoposte all’IA sono anche imitabili.

A questo punto un lettore di area può chiedersi: e a me, che interessa tutta questa complicazione? Interessa eccome! Questo movimento di banalizzazione delle risorse (in particolar modo quelle che si fondano su competenze intellettive, organizzative) provoca tensioni concorrenziali che mettono a repentaglio l’impresa, un intero settore, banalizzano il lavoro o il tipo di lavoro, generano probabilmente produttività, reddito, che va da una sola parte, quella del profitto.

 

 È la possessione o il controllo dei sistemi di IA (sia che si tratti del poter disporre dei dati o della costruzione di modelli che permettono di elaborarli e trattarli) che diventa, ovunque, la più strategica e vitale delle risorse. C’è quindi da chiedersi, considerato che si destinano facilmente miliardi per la ipotetica sicurezza militare, se non sia invece molto più saggio e utile ricercare, legiferare e operare in tal modo da assicurarsi una propria sovranità tecnologica e un proprio controllo in materia di IA. Non è un discorso facile ma bisogna applicarsi in ogni modo per non lasciarcelo sfuggire e quindi semplicemente imporre.

 

FOTO: AdobeStock

Pubblicato il

20.09.2024 14:09
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