La complessità della materia, le accattivanti promesse dei fautori e la loro potenza finanziaria, l’esasperazione che porta i cittadini, di fronte dell’enormità di un problema e all’immobilismo della politica nell’affrontarlo, ad accettare anche proposte che hanno solo le sembianze di una soluzione, così come le differenti sensibilità tra la Romandia e la Svizzera tedesca, dove nemmeno a sinistra c’era unità di vedute. Sono forse questi alcuni degli elementi che hanno determinato l’odierna accettazione della riforma EFAS per un finanziamento uniforme delle prestazioni sanitarie da parte di una maggioranza del popolo svizzero che si è recato alle urne.

 

Certamente una sconfitta per il fronte sindacale e per la sinistra che avevano promosso il referendum contro questo progetto fortemente voluto e sostenuto dalla potente lobby degli assicuratori malattia, a cui con la votazione di oggi è stato conferito ancora più potere di controllo sul sistema sanitario e dunque anche sulla qualità delle cure che saranno erogate ai malati e sul prezzo che toccherà pagare a loro e agli assicurati. Una prospettiva certamente inquietante che va contrastata con ogni mezzo e che impone vigilanza sull’attuazione della riforma approvata oggi.

 

Servono in particolare misure urgenti ed efficaci contro il continuo e sempre più insopportabile aumento dei premi dell’assicurazione malattie, che stanno letteralmente strangolando i lavoratori e le famiglie. Per questo sono certamente necessari interventi per una sensibile riduzione dei prezzi dei farmaci, per un migliore controllo sull’offerta sanitaria (che determina la domanda e dunque il “consumo” di medicina) e per contenere i guadagni smisurati di medici specialisti e di manager della sanità. Interventi che però mai basterebbero a risolvere il problema centrale del sistema sanitario svizzero: quello del suo finanziamento attraverso il sistema dei premi pro capite, in cui l’operaio con moglie e tre figli paga lo stesso di un milionario o di un miliardario. Un sistema praticamente unico al mondo, profondamente antisociale e che va superato. Al pari dello strapotere concesso agli assicuratori malattia privati nell’attuale contesto di pseudo-concorrenza.

 

L’unica strada percorribile, anche se non è certamente in discesa, è quella di lavorare all’idea di una cassa malati unica, a gestione pubblica e con un sistema di finanziamento socialmente sostenibile, che per esempio preveda premi proporzionali al reddito e magari, come succede per altre assicurazioni sociali, cofinanziati dai datori di lavoro. Il 47 per cento di cittadini che oggi ha detto no a EFAS (risultato che, tenuto conto dei rapporti di forza, non è da disprezzare) è un capitale da investire in questa necessaria e ineludibile nuova battaglia.

 

Pubblicato il 

24.11.24
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