“Da li conti che se fanno
secondo le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra ne le spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perché c’è un antro che ne magna due”.
Ironizzava così il poeta romanesco Trilussa sulla statistica, dove la media tutto appiattisce senza nulla spiegare. Scomporre l’aumento medio dei salari è un ottimo esercizio per cercare di capire chi ingrassa e chi invece patisce. È quanto si sono proposti gli economisti Noémie Zurlinden e Maxime Barbey nello studio targato Unia sugli scarti salariali in Svizzera nel 2024. Nel concreto, sono state analizzate le differenze salariali all’interno delle maggiori 36 imprese elvetiche quotate in borsa con almeno 7 miliardi di franchi di capitale e undicimila dipendenti in Svizzera. Spoilerando la conclusione, si consta che l’ineguaglianza in Svizzera continua a crescere. Lo scarto salariale corrisponde al rapporto dello stipendio di uno (il capo supremo) a quello del dipendente peggio pagato del gruppo. Se nel 2022 il rapporto era 1 a 139, lo scorso anno è salito a 1 a 143. I nomi dei super retribuiti sono abbastanza noti al grande pubblico, ma se avete delle curiosità, li potete trovare qui (in francese). Su tutti svetta Sergio Ermotti. Coi suoi 14,4 milioni di franchi incassati in nove mesi, il CEO di UBS, è riuscito a guadagnare in un giorno più di quanto guadagni in un intero anno il “famigerato” salariato mediano elvetico (81.500 franchi). Il ticinese è in buona compagnia. Nelle dieci aziende economicamente più importanti, solo tre manager hanno visto le loro retribuzioni calare. Ma non vi è troppo da rattristarsi per questi ultimi, visto che i loro compensi annui si aggirano sui dieci milioni di franchi a testa. Nel gioco di chi guadagna e chi perde, entrano a pieno titolo gli azionisti dei 36 gruppi elvetici. Naturalmente, vi sono i grandi azionisti e i piccoli azionisti. Nel complesso, si può dire che l’intera torta di dividendi spartita lo scorso anno, ha raggiunto i 45 miliardi, in crescita rispetto ai 44,3 dell’esercizio precedente. “Queste cifre dimostrano che nelle grandi imprese svizzere ci sono sufficienti soldi per aumentare gli stipendi più bassi”, si legge nello studio. Soprattutto per due motivi. La ricchezza prodotta da queste società è cresciuta pure lo scorso anno. “Le aziende hanno registrato nuovamente dei profitti molto elevati. Rispetto al 2022, i profitti sono mediamente aumentati del 45%” annotano i ricercatori. A beneficiare della ricchezza prodotta collettivamente, i quadri superiori e gli azionisti, non l’insieme dei lavoratori del gruppo. Amplificando così l’ineguaglianza economica già in crescita. Una considerazione valida per l’insieme dei lavoratori in Svizzera, annotano gli autori. “Per il terzo anno consecutivo, gli stipendi reali delle classi medio e basse, sono diminuiti al netto dell’aumento dei prezzi. Per contro, i meglio pagati, dispongono di tremila franchi in più al mese”. Tanto più che davanti all’inflazione, all’aumento dei prezzi, non siamo tutti uguali. “Per il quintile (20%) di economie domestiche con i redditi minori, i premi cassa malattia corrispondono al 15% del loro budget. Per il quintile superiore, il 4%. Per Ermotti, un’insignificante percentuale”. L’assicurazione malattia è forse l’aumento dei costi sostenuti dai nuclei familiari più evidente, ma come ben sanno i cittadini comuni, ad essere aumentato è tutto intorno a loro, dall’affitto con energia compresa (+9,3%), dai trasporti (+12,8) al cibo (+4,8) e così via, segnalano gli autori dello studio. Ciò fa concludere gli economisti che “lo studio dimostra che l’ineguaglianza è in crescita all’interno delle grandi aziende, dove i più alti stipendi continuano ad aumentare, lo scarto salariale si allarga e gli azionisti beneficiano di versamenti miliardari, mentre i salari medi e bassi sono quasi fermi. Una situazione simile si ritrova nell’insieme della società”. L’unica via per ottenere una giusta ripartizione della ricchezza attraverso dei salari decenti, dicono gli esperti, “sono delle negoziazioni salariali collettive, degli aumenti generalizzati, la fine delle politiche salariali individualizzate, i CCL di forza obbligatoria e dei salari minimi legali”. |