L'indignazione di Marty

Sono settimane intense queste per Dick Marty. Da un lato, come relatore speciale per il Consiglio d'Europa sulla detenzione e il trasferimento nel nostro continente di presunti terroristi ad opera degli Stati Uniti, si è ritrovato e si ritrova praticamente solo a dover scardinare l'omertà di troppi governi del vecchio continente, incuranti dell'illegalità di queste azioni. Dall'altra, come deputato radicale al Consiglio degli Stati, è impegnato a lottare contro la revisione della Legge sull'asilo e contro la nuova Legge sugli stranieri, che giungono in votazione popolare fra due settimane. E anche in questa lotta il radicale Marty si ritrova di fatto solo, se è vero, com'è vero, che la grande maggioranza dei suoi colleghi di partito s'è schierata dalla parte di Christoph Blocher e dell'Udc a sostegno delle due leggi. Ad accomunare queste due battaglie l'impegno per la tutela dei diritti umani, violati sia dalle operazioni dei servizi segreti americani (la Cia) in Europa che dalle norme più restrittive contenute nelle leggi sull'asilo e sugli stranieri. Un impegno che per Marty è figlio diretto di una concezione davvero radicale del liberalismo. E che l'intervista che segue aiuta a capire meglio


Dick Marty, quello che viviamo è un periodo in cui i diritti fondamentali delle persone sono sempre più sotto pressione (cfr. Leggi stranieri e asilo, legge anti hooligans, voli Cia ecc…). Dalla fine della seconda guerra mondiale è la prima volta che si verifica una regressione così netta sul fronte della tutela dei diritti umani. Come la spiega?
In effetti la regressione che osserviamo oggi presenta delle analogie fra ciò che è accaduto fra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 del secolo scorso, analogie che sono motivo di turbamento. C'è un richiamo a sentimenti bassi, a emozioni viscerali, di fronte ad una crescente inquietudine rispetto al proprio avvenire. In questo clima si prendono facilmente dei capri espiatori, per cui l'arabo e il musulmano per definizione sono terroristi, lo straniero e il richiedente l'asilo sono delinquenti. Sono sentimenti pericolosissimi. Anche perché dovremmo capire che al mutare delle situazioni storiche domani potremmo essere noi vittime di queste restrizioni dei diritti fondamentali.
Lei nella revisione della Legge sull'asilo e nella nuova Legge sugli stranieri ha denunciato la bassa qualità del dibattito in particolare al Consiglio degli Stati, che pure finora ha sempre dimostrato storicamente di saper rispettare alcuni princìpi fondamentali.
È stato un episodio che entrerà nella storia come un black out totale. Addirittura il Consiglio degli Stati ha votato a stragrande maggioranza (in una proporzione di tre a uno) cose come l'abolizione dell'aiuto d'urgenza che per fortuna sono poi state corrette dal Nazionale. Il dibattito agli Stati in questo frangente è sceso ad un livello che era assolutamente impensabile anche solo 6 anni fa.
In particolare fra i deputati del suo partito cos'è successo perché questo avvenisse?
Ho l'impressione che sia il Ppd che il Plr si sono detti che bisogna togliere di mezzo il problema dell'asilo, che ha troppo alimentato i successi dell'Udc: si sono detti che dandogli una volta tanto ragione poi l'Udc non avrà più argomenti per nutrirsi. È un calcolo dal punto di vista etico intollerabile perché accetta di calpestare la dignità umana per fini di convenienza politica. Ma anche dal punto di vista politico è totalmente sbagliato: pensare che l'Udc abbandonerà così facilmente il tema degli stranieri e dei richiedenti l'asilo significa dar prova di un'ingenuità assolutamente inquietante. L'Udc in questo campo vorrà sempre di più. Spero che questi radicali e questi democristiani quando si fanno la barba la mattina e si guardano nello specchio riescano almeno ad arrossire per la vergogna.

La Svizzera sorvola sui fatti Cia

Dick Marty lei è rimasto molto deluso anche dell'attitudine della Svizzera nella questione dei sorvoli Cia in Europa.
Sì, perché c'era l'occasione su un fatto concreto di richiamare i valori fondamentali dello Stato di diritto e invece la Svizzera si è adeguata in modo assolutamente passivo ai rapporti di forza e non solo non s'è minimamente impegnata a cercare la verità. Quando abbiamo chiesto quanti erano i voli e gli atterraggi in Svizzera degli aerei Cia dal governo ci hanno risposto che erano tre. Ora sappiamo che sono più di dieci volte tanto. Con destinazioni anche molto strane come Sion. Nella peggiore delle ipotesi si può dire che il Consiglio federale ha mentito. Nella migliore delle ipotesi che non ha voluto sapere la verità. Ma secondo me è impensabile che tutte queste azioni non si siano svolte senza che i nostri servizi ne fossero a conoscenza. E se davvero non ne erano a conoscenza bisognerebbe abolirli subito: risparmieremmo così alcune centinaia di milioni.
Qual è il calcolo politico dietro a questa attitudine della Svizzera?
V'è una pressione formidabile di una parte dell'economia che notoriamente ha bisogno degli Stati Uniti. Pensiamo alle banche: gran parte dei loro utili viene dalla loro presenza negli Usa. Ma pensiamo anche all'industria farmaceutica, per le cui dimensioni il mercato americano è vitale. Gli interessi materiali stanno prevalendo sistematicamente sui valori fondamentali. Questa è una stagione della storia politica che concerne la Svizzera come numerosi altri paesi.
Questo spiega anche le critiche molto pesanti che al suo rapporto sono state rivolte dalla Nzz, che su questi temi dovrebbe essere in grado di differenziare meglio.
Abbiamo una rassegna stampa che fa letteralmente il giro del mondo, dal Madagascar all'Irlanda. Ebbene, l'articolo della Nzz è il peggiore. Nessun giornale americano è stato così perfido come lei. Per fare un esempio lo stesso giorno il Guardian dedicava l'articolo di fondo in prima pagina e tutta la terza pagina al rapporto. Non so se quella della Nzz sia stata una scelta redazionale o se è stata l'iniziativa del giornalista che era presente alla conferenza stampa di Parigi. Ma è stato l'articolo di uno che manifestamente il rapporto non l'ha letto. Un rapporto che più passano le settimane e più raccoglie consensi: perché finalmente ci si sta prendendo la briga di leggere queste 70 pagine.
Lei nel suo lavoro di relatore ha subito pressioni in Svizzera?
Pressioni forse no. Anche perché comincio un po' ad essere noto e sanno che le pressioni non servono a nulla, anzi semmai mi motivano ancora di più. Però ho subito l'inerzia, che spesso è peggiore. Un'inerzia totale. Ora constato con piacere che il rapporto sta suscitando effetti a catena: c'è una commissione parlamentare speciale in Germania, c'è l'inchiesta giudiziaria in Spagna aperta proprio richiamandosi al mio rapporto, ecc… E questo era il mio scopo: con mezzi praticamente inesistenti (io, un giovane e bravissimo collaboratore scozzese e il mio Mac) non potevo certo entrare in tutti i segreti della Cia. Ma quello che ho scoperto da solo dimostra che se gli Stati, a partire dalla Svizzera, si impegnassero un po' potrebbero trovare ben altre dimensioni di una verità che è certamente inquietante.
Quali gli Stati che hanno collaborato di più o meglio con lei?
Per esempio la Bosnia Erzegovina ha riconosciuto chiaramente di aver consegnato alla Cia sei persone al di fuori di qualsiasi procedura, fra cui addirittura dei propri nazionali. E questo lo aveva in sostanza già svelato il potere giudiziario bosniaco prima della mia inchiesta, ciò che è certamente un buon segnale. Ora dovrebbero riparare il danno fatto, ma almeno un primo chiaro passo da parte bosniaca è stato compiuto. Nel complesso ho avuto la netta impressione che ci sia stata una specie di cooperativa dei governi europei che si sono messi d'accordo per una resistenza passiva a questo tipo d'indagine fatta sia da me che dal Parlamento europeo.   

Pubblicato il

08.09.2006 02:00
Gianfranco Helbling
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