L'imputato che detta legge

A differenza di quanto capita nei paesi vicini, in Svizzera le vittime dell'amianto non hanno praticamente alcuna speranza di ottenere giustizia da un tribunale. E se le cose stanno così è anche perché la famiglia Schmidheiny (già padrona dell'impero Eternit) «ha saputo influenzare a suo favore l'intera legislazione elvetica sin dagli anni Trenta».

È l'analisi dell'avvocato Massimo Aliotta, fondatore e presidente dell'Associazione svizzera delle vittime dell'amianto, che abbiamo interpellato dopo che nei giorni scorsi il Tribunale federale (Tf) ha pubblicato le motivazioni della sentenza con cui lo scorso novembre aveva negato ogni risarcimento ai familiari di un ex dipendente della Alstom morto di mesotelioma nel 2005 per aver lavorato molti anni a sua insaputa a contatto con le micidiali fibre di amianto. Una decisione che i giudici giustificano attraverso un'interpretazione restrittiva del concetto di prescrizione (vedi box), come del resto era già avvenuto qualche anno fa nell'ambito di un procedimento penale (promosso proprio dall'avvocato Aliotta) contro i vertici dell'Eternit di Niederurnen per la morte, sempre per malattie da amianto, di alcuni ex lavoratori della fabbrica glaronese.
«Questo è il frutto di un sistema legislativo e giudiziario che tutela esclusivamente gli interessi degli imprenditori e non considera quelli dei lavoratori», commenta Aliotta facendo notare un particolare tanto interessante quanto inquietante: nelle motivazioni della sentenza i giudici di Losanna fanno riferimento a una perizia giuridica allestita dalla professoressa Nathalie Voser, partner del prestigioso studio legale zurighese Schellenberg Wittmer. Studio legale di cui fanno parte anche gli avvocati di Stephan Schmidheiny (sotto processo a Torino per la strage italiana dell'Eternit, vedi anche pagina 8) e della sua famiglia. «Insomma -osserva Aliotta- i giudici del Tribunale federale a sostegno della loro tesi contro il risarcimento di una vittima dell'amianto citano tra la dottrina di riferimento l'opinione di un'avvocatessa della famiglia Schmidheiny, a cui nel 2005 era stato dato l'incarico di allestire una perizia giuridica sulla "problematica della prescrizione nel diritto civile nei casi di danni fisici tardivi"».
Altro dettaglio interessante: ciò avvenne in corrispondenza di un'offensiva giudiziaria (con cause penali e civili) contro i fratelli Stephan e Thomas Schmidheiny e alcuni responsabili dello stabilimento Eternit di Niederurnen, promossa dall'avvocato Aliotta e da altri rappresentanti delle vittime dell'amianto.
«Tutto ciò -commenta con rabbia Aliotta- è semplicemente pazzesco, ma è così che vanno le cose in questo paese. I personaggi più ricchi e potenti si "comprano" gli avvocati e i professori per allestire perizie giuridiche a loro favorevoli che in seguito influenzano la giurisprudenza del Tribunale federale. Non c'è dunque da stupirsi se la Svizzera si colloca solo al 14esimo rango nella classifica delle trenta democrazie avanzate prese in considerazione in un recente studio delle università di Zurigo e Berlino. Studio che non a caso fa riferimento a un "potere giudiziario non molto indipendente"».


«Una presa in giro delle vittime»

Avvocato Aliotta, visto che di fatto in Svizzera nessuna impresa può essere ritenuta responsabile, né dal punto di vista del diritto penale né da quello del diritto civile, si può concludere che in questo paese non esiste alcuna forma di giustizia per i lavoratori vittime dell'amianto?
Questo non è proprio esatto poiché esiste pur sempre il diritto alle prestazioni assicurative per malattia professionale della Suva, che non si prescrivono e che possono dunque essere erogate anche molti anni dopo l'esposizione professionale, quando subentra la malattia. Ma anche su questo fronte vi sono dei problemi, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della malattia professionale per alcune categorie di malati che sono stati esposti alle fibre di amianto, in particolare quelli che soffrono di cancro ai polmoni o di placche pleuriche: la maggior parte di loro non ha diritto ad alcuna prestazione poiché la Suva non riconosce il nesso di causalità tra l'esposizione all'amianto e la patologia, che, come nel caso del carcinoma polmonare, può anche essere dovuta all'uso di tabacco o ad altri fattori.
Paradossalmente quelli che se la passano "meglio" sono quelli che stanno peggio, cioè i malati di mesotelioma pleurico, la malattia da amianto più tipica e più grave che porta alla morte nel giro di un anno. In questi casi il nesso causale è evidente ed è garantito l'indennizzo, che prevede, oltre al pagamento delle cure mediche e il rimborso di altre spese correlate, prestazioni in contanti sottoforma d'indennità giornaliera, di rendita d'invalidità o per superstiti. A cui si aggiunge la cosiddetta "indennità per menomazione dell'integrità", una prestazione unica in capitale versata per compensare il danno immateriale subito dal lavoratore, che può arrivare fino all'80 per cento del salario massimo assicurato, ossia circa 100 mila franchi (parametri 2011).
Ma non tutti i malati di mesotelioma ottengono quest'ultima prestazione. Come mai?
La prassi amministrativa della Suva prevede che dopo sei mesi dalla scoperta della malattia la vittima ottenga un anticipo pari al 40 per cento dell'indennità e il restante 40 se sopravvive fino a 18 mesi. Si tratta di una prassi sicuramente insoddisfacente che rappresenta però già un passo in avanti (indotto anche dagli insistenti interventi dell'associazione che presiedo) rispetto alla giurisprudenza ancora più severa del Tribunale federale, secondo il quale l'indennità va riconosciuta solo se la vittima sopravvive almeno un anno dopo la diagnosi e se durante questo periodo ha ricevuto unicamente trattamenti palliativi (per lenire le sofferenze) e non curativi. Questa giurisprudenza, estremamente urtante, porta molte vittime sin dalla scoperta della malattia incurabile a rinunciare ad ogni terapia. Altre invece perdono il diritto all'indennità in modo inconsapevole perché succede anche che taluni medici sottopongano queste povere creature già condannate a morte a inutili cicli di chemioterapia o ad altri trattamenti antitumorali. Siamo insomma di fronte ad una vera e propria presa in giro delle vittime e dei loro familiari, che non soffrono solo per il dramma della malattia, ma anche per l'enorme danno finanziario che subiscono.
Qualche anno fa è stata avanzata l'ipotesi di istituire un fondo nazionale per le vittime dell'amianto alimentato dalle imprese che in passato hanno lavorato con questo minerale. Ci sono speranze su questo fronte?
Un fondo di questo tipo (che esiste in altri paesi come la Francia e l'Olanda) sarebbe sicuramente importante per molte vittime dell'amianto che per una delle tante ragioni indicate non ottengono né risarcimenti dai tribunali a causa della prescrizione né prestazioni assicurative per uno dei motivi appena descritti, così come per quei malati che non hanno mai lavorato in un'impresa a contatto con l'amianto. Purtroppo però non ci sono speranze nemmeno su questo fronte: gli imprenditori che in passato avevano costretto molti lavoratori a diretto contatto con le fibre di amianto qualche anno fa hanno finto di essere interessati a discutere della creazione di un fondo nazionale per le vittime, ma l'ipotesi nel frattempo è caduta. Una volta che si sono resi conto che le vittime escono sistematicamente sconfitte dai processi, hanno perso ogni interesse. La stessa Eternit nel 2005 ha istituito un fondo aziendale di 1,2 milioni di franchi per le sue vittime (sin qui praticamente inutilizzato, ndr), ma l'ha fatto solo perché messa sotto pressione dalla procedura penale contro proprietari e dirigenti della fabbrica di Niederurnen che io stesso avevo avviato.
A livello federale si discute di un'estensione da dieci a trent'anni del termine di prescrizione in materia di responsabilità civile per le vittime dell'amianto. Ritiene che un giorno qualcuna di queste possa beneficiare di un simile cambiamento?
Purtroppo no. Prima o poi questo cambiamento di legge interverrà perché è impensabile che la Svizzera non si adegui a una norma in vigore in tutta Europa, ma per le vittime dell'amianto sarà tardiva e dunque ininfluente. È infatti inimmaginabile che vengano emanate norme transitorie con effetto retroattivo per le vittime dell'amianto: gli Schmidheiny faranno di tutto per evitarlo e verosimilmente ci riusciranno, perché la loro influenza sulla politica federale è grande.

Pubblicato il

11.02.2011 01:00
Claudio Carrer
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