L'editoriale

Sembra proprio che l’Udc non ci tenga particolarmente a far eleggere un secondo consigliere federale e che il Ticino dovrà ancora attendere (e ciò è una previsione ma soprattutto un auspicio) per tornare a essere rappresentato nel governo di Berna. Il gruppo parlamentare democentrista deciderà solo oggi i nomi da sottoporre all’Assemblea federale il 9 dicembre, ma stando alle raccomandazioni formulate lunedì dai vertici del partito non si possono che trarre queste conclusioni.


L’ipotesi di presentare un ticket a tre con un candidato per ogni regione linguistica ci sembra solo un’operazione di facciata e di pura propaganda, perché è chiaro a tutti che se il successore di Eveline Widmer-Schlumpf sarà un esponente del partito di Toni Brunner questo sarà uno svizzero-tedesco.
La Romandia esprime già due consiglieri federali e l’entrata di un terzo sarebbe inconciliabile con il principio costituzionale secondo cui “Le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate” (articolo 175 capoverso 4 della Costituzione federale): le eventuali candidature di Oskar Freysinger e di Guy Parmelin, oltre che non essere le più indicate per ottenere una maggioranza dall’Assemblea federale (l’organo che elegge, sempre secondo la Costituzione, i membri del Governo, piaccia o non piaccia all’Udc), sarebbero solo una farsa.


Il Ticino per contro, che è assente dal Consiglio federale dal 1999, potrebbe legittimamente ambire a un seggio, ma questa non sarà la volta buona, per fortuna sua e dell’intera Svizzera. Perché l’unico candidato possibile è il consigliere di Stato leghista Norman Gobbi, una persona semplicemente impresentabile, indegna, priva di ogni moralità, il peggio del peggio che può esprimere questo cantone. Un cantone purtroppo di bocca buona, che non si è fatto scrupoli a eleggerlo prima in Gran Consiglio e poi in Governo (per due volte) e oggi a prendere sul serio una sua candidatura al Consiglio federale, purtroppo anche grazie alla vergognosa complicità della stragrande maggioranza dei media ticinesi (compresi quelli del servizio pubblico), che si sono lasciati contagiare dal virus del “leccaculismo” come mai era successo in precedenza in occasione di candidature da parte di altri partiti, e di figure di ben altra levatura.
Anzi, la stampa nostrana si stupisce addirittura che oltralpe vi siano giornali che rievocano gli episodi più incresciosi che hanno visto Gobbi protagonista.


Come la sua esibizione da “hooligan” ai bordi della pista di hockey della Valascia (in veste di dirigente della società oltretutto) con gesti scimmieschi e urla razziste all’indirizzo di un giocatore di colore dell'HC Lugano.
Ma Gobbi è anche un “ministro” specializzato nel fabbricare drammi umani: basti pensare all’espulsione lo scorso anno del giovane Arlind Lokaj (nato e cresciuto in Ticino e rispedito ancora minorenne in un paese dove non ha nulla e nessuno) o al suo accanimento contro due bambini ecuadoriani quando ha inviato a casa loro la polizia per negare loro il diritto alla scolarizzazione.
Tutto scusabile, tutto accettabile nel nome di una presenza ticinese in Consiglio federale? A noi pare proprio di no, sia per ragioni etiche sia perché il trasformista Gobbi – che con disinvoltura ha cambiato casacca nella speranza di conquistarsi una poltrona in seno al Governo “dei balivi”, alla faccia della propaganda leghista degli ultimi vent’anni – non è affatto rappresentativo di un Ticino in cui nonostante tutto sopravvivono anche delle forze sane.


Fortunatamente nel Parlamento federale la candidatura di Gobbi otterrà scarso credito e il dibattito si concentrerà sulla figura da eleggere, inevitabilmente uno svizzero-tedesco, come è giusto che sia, perché l’Udc svizzera è l’Udc di questa regione del paese, in particolare di Zurigo, dove è nata, dove è cresciuta e dove resta più forte. Scorrendo i nomi indicati dai dirigenti del partito, spicca l’assenza di una figura di peso, di un favorito numero uno. Sembra quasi che l’Udc voglia indurre l’Assemblea federale a eleggere un candidato non ufficiale, non blocheriano doc come vorrebbero i vertici del partito (ad esempio il consigliere agli Stati Hannes Germann o il consigliere nazionale Thomas Hurter, entrambi sciaffusani) per poi espellerlo come successo nel 2007 con Widmer-Schlumpf e continuare a non assumersi responsabilità di governo fino in fondo.

Pubblicato il 

19.11.15
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