L'impresa li avvelena e nessuno la ferma

La vicenda di un'azienda ticinese che lavora con il berillio ma non informa i dipendenti, che in diversi si ammalano gravemente

Davide Donini era un lavoratore come tanti altri, che tutte le mattine inforcava la sua bicicletta e andava al lavoro, faceva la sua giornata e alla sera tornava a casa. Era, sì. Non perché Davide Donini non ci sia più, per carità, ma non è più un lavoratore. Oggi la bicicletta, una sua grande passione, la utilizza solamente per giri molto più brevi e sporadici di quanto faceva un tempo perché nel 2013 si è dovuto fermare: dopo una crisi respiratoria e vari accertamenti gli è stata diagnosticata la berilliosi, una malattia professionale che danneggia i polmoni (vedi box) e ne compromette le funzioni. Oggi il signor Donini vive attaccato a una bombola d’ossigeno ed è in attesa di trapianto ai polmoni. La sua vicenda è stata raccontata dai colleghi di Falò il 4 maggio scorso sulla Rsi La1, una vicenda che lascia più che l’amaro in bocca e che apre vari interrogativi.


Dall’inchiesta di Falò emerge che nella ditta in cui lavorava Donini, la Brogioli Sa di Ponte Cremenaga, era ed è presente il berillio (un elemento classificato come cancerogeno per l’essere umano dal Centro Internazionale di Ricerca sul Cancro dal 2011 e corrisponde all’articolo 102 della Lista europea delle malattie professionali dal 2003), le cui tracce sono state rinvenute sia sugli indumenti da lavoro dello stesso Donini sia in campioni di terreno prelevati attorno allo stabilimento. A detta di tutte le persone sentite dal giornalista, nessun dipendente è però mai stato informato della presenza di questo pericoloso elemento, né dei rischi che correva lavorando senza le dovute misure di protezione. Misure di protezione che, sempre secondo le testimonianze, erano insufficienti se non addirittura inesistenti. Il medico di Donini ha poi confermato, sia nel servizio che in studio, che al suo paziente è stata diagnosticata una berilliosi e che questa è verosimilmente stata contratta sul posto di lavoro, cioè alla Brogioli Sa, ditta che finora ha negato ogni addebito, come si può leggere nella lettera pubblicata sul sito di Falò.


Dunque, riassumendo: il signor Donini (51 anni) è oggi affetto da una grave malattia polmonare, fortemente debilitante e la sua unica speranza è un trapianto polmonare. Questa malattia l’ha contratta sul posto di lavoro tra il 2006 e il 2013, anni durante i quali nessuno lo ha mai informato sui rischi che stava correndo, né protetto adeguatamente. «Se avessi saputo non avrei certamente accettato questo lavoro, un lavoro ce l’avevo già ed era anche meglio pagato, sono andato lì perché era più vicino a casa e mi era sembrata una buona opportunità», ci dice. Una semplice sfortuna o qualcuno avrebbe potuto/dovuto evitare che accadesse?
La responsabilità maggiore ce l’ha certamente il datore di lavoro, che ha il dovere di informare i suoi dipendenti del fatto che siano a contatto con sostanze potenzialmente pericolose (non tutti coloro che entrano in contatto con il berillio si ammalano o hanno reazioni), deve spiegar loro tutti i rischi che corrono, insegnare come proteggersi al meglio per ridurre al minimo tali rischi, oltre a fornire le adeguate misure di protezione e accertarsi che i lavoratori capiscano le informazioni ricevute e mettano in atto le misure necessarie a garantire la loro sicurezza. Alla Brogioli Sa questo non è successo.


Un datore di lavoro quanto meno negligente, anche se sul sito della ditta sfoggia un bel "codice di condotta" di ben sei pagine dove spiega come si sia «impegnata nella promozione e nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente (...). Attraverso l’attuazione del Codice di Condotta vogliamo mettere in pratica le normative internazionali più rilevanti, con particolare riferimento alle Linee Guida su Imprese e Diritti Umani delle Nazioni Unite, del giugno 2011, e alla Comunicazione della Commissione Europea per una Rinnovata Strategia sulla Responsabilità Sociale d’Impresa, dell’ottobre 2011. (...) Il presente Codice di Condotta si applica a tutti i fornitori e sotto fornitori, così come a chiunque entri in relazioni di affari con Brogioli SA, cui è richiesto di condividere questi impegni, obbligandosi a rispettare questo Codice di Condotta che include gli standard internazionali nel lavoro, disposizioni in materia ambientale, in materia di sicurezza e salute e disposizioni sulla gestione della catena di fornitura». Inoltre, in un documento di tre pagine, la Brogioli illustra "Principi e politica aziendale e programmatica", dove dice di impegnarsi «per offrire prodotti in nessun modo nocivi e pericolosi per i consumatori finali, – il fatto che ci sia bisogno di specificarlo mi preoccupa, ndr – da realizzare attraverso dei processi produttivi e delle pratiche commerciali che rispettino le regole e le normative, dell'ambiente, della salute e dell'integrità dei propri dipendenti e collaboratori. (...) La creazione di condizioni di lavoro che garantiscano ai dipendenti e ai collaboratori lo svolgimento di attività (...) in ambienti salubri e non pericolosi». Tante belle parole che, alla luce di quanto scritto sopra e del fatto che Davide Donini non sia l’unico dipendente di questa ditta che si è ammalato, risultano piuttosto una presa in giro.


Che gli imprenditori non siano sempre attenti al benessere dei propri dipendenti purtroppo è risaputo, quanto successo con l’amianto insegna, ma chi dovrebbe controllare che non si oltrepassi un certo limite e tutelare i lavoratori prima che si ammalino e/o muoiano? In Svizzera la Suva svolge anche questa funzione preventiva di controllo, oltre che assicurativa in caso di infortunio o malattia professionale. Non potendo entrare nel merito del caso specifico, abbiamo chiesto alla Suva di spiegarci quali siano i suoi metodi d’intervento e controllo per prevenire questi casi. Il portavoce della Suva Serkan Isik ha spiegato che «La Suva effettua controlli a campione. Da un lato esamina il sistema di sicurezza aziendale e dall’altro effettua dei controlli dei posti di lavoro nei quali verifica se sono rispettate le disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro. In genere si concorda una data per i controlli del sistema di sicurezza e dei posti di lavoro. Ma se sono necessari dei controlli a posteriori, oppure ci sono indizi di violazioni delle disposizioni concernenti la sicurezza sul lavoro o di mancanze gravi, la Suva fa anche dei controlli senza preavviso».
Evidentemente qualcosa nel caso della Brogioli Sa non ha funzionato a dovere.

Pubblicato il

10.05.2017 21:27
Veronica Galster
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