L’illusione del merito

Vuoto contrattuale nell'edilizia anche in Ticino. Le trattative tra sindacati e padronato per un accordo transitorio in attesa di sviluppi sul piano nazionale si sono interrotte lunedì scorso.  

Leggendo i giornali, si potrebbe esser indotti a credere che la rottura tra padronato e sindacati si sia consumata per pochi spiccioli. Per comprendere la questione nella sua completezza, occorre risalire indietro nel tempo.
Nel 2010, i salari minimi sono rimasti invariati. Stesso discorso per lo scorso anno a seguito di un mancato accordo fra le parti contraenti. La Società degli impresari costruttori ticinesi diede l'indicazione alle imprese affiliate di concedere aumenti generali dello 0,6 per cento e al merito dello 0,4 per cento. Si trattava di una raccomandazione di aumento non obbligatoria. Infatti, fu poco seguita. Dai dati raccolti da Unia sulle buste paga, risultò che lo scorso anno oltre la metà delle imprese non diede nessun aumento.
Di quelle che diedero l'aumento, la gran parte concesse l'uno per cento a tutti i loro dipendenti. Solo una minoranza seguì la raccomandazione della Ssic Ticino. In sintesi, da due anni i salari minimi dei muratori sono fermi al palo. Per questo i sindacati si sono intestarditi per ottenere un aumento generalizzato degno di questo nome e non briciole di facciata.
Solo lo scorso anno, la produttività nei cantieri nazionali è cresciuta oltre il 6 per cento. Ciò significa che gli edili producono molto di più ogni anno, mentre i loro salari sono fermi. Per questo motivo Dario Cadenazzi, edilizia Unia Ticino, definisce «inaccettabile e offensiva» l'offerta degli impresari ticinesi di concedere lo 0,7 per cento generale e lo 0,3 al merito. Tradotto in franchi, l'aumento generale proposto dagli impresari corrisponderebbe a 30 franchi per i manovali e 37 per i qualificati. «Sarebbe stato un rinnovo del contratto praticamente a costo zero per il padronato – spiega Cadenazzi –. Una proposta inaccettabile per i muratori che da anni portano sulle spalle l'incredibile crescita del settore senza una contropartita perlomeno finanziaria».
Oltre alla "misera" offerta, il padronato ha insistito fino alla rottura per inserire una quota di aumento al merito. «È una questione di principio» ha dichißarato ai media il direttore della Ssic Ticino Vittorino Anastasia. «Noi impresari non riteniamo che tutti i dipendenti lavorino alla stessa maniera» ha detto al quotidiano La Regione.
«Nulla vieta all'impresario di aumentare la paga a un suo operaio se lo reputa migliore. È una sua libera scelta – replica Cadenazzi –. Il nostro ruolo invece è far in modo che tutti i lavoratori percepiscano un salario (e relativo aumento) dignitoso e corretto. È in questi termini che si possono intavolare delle trattative serie. Offrire un aumento dall'importo già irrisorio da suddividere ancora in meritevoli o no secondo i criteri del padronato, equivale a formulare una non-proposta. O meglio, è una proposta il cui vero obiettivo è far saltare le trattative».
E infatti ora il già malmesso settore dell'edilizia cantonale si troverà senza contratto, cioè senza tutele dagli avvoltoi impazienti di contendersi il moribondo.
Avvoltoi che potranno farlo in tutta libertà, senza nemmeno dover violare la legge, perché questa non esiste più.
Un vuoto contrattuale da cui non traggono beneficio le imprese locali (salvo forse quelle grandi perché meglio strutturate nell'affidare subappalti agli avvoltoi). Ma neanche gli edili ticinesi ne trarranno beneficio, confrontati come sono con un dilagante abbassamento dei salari e un peggioramento delle condizioni di lavoro.
«Naturalmente Unia non starà con le mani in mano a guardare. Senza contratto ci saranno anche meno vincoli dettati dalla pace del lavoro per le azioni sindacali» commenta Cadenazzi, che allo stadio attuale non vuole svelare la strategia sindacale sulla battaglia da intraprendere. Su questo terreno gli edili ticinesi hanno già dimostrato in due occasioni nel volgere di poco tempo, il 4 luglio e il 2 dicembre, che l'indignazione non resterà confinata nei cantieri.

Pubblicato il

27.01.2012 03:30
Francesco Bonsaver