L'iinarestabile marcia dei «sans papiers»

La questione dei «sans papiers» è tutt’altro che risolta. La posizione rigida delle autorità federali che non intendono dar seguito ad una regolarizzazione collettiva e il pugno di ferro usato nelle espulsioni forzate, hanno da un lato radicalizzato la volontà del Collettivo nazionale a portare avanti la lotta ma, d’altro lato, ha creato le prime brecce nel movimento stesso. Il Collettivo dei «sans papiers» di Neuchâtel, che raggruppa 46 persone, ha infatti sottoposto al Cantone una lista di 23 casi da regolarizzare. Una mossa in netta contraddizione con lo spirito del movimento nazionale di sostegno ai «sans papiers» che si batte per una soluzione collettiva del problema. Un pericoloso precedente, dunque, che rischia di legittimare una pratica discriminatoria e che può destabilizzare, se non addirittura demoralizzare, gli altri «sans papiers». Questo episodio mostra che le difficoltà sul futuro della lotta non sono da sottovalutare. E non basta il sostegno delle associazione umanitarie per portare avanti le rivendicazioni. Occorre, ed è emerso anche nel primo seminario nazionale, ampliare il più possibile il movimento raggruppando attorno a questa importante causa il maggior numero di salariati, compresi gli immigrati con permessi precari. Auspicabile, inoltre, un maggior impegno da parte dei sindacati e di tutte le forze di sinistra. Tra gli obiettivi che si è dato il movimento per quest’anno, la lotta contro il permesso F (ammissione provvisoria) e contro tutti i permessi a durata variabile che comportano, inevitabilmente, diritti diversi. In parole povere ciò significa creare grosse discriminazioni tra i lavoratori immigrati. Entrare in rete con i movimenti «no global» Per rilanciare la lotta in favore dei «sans papiers» il Coordinamento nazionale intende allacciare contatti con i movimenti contro la globalizzazione economica. Un passo più che logico visto che i «sans papiers» sono anche figli delle conseguenze della globalizzazione. Occorre tenere presente, infatti, che le spinte migratorie sono spesso legate alle disuguaglianze sociali e ai rapporti totalmente squilibrati tra Sud e Nord. L’impatto che le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e del Fondo monetario internazionale hanno sui paesi più poveri, si misura nella drammaticità della disgregazioni sociale ed economica. Povertà e conflitti spingono milioni di persone a migrare in cerca di una possibilità per vivere. Solo una piccola parte di questo fiume umano (circa il 10 per cento) raggiunge l’Europa. Per questo motivo sabato 26 gennaio il Coordinamento nazionale parteciperà ai lavori dell’«Altro Davos» a Zurigo, un appuntamento voluto da Attac- Svizzera per contrastare i discorsi portati avanti dai baroni dell’economia, riuniti nel salotto del Forum economico di Davos in trasferta, quest’anno, a New York. Sarà l’occasione di ribadire quanto le politiche migratorie dell’Unione europea (Ue)e della Svizzera siano ipocrite: quando si tratta della libera circolazione delle merci e dei capitali, le strade sono apertissime ma non appena si parla di persone ecco che le strade si fanno sempre più strette, fino ad essere impercorribili ed impenetrabili per la maggioranza, ossia per i lavoratori più poveri. Questa politica restrittiva sostiene le fabbriche di clandestini, persone senza diritti e senza documenti a cui vengono negati le libertà fondamentali più elementari. E che vivono nella paura permanente di essere espulsi. Come è possibile, in queste condizioni, immaginarsi un futuro? La lotta per i«sans papiers» – specchio delle contraddizione del mondo in cui viviamo – è dunque una lotta che va ben oltre la necessità di una regolarizzazione collettiva. È una lotta che tocca tutti i lavoratori confrontati con condizioni di lavoro sempre più precarie.

Pubblicato il

25.01.2002 02:30
Françoise Gehring Amato