Alla conferenza organizzata sabato scorso dal Partito socialista per dibattere del preventivo 2004 e del Piano finanziario, il consigliere nazionale Franco Cavalli ha definito «credo ottocentesco» la filosofia di chi regge le finanze pubbliche del Ticino. «Marina Masoni è l’unica persona ad aver condotto una lotta di classe dall’alto facendo diventare i ricchi ancor più ricchi e i poveri ancor più poveri, tanto c’è l’assistenza pubblica» ha ragionato Cavalli. Poco prima il segretario del sindacato Vpod e granconsigliere Ps Raoul Ghisletta aveva invocato «una vera simmetria dei sacrifici» che tocchi non solo le uscite ma anche le entrate dello Stato, fra l’altro le imposte su successioni e donazioni «che hanno beneficiato solo alti redditi ed enti milionari». «Bisogna assolutamente far contribuire i redditi alti e le imprese milionarie, sennò i tagli andranno a colpire solo i meno abbienti. Ai redditi alti non gliene frega niente dei tagli», ha aggiunto il sindacalista. Difesa e promozione degli interessi di una classe spesso identificata con la “destra luganese” e politica «ottocentesca» stile dama della carità sono tratti salienti dell’orizzonte mentale di chi gestisce le finanze pubbliche ticinesi. Negli ultimi anni gli abitanti delle alte sfere del Dipartimento delle finanze e dell’economia (Dfe) hanno illuso buona parte del parlamento e della popolazione sventolando sotto il loro naso pacchetti di sgravi fiscali che non hanno sortito effetti significativi né sul rilancio dell’economia né sul borsello di chi avrebbero dovuto avvantaggiare maggiormente, ossia quel “ceto medio” che ora – e questa è una novità – scende in strada contro le “inevitabili” misure di risparmio contemplate dal preventivo 2004 e confermate nel Piano finanziario di legislatura. Se la direttrice del Dfe Marina Masoni e – da qualche tempo – il suo collaboratore di staff Fabio Pontiggia sono le menti lucide della politica fiscale di questo cantone, Sergio Morisoli ne è il rappresentante più mediatico e nel contempo l’espressione più rozza. Già lo scorso mese di gennaio area aveva avuto modo di dedicare un “Artiglio” al direttore della Divisione risorse del Dfe che sul Corriere del Ticino, in un contributo intitolato “Forse siamo già una socialdemocrazia”, deplorava l’uso di «concetti vaghi ma accattivanti» quali “interesse pubblico”, “offerta pubblica generalizzata”, “equità d’accesso”, “soglie di povertà”, “società a due velocità” e così via. Da allora, Morisoli non se n’è stato con le mani in mano. Anzi, a scadenze regolari – e firmandosi a volte come direttore della Divisione delle risorse del Dfe, insinuando perciò il dubbio che anche chi dirige il dipartimento la pensi allo stesso modo – ha reso partecipe del suo pensiero lettrici e lettori del Corriere e del Giornale del Popolo. Cogliere le sfumature del morisolpensiero – che spazia dal debito pubblico cantonale al ruolo del cristianesimo in Europa, dall’ora di religione nella scuola pubblica alla salute e così via – non è impresa facile. Bastano però pochi passaggi dei suoi scritti – pubblicati di solito nell’imminenza di votazioni popolari o di discussioni in Gran Consiglio – per farsi un’idea di come la pensa uno dei più alti funzionari del Dfe. In un contributo apparso sul Cdt il 10 luglio scorso Morisoli auspicava più sgravi fiscali «per premiare ulteriormente la famiglia “normale”» e un restringimento del concetto di «famiglia meritoria di riconoscimento pubblico». Scagliandosi contro la politica famigliare ticinese presa ad esempio un po’ ovunque, il nostro deplora il fatto che «gli interventi pubblici, spesso, in buona fede, riducono il profilo, il ruolo e la responsabilità della famiglia». «Così – scrive un funzionario che guadagna attorno ai 180 mila franchi lordi all’anno – il posteggio dei figli prima e dopo la scuola è lo sbocco naturale che la collettività deve pagare a chi sceglie il “peso” di essere genitori (...). Nel totale rispetto del mito della parità di coppia il babbo diventa sempre più mammo, e poi grande meraviglia perché la coppia si sfalda. Le coppie gay sono legalizzate, quasi parificate. I bambini, per la festa del papà, preparano disegni per il papà diurno e per quello notturno (...). Nonostante tutti i mezzi messi in campo e in costante aumento, i figli non nascono, un matrimonio su due salta, i minorenni invalidi psichicamente o in cura presso i servizi sociopsichiatrici sono troppi, gli aborti annuali annunciati sono 600, i casi sociali a scuola abbondano (...)». Morisoli si scandalizza di fronte all’“innaturalità” della «convivenza», della «poligamia», del «disordine nelle coppie» promossi «come “famiglia aperta” in risposta ai tempi» e premiati con l’aiuto dello Stato. «Ma quale sarebbe il costo del non intervento? E quale sarebbe poi “la famiglia normale”? È forse compito dello Stato definirla e imporla» gli aveva risposto l’economista Martino Rossi definendo quello di Morisoli «un delirio fondamentalista, moralista, discriminatorio e autoritario profondamente estraneo allo Stato democratico, laico e liberale». Un altro delirio fondamentalista Sergio Morisoli lo aveva firmato un paio di mesi prima ancora sul Cdt difendendo l’ora di religione confessionale nella scuola pubblica ma auspicando il riscatto della «carnalità della religione cristiana», «l’unica che fa diventare la carne altrettanto importante dello spirito». Per Morisoli è «la religione con la marcia in più» perché «nella carnalità della religione cristiana si capisce l’occidente, cioè: che la libertà non è fare quello che si vuole, che il mercato è meglio dell’economia pianificata, che il capitalismo è meglio del comunismo, che la società civile viene prima dello stato, che l’individuo ha preminenza sulla collettività, che la democrazia è il male minore per amministrare il potere». Ma anche «che la proprietà privata valorizza la persona, che la fiscalità è un’espropriazione ma legalizzata e tollerata (enfasi nostra), che il diritto naturale non si cancella con le maggioranze (...)». Forse c’è da ridere sapendo che Morisolo auspica un’ora di religione «più carnale e meno spiritualista». Ma se per un attimo pensiamo che il preventivo 2004, il Piano finanziario 2004-2007 e la politica fiscale del Cantone sono anche frutto della mente di Sergio Morisoli, allora vien da piangere.

Pubblicato il 

05.12.03

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