Chi non vive gli eventi sportivi dal di dentro ma se li sente raccontare da certi media, potrebbe avere l’impressione che in Svizzera in ogni stadio di calcio e di hockey regnino permanentemente violenza e terrore a causa della presenza di migliaia di delinquenti (i cosiddetti “hooligan”) che popolano le curve di tifosi. D’altro canto, interrogando i frequentatori si scopre che più del 97 per cento si sente “sicuro” quando assiste alle partite della sua squadra del cuore (l’ha appurato un sondaggio dell’Università di Berna); guardando poi ai dati reali, ci si rende conto che, per fortuna, sull’arco di una stagione si possono contare sulle dita di una mano gli episodi gravi di violenza legati allo sport nel corso di una stagione. Negli ultimi anni la mistificazione della realtà ha però portato all’adozione di una lunga serie di misure restrittive della libertà personale, spesso inconciliabili con i diritti costituzionali e con il principio di proporzionalità (basti pensare allo strumento del fermo preventivo). Sin qui hanno avuto come unico effetto quello di decuplicare, artificialmente, il numero di “hooligan” in circolazione: a fine gennaio nella relativa banca dati della polizia federale erano registrate 1400 persone, ma di queste meno del 10 per cento sono accusate di violenza. Ma allora: chi sono gli hooligan? Senza voler negare la necessità di combattere, o meglio di prevenire, gli atti di violenza che si consumano a margine delle manifestazioni sportive (e in molti altri ambiti della vita sociale), è evidente che dietro certe decisioni si cela un tentativo di intaccare le libertà e i diritti: oggi tocca ai tifosi e domani ad altri. Ma questo pericolo, complice la deriva securitaria in atto, viene sempre sottovalutato sia dalla politica sia dall’opinione pubblica. Ha dunque del sensazionale la decisione presa la settimana scorsa dal Consiglio nazionale (contro il parere del governo) di respingere un nuovo attacco ai diritti fondamentali: questa volta, sempre evocando la minaccia di «certi tifosi inclini alla violenza», si voleva modificare la legge sul trasporto dei viaggiatori in modo tale da consentire alle aziende di trasporto di vietare l’uso dei mezzi pubblici a «certe categorie di persone» per «motivi di igiene, di sicurezza e di ordine pubblico». La norma era stata sì pensata per gli “hooligan”, ma anche per essere applicata ad altre categorie di cittadini: per esempio a quello che ha bevuto una birra di troppo, a quello che puzza di sudore, ai ragazzi che si recano ad un concerto, a certi gruppi etnici o ai partecipanti ad una manifestazione di protesta e a chissà quanti altri. Insomma, una follia. Persino per il nostro Parlamento! |