Una buona notizia sul fronte dell’occupazione locale e del saper fare industriale ticinese. L’ottantina di dipendenti dell’ex Tri-star sono stati tutti riassunti, alle medesime condizioni d’impiego precedenti dall’impresa vallesana Lemco Précision. Una bella svolta di prospettiva per gli operai di Bioggio rispetto al pessimo inizio di primavera, quando il gruppo americano Carlisle, proprietario della Tri-Star, voleva chiudere gli stabilimenti ticinesi e trasferire i mezzi di produzione a Nogales, nei nuovi stabilimenti messicani del gruppo situati appena oltre il confine con gli Stati Uniti. Una decisione incomprensibile per gli operai e direzione locale. La ditta stava andando a gonfie vele e scoppiava di ordinativi. L’idea di trasferire i macchinari in Messico illudendosi che nel breve periodo le maestranze locarli fossero in grado di produrre efficacemente, non aveva una logica imprenditoriale. E di riflesso, economica. Per contro, la Tri-Star era una ditta rinomata nella produzione di qualità di connettori ad alta precisione per macchinari industriali nel campo aeronautico e in ambito sanitario. La sua partenza dal Ticino avrebbe inferto un ulteriore colpo al già provato tessuto industriale ticinese della microelettronica, un settore di alta qualità che l’industria cantonale può vantare grazie alla lunga tradizione dell’industria orologiera elvetica nata sulle montagne del Giura. La presenza di numerose ditte del medesimo campo è un punto di forza del tessuto industriale cantonale. Ogni partenza equivale a indebolirlo. Ma gli americani non ci sentivano e andavano diritti per la propria strada, decisi a chiudere Bioggio per trasferire il tutto nelle maquiladoras messicane. La formazione degli operai messicani sui macchinari ticinesi si era poi arricchita di un episodio quasi comico. La società americana, mal consigliata dai suoi legali ticinesi, aveva fatto arrivare una ventina di operai messicani sprovvisti dei necessari permessi di lavoro. Era intervenuta la polizia e i diciannove operai messicani furono denunciati per infrazione alla legge sugli stranieri. Alloggiati a spese dell’azienda in un hotel quattro stelle di Lugano, gli operai rimasero qualche tempo in attesa che le procedure per i permessi furono finalmente avviate e concluse positivamente. Sugli operai degli stabilimenti ticinesi invece restavano le nubi nere del prossimo futuro, ossia di trovarsi senza lavoro una volta concluso il trasferimento dei macchinari. In estate la svolta. Lemco Précision, impresa vallesana attiva nel medesimo campo di produzione della Tri-star, si fa avanti col gruppo americano per rilevare la sede. Nelle discussioni iniziali, Lemco avrebbe voluto mantenere attivo uno solo dei due stabilimenti di Bioggio, riassumendo circa la metà del personale. L’autunno invece porta bene alle maestranze, direzione compresa, dell’ex Tri-Star. La società vallesana riassume tutti gli operai, impegnandosi a non licenziare nessuno nei primi sei mesi, mantenendo la produzione in entrambi gli stabili di Bioggio. Nella felice conclusione della vicenda, ha forse avuto un peso l’origine ticinese del proprietario di Lemco e il fatto che diversi quadri aziendali abbiano già lavorato in Ticino, conoscendo dunque bene il valore della produzione delle maestranze della Tri-Star. Ogni tanto, una buona notizia. |