Il naturale è queer. È questo ciò che sembrano volerci dire i curatori della nuova mostra allestita presso il Museo di Storia naturale di Berna. Queer è l’aggettivo, un tempo usato con disprezzo in ambito anglosassone per designare “i froci”, utilizzato oggi per definire positivamente chi non si riconosce nel modello eterosessuale o binario. Letteralmente “queer” è in inglese qualcosa di “bizzarro”, di “particolare” di “strambo”, ciò che eccede la norma. Oggi sappiamo benissimo, a dircelo sono la scienza, l’antropologia, la ricerca storica, la psicologia, la medicina che la norma, ovvero la rigida suddivisione tra genere maschile e genere femminile, è un costrutto culturale che non corrisponde affatto alla realtà. Come afferma Simon Jäggi, curatore della mostra insieme a Christian Kropf, «maschile e femminile esistono come categorie, ma sono due poli di un ampio spettro all’interno del quale si collocano le numerose varianti sessuali e di genere presenti nell’essere umano». Animali queer Molti di noi sono portati a pensare che nel mondo animale, al contrario, la rigida suddivisione tra maschile e femminile sia la regola d’oro. Non è così e a confermarlo è Christian Kropf: «La ricerca scientifica in questi ultimi anni ha dimostrato che le pratiche omosessuali nel mondo animale sono più diffuse di quanto si pensi. Sono stati osservati comportamenti omosessuali in almeno 1500 specie». Due casi esemplari: gli ovini e le scimmie bonobo. Tra gli ovini i comportamenti omosessuali sono la norma: addirittura il 6% dei montoni ha rapporti di tipo sessuale esclusivamente con individui dello stesso sesso. I bonobo sono celebri per il loro “libertinaggio”: il sesso è una componente fondamentale della coesione tra gli individui di uno stesso gruppo. Pratiche sessuali che avvengono spesso tra individui dello stesso sesso e in forme talmente fantasiose che i curatori hanno scherzosamente definito questi primati come le “scimmie kamasutra”. Il non rispetto della norma non riguarda soltanto le preferenze sessuali. Anche le forme sociali, come il patriarcato, non sono assolutamente “naturali”. Le iene, con la loro rigida struttura matriarcale, sono un chiaro esempio di ciò. La cura della prole, in alcune specie, è invece compito del padre: il maschio del casuario, grande uccello della famiglia degli struzzi, è costretto a 50 giorni di cova e a 6 mesi di svezzamento, mentre la femmina scorrazza libera alla ricerca di altri partner. Le particolarità non finiscono qui: la femmina di Varano è capace di autofecondarsi in assenza del maschio, mentre il pesce pagliaccio può cambiare genere da un momento all’altro. Contro natura I curatori della mostra si sono mossi al confine tra natura e cultura e, così facendo, hanno messo in crisi ciò che noi definiamo di norma “naturale”. Spesso le persone omofobe accusano omosessuali o transessuali di essere individui “contro natura”. L’argomentazione è di per sé assurda perché presuppone che il nostro essere, nello specifico le nostre pratiche sessuali e di genere, se corrispondenti al modello dominante eterosessuale, possano essere definite come “naturale”. I curatori però sono comunque scesi a livello della critica omofoba e hanno dimostrato che la natura è in realtà queer e non rispetta affatto modelli. |