Politica

Berna, 16 dicembre 2019. Al consiglio degli Stati si discute della cosiddetta iniziativa sulla trasparenza quando prende la parola l’allora ministra della giustizia, Karin Keller Sutter. In precedenza, il Consiglio federale aveva raccomandato di respingere senza un controprogetto questa iniziativa lanciata dalla sinistra e Keller-Sutter spiga tale decisione sostenendo che la divulgazione dei finanziamenti politici sarebbe stata aggirabile con facilità: “Si possono creare intere strutture accanto ai partiti o alle organizzazioni, che poi alimentano i fondi ai partiti o alle organizzazioni”. Seduto in quella stessa camera, il consigliere agli Stati ticinese Marco Chiesa sembra aver preso alla lettera i malcelati consigli della consigliera federale.

 

Il 23 ottobre 2022, dopo vari cicli parlamentari, i nuovi dispositivi di legge volti a favorire la trasparenza della politica svizzera entrano in vigore. Dal 2023, per la prima volta nella storia elvetica, i partiti e i candidati devono dichiarare le donazioni superiori ai 15.000 franchi. È in questo contesto che, qualche settimana più tardi, i dirigenti ticinesi dell’UDC decidono discretamente di creare una di quelle strutture evocate tre anni prima da Keller Sutter nelle sue argomentazioni contro la trasparenza.


Gli stessi protagonisti del caso Ticiconsult

 

Lugano, 9 dicembre 2022. Marco Chiesa, presidente nazionale dell’UDC, e Piero Marchesi, presidente dell’UDC Ticino, si recano al numero 60 di via Nassa. Qui hanno appuntamento con il notaio Emilio Bianchi che, eseguite le formalità amministrative, costituisce una fondazione dal nome roboante: Fondazione per una politica liberal-conservatrice.

 

Colleghi di partito e soci in affari, i due politici si lanciano in questa nuova avventura senza fare troppo rumore. Chiesa e Marchesi s’impegnano a versare 30.000 franchi in contanti su un apposito conto aperto alla Banca Raiffeisen di Caslano, poi scompaiono dai radar: malgrado il loro ruolo di fondatori - dimostrato dal verbale di costituzione - i loro nomi non risultano, ne sono mai risultati, al registro di commercio in relazione a questa enigmatica fondazione. A gestire la stessa sono alcune personalità di secondo piano dell’UDC Ticino, tra cui due fiduciari [iscritti all’albo!]. La presidenza del consiglio di fondazione è affidata all’avvocato Adriano Sala, presso il cui studio in via Nassa prende sede questa sorta di emanazione discreta del partito.

 

Il nome dell’avvocato Sala è emerso nelle scorse settimane quale rappresentante legale della Ticiconsult SAGL, la fiduciaria degli stessi Chiesa e Marchesi che per 14 mesi ha operato – contrariamente a quanto previsto dalla legge – senza avere al suo interno un fiduciario autorizzato. Una vicenda opaca i cui protagonisti sono ora gli stessi di un’altra operazione poco trasparente.


Ventimila franchi senza nome

 

Tra gli scopi della Fondazione per una politica liberal-conservatrice vi è lo “sviluppo di opinioni e dialoghi nell’ambito di una politica liberale, improntata su una concezione conservatrice e borghese, orientata ai valori dell’Unione Democratica di Centro”. Una sorta di supercazzola dietro alla quale sembra celarsi un’attività più concreta: il finanziamento al partito. Un finanziamento che, proprio attraverso lo schermo di una fondazione può continuare ad essere anonimo anche di fronte ai nuovi criteri di trasparenza entrati in vigore nell’autunno 2022.

 

È così che il 2 ottobre 2023, l’UDC Ticino riceve una donazione di 20.000 franchi da parte della fantomatica fondazione presieduta dall’avvocato Sala. Siamo in piena campagna per le elezioni federali 2023, le prime della storia elvetica a sottostare ai nuovi dispositivi che impongono ai partiti e ai candidati di rendere noti i finanziamenti superiori ai 15.000 franchi. La donazione viene correttamente registrata sull’apposito sito del Controllo federale delle finanze (CDF), l‘autorità incaricata di sorvegliare il rispetto delle nuove disposizioni legali. Si tratta dell’unico finanziamento censito dall’UDC Ticino. Se circa 40.000 franchi di finanziamenti restano totalmente anonimi, in quanto inferiori ai 15.000 franchi, una domanda si pone anche sul versamento da parte della Fondazione: da dove arrivano questi soldi? Da noi contattati, Chiesa e Marchesi, così come l’avvocato Adriano Sala, non hanno risposto a questa e a nostre altre domande.


Fatta la legge trovato l’inganno

 

La Svizzera è sempre stata in ritardo rispetto al resto d’Europa per quanto riguarda la trasparenza del finanziamento dei partiti. I nuovi dispositivi in vigore da fine 2022 sono quindi un piccolo passo in avanti. Durante la campagna per le recenti elezioni federali sono però emerse anche alcune lacune nella legge. Su tutte, l’utilizzo da parte di alcuni partiti di fondazioni volte ad aggirare i nuovi requisiti di trasparenza.

Il caso più eclatante riguarda l’UDC Svizzera, partito che ha ricevuto 500.000 franchi da parte della sconosciuta Fondazione per una politica borghese. Fondata nel 2003, basata a Zugo, quest’ultima è un’entità molto vicina al partito. Nel suo cda siedono ad esempio l’ex consigliere federale Ueli Maurer, o mecenati udicisti come Walter Frei e Thomas Matter.

 

Anche in questo caso, il finanziamento al partito è stato dichiarato. Nessuno sa però chi abbia in precedenza versato i soldi alla fondazione. Questo modo di operare pone dei problemi, come ci spiega Marc Herkenrath, di Transparency International Svizzera: “Le fondazioni si stanno rivelando un modo popolare per aggirare le nuove norme sulla trasparenza. Se un donatore dona loro del denaro senza specificare lo scopo esatto, il suo nome non è tenuto a essere rivelato se il denaro viene poi utilizzato per finanziare una campagna elettorale”.


Controlli il Controllo federale delle finanze

 

Rispetto alla fondazione svizzero tedesca quella ticinese ha alcune differenze sostanziali. La prima è che questa struttura non esisteva già, ma è stata creata poche settimane dopo l’introduzione dei nuovi criteri sulla trasparenza. Ciò che pone ulteriori interrogativi, come ci spiega sempre Marc Herkenrath: “Sarebbe in contraddizione allo scopo della legge se delle fondazioni venissero create appositamente per continuare a consentire un finanziamento politico non trasparente. Nel caso di fondazioni che perseguono altri obiettivi oltre al finanziamento politico, tuttavia, restano da chiarire le questioni di demarcazione”.

 

In effetti, la Fondazione per una politica liberal-conservatrice non ha come obiettivo specifico il finanziamento al partito. A registro di commercio gli scopi indicati sono vaghi. Non sappiamo se la Fondazione abbia svolto nel suo primo anno di vita altre attività concrete. In che modo si è favorito lo sviluppo e il dialogo di una visione liberale, ma conservatrice, della società? Lo abbiamo chiesto ai fondatori e al presidente, ma non ci è stato risposto.

 

Contattato, il CDF dice di non volersi esprimere su dei casi specifici. Certo è che l’organo di sorveglianza potrebbe volerne sapere di più sull’operato effettivo di questa fondazione. Tra le sue mansioni vi infatti quello di individuare e reprimere eventuali tentativi di elusione.


Un finanziamento flop?

 

A suscitare interrogativi vi è anche il ruolo poco trasparente avuto da Marco Chiesa e Piero Marchesi: come mai i due politici hanno creato questa entità senza voler però figurare a registro di commercio? Anche a questa domanda non abbiamo ricevuto risposta. Certo non vi è niente d’illecito, ma chi va votare dovrebbe poter sapere se un politico è il fondatore di una fondazione o di un’altra entità giuridica. Perché nasconderlo?

 

Va infine detto che, tutto sommato, i soldi versati dalla Fondazione alla campagna dell’UDC Ticino non sono molti: 20.000 franchi, meno del capitale iniziale messo da Chiesa e Marchesi. Probabilmente, questo significa che solo una persona ha voluto versare dei soldi in maniera anonima, dato che sotto i 15.000 franchi non vi è nessun obbligo di notifica.

 

L’ipotesi è che a fin 2022, di fronte alle nuove disposizioni legali, i dirigenti ticinesi dell’UDC abbiano voluto creare una scatola giuridica per poter permettere a chi lo volesse di finanziare in maniera anonima le future campagne elettorali. Il risultato sembra finora essere stato piuttosto scarso. Ma in fin dei conti all’UDC Ticino che gliene importa? A pagare l’assillante e costosissima campagna ticinese del partito ci ha pensato la sezione nazionale. Con i soldi del miliardario Blocher, degli altri oligarchi dell’UDC e di altri misteriosi finanziatori della Fondazione per una politica borghese.  

Pubblicato il 

05.11.23
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