La potente banca centrale americana ha portato in settimana il costo del denaro praticamente a zero nel disperato tentativo di rilanciare l'economia a stelle e strisce. Lo stesso stiamo facendo in Svizzera. Nel periodo fra l'8 ottobre e il 20 novembre la nostra Banca nazionale ha abbassato il tasso di interesse di riferimento dal 2,75 all'1 per cento e punta dalla scorsa settimana all'obiettivo dello 0,5 per cento. Una politica monetaria che persegue un doppio obiettivo. Primo: ristabilire la fiducia nel mercato dei prestiti interbancari. Un mercato che però, no­nostante i tassi favorevoli, non si è ancora normalizzato (le banche hanno ancora delle posizioni a rischio nei loro bilanci o in quelli delle loro società affiliate, e questo genera sfiducia). Secondo obiettivo: rilanciare l'economia grazie al basso costo del denaro che dovrebbe invogliare gli investimenti e i consumi.
Quasi tutti, sindacato e sinistra compresi, hanno applaudito l'intervento della Bns che si trova ora praticamente esaurito il margine di manovra della propria politica monetaria (sotto lo zero c'è poco da fare). Tuttavia, come spiega nell'intervista che segue l'economista Sergio Rossi, non tutto quello che luccica è oro. Perché questa politica monetaria potrebbe non essere a costo zero per le tasche dei cittadini.

Sergio Rossi, questi interventi della Bns sono pensati per rilanciare l'economia o per permettere alle banche di rifinanziarsi a basso costo?
Nel lungo periodo, l'abbondante riduzione dei tassi di interesse di riferimento per la politica monetaria è intesa rilanciare le attività produttive, attraverso l'attesa riduzione dei tassi di interesse che le banche fatturano alle aziende per l'erogazione del credito. Occorre tuttavia rammentare che le aziende, più che il costo del finanziamento bancario, considerano le loro prospettive di vendita prima di determinare il volume degli investimenti da attuare, facendo capo sia all'autofinanziamento sia al finanziamento esterno nella misura delle loro effettive possibilità. È d'altra parte evidente che, in un'ottica di breve periodo, la manovra espansiva della Banca nazionale è orientata a diminuire i tassi di interesse nel mercato interbancario, inducendo così le banche a tornare a prestarsi tra loro la liquidità di cui esse hanno bisogno giornalmente per svolgere il traffico dei pagamenti.
Il costo del denaro per le banche è stato abbassato, la Bns punta a scendere allo 0,5 per cento. Lei crede che anche il tasso di interesse applicato dalle banche alla clientela privata sulle ipoteche, sui contratti di leasing, sulle linee di credito alle imprese e via dicendo, scenderà di conseguenza?
L'obiettivo dello 0,5 per cento fissato dalla Banca nazionale riguarda il tasso di interesse che una banca di eccellente reputazione paga per ottenere un prestito in bianco, ossia privo di garanzie (quali potrebbero essere dei titoli come le obbligazioni della Confederazione) da dare in pegno al proprio creditore. Se consideriamo che la clientela privata, sia essa di tipo industriale, commerciale, o individuale, presenta dei profili di rischio più o meno elevati, il tasso di interesse che una banca chiede per concedere un finanziamento contiene un premio di rischio valutato di volta in volta, e influenzato anche dall'andamento e dalle prospettive congiunturali. In sostanza, i tassi di interesse che le banche chiederanno alla loro clientela saranno rivisti verso il basso in Svizzera, ma non nella uguale misura della riduzione del tasso di interesse di riferimento per la Banca nazionale. Il calo dei tassi di interesse di cui la clientela beneficerà potrebbe in sostanza essere molto limitato nel prossimo futuro, giacché le previsioni economiche per il 2009 sono negative e ormai anche per l'economia del nostro paese si parla ufficialmente di recessione.
Per quali ragioni potrebbe non verificarsi un abbassamento del tasso di interesse per la clientela privata?
Le banche hanno diverse ragioni per cui potrebbero decidere di non ridurre i tassi di interesse fatturati ai loro clienti debitori. Da un lato, le grandi banche, che sono state colpite in pieno dalla crisi finanziaria, hanno bisogno di tornare rapidamente a contabilizzare degli utili, visto che da questo dipende l'andamento della loro quotazione in Borsa. D'altro lato, e in maniera generale, la riduzione del tasso di interesse per la clientela delle banche aumenta il rischio di attirare dei debitori morosi, attratti dai ridotti tassi di interesse per accendere un prestito (pensiamo a un'ipoteca) sebbene questi clienti non offrano le garanzie di poterne poi pagare le rate (interesse e ammortamento) alla scadenza, a maggior ragione in una fase congiunturale negativa che potrebbe comportare la perdita della loro occupazione o, se non altro, una riduzione della loro remunerazione salariale mensile.
L'abbassamento della fascia di oscillazione del tasso di interesse di riferimento ha delle conseguenze sulla distribuzione della ricchezza?
Quando i tassi di interesse diminuiscono, diventa più interessante possedere azioni, anziché obbligazioni (a reddito fisso), nel portafoglio-titoli. In soldoni, chi possiede un patrimonio formato in buona parte da azioni e titoli il cui valore in Borsa aumenta con l'abbassamento dei tassi di interesse, beneficia di un effetto-ricchezza in quanto il proprio patrimonio vale di più secondo la quotazione in Borsa. D'altra parte, se la riduzione dei tassi di interesse è trasferita anche sui tassi ipotecari, inducendo un aumento della domanda di costruzioni sia residenziali sia commerciali (o industriali), si imprime una pressione verso l'alto ai prezzi nel settore immobiliare, generando un effetto-ricchezza per i proprietari di immobili. Se del caso, sono dati anche gli estremi per un aumento delle pigioni sulla base del meccanismo della domanda e dell'offerta nel mercato immobiliare. Anche supponendo un aumento della produzione quale conseguenza della politica espansiva della banca centrale, la capacità di acquisto dei percettori di reddito da lavoro potrebbe diminuire, nel caso in cui i prezzi dei terreni, delle costruzioni immobiliari e delle pigioni abitative aumentassero per effetto del taglio dei tassi di interesse, aumentando la ricchezza dei titolari di reddito patrimoniale.
Quale effetto potrebbe avere per le tasche dei cittadini l'abbassamento del tasso di interesse?
Oltre agli effetti che ho già menzionato, potrebbero verificarsi delle situazioni di sovraindebitamento, in particolare per quelle categorie di persone (penso ai giovani) e per quelle fasce di reddito (soprattutto i più poveri) che con un indebitamento a costo ridotto possono accedere a dei beni di consumo che altrimenti resterebbero fuori della loro portata. Queste situazioni diverrebbero drammatiche qualora, come potrebbe succedere tra qualche anno, la situazione congiunturale migliorasse a tal punto da far aumentare l'indice dei prezzi al consumo oltre il 2 per cento su base annua, che la Banca nazionale considera in sintonia con l'obiettivo della stabilità dei prezzi. Qualora ciò avvenisse, i tassi di interesse tornerebbero ad aumentare per effetto della politica monetaria restrittiva, rendendo allora problematico il pagamento delle rate sui prestiti ipotecari concessi alle persone con bassi redditi.
Quali pericoli corre uno Stato la cui banca centrale attua una politica monetaria con tassi di interesse vicini allo zero?
Al di là delle situazioni di sovraindebitamento di alcune categorie di persone cui accennavo prima, una politica monetaria a tassi vicino allo zero annulla ogni margine di manovra della banca centrale per attuare ulteriori interventi, qualora la situazione economica lo richieda al fine di evitare una recessione lunga e diffusa all'interno del paese. Il tasso di interesse con cui la Banca nazionale rifinanzia attualmente le banche è dello 0,03 per cento. Siamo dunque al capolinea degli interventi della politica monetaria e tocca ora al Governo muoversi per fare in modo di rilanciare le attività economiche, attuando grandi progetti di investimento tanto nelle infrastrutture (come le ferrovie e le costruzioni che rispettano i più moderni criteri di risparmio energetico) quanto nel capitale sociale (sanità, socialità, istruzione), che non sono meno importanti del capitale fisico anche se, rispetto a quest'ultimo, sono meno visibili dal punto di vista materiale e meno foriere di consensi politici in quanto meno organizzate con gruppi di pressione parlamentare.

Pubblicato il 

19.12.08

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato