L’autorevolezza della cultura

Antonio Gramsci scriveva nel 1916 che “La cultura... è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri”.


Una definizione, quella di Gramsci, che attribuisce alla cultura un valore fondante per la società tutta e, contemporaneamente, per ciascun individuo. Senza cultura si è dunque poveri, infinitamente poveri perché privi di quelle premesse su cui solo si può costruire il futuro: la coscienza superiore, il proprio valore storico, i propri diritti e i propri doveri!!
Ma in Ticino fatichiamo, forse più che in passato, ad avere un’identità culturale forte, chiara e definita perché ci sentiamo con i piedi affondati in una zona di frontiera un po’ instabile, perché culturalmente periferica. Da tutto e da tutti!


La cultura in Ticino si presenta allora come un mondo frammentato, capace di proporre grandi eccellenze e manifestazioni di altissimo livello internazionale e anche tante, differenziate realtà più o meno profondamente ancorate al territorio, nonché iniziative sperimentali e non di grande valore.


Spesso però si ha l’impressione che quella ticinese sia una cultura che non crede molto in se stessa, quasi fosse un po’ insicura, con un po’ di pudore di troppo nell’esprimere le sue specificità e nel valorizzare e credere fino in fondo nelle proprie potenzialità. Questa fragilità fonda le sue origini probabilmente proprio nel fatto di essere e soprattutto di sentirsi una cultura di minoranza, cresciuta in un paese fatto di quattro culture, ma che nella quotidianità si confronta soprattutto con una lingua e una tradizione culturale forte, per non dire straripante come quella italiana. E questo essere nel mezzo tra realtà così lontane tra loro ci fa sentire troppo spesso diversi, sia dalla cultura svizzera che incombe a nord, sia dal molosso italiano che spinge da sud. Ed è vero! È proprio così che siamo!


Ma al posto di essere rafforzati dall’esperienza quotidiana del confronto con realtà così diverse tra loro, al posto di gioire della nostra ricchezza culturale capace di attingere al nord come al sud, al posto di credere fino in fondo nella ricchezza di questa variabilità, ci sentiamo fragili e impreparati ad affrontare la scena nazionale e internazionale con la nostra cultura che affonda i suoi piedi dentro la periferia.
In questo modo non ci accorgiamo che, proprio per la nostra specificità di essere a cavallo tra due realtà così diverse tra loro e contemporaneamente così intrise dei loro principali fondamenti, siamo in realtà molto forti e ricchi.


Ed è così che, non avendo forse la necessaria fiducia in se stessa, non credendo fino in fondo nella propria forza e nella propria autorevolezza, la cultura ticinese, pur nella sua variegata e poliedrica ricchezza, sembra avere sempre più la tendenza a chiudersi attorno alle proprie realtà, quasi fossero fortini da difendere.


Così facendo, la cultura del nostro Cantone non riesce a tessere la rete che le servirebbe, non trova il modo di avere una voce forte e autorevole che parli a nome di tutti, troppe volte non tira su la testa con orgoglio, cosciente della sua particolare, unica e ricca identità, rischiando invece di apparire un interlocutore marginale, quasi amatoriale, non sempre capace di esprimere il proprio valore e di proporre progetti di ampio respiro.
Non la si trova allora presente e attiva come sarebbe giusto che fosse nel confronto politico, troppo spesso lei stessa non si propone come un interlocutore economico di peso di cui non si può fare a meno in un paese come il nostro.


E questa “assenza” fa male a tutto il Ticino, non solo alla cultura.  Perché un Ticino che non sa o non riesce a esprimere una cultura forte, presente e autorevole, una cultura periferica di valore, solida, poliedrica e ricca è un Ticino che perde un pezzo importantissimo della sua identità.                                                                                                

 

Per questo è indispensabile che la politica riconosca il ruolo centrale e insostituibile della cultura, senza fare scivoloni inopportuni e certamente molto dannosi, ma è contemporaneamente importante che la cultura torni con autorevolezza ad assumere il proprio ruolo centrale sulla scena del nostro paese, cosciente fino in fondo della propria importanza per sé e per il Ticino tutto.

Pubblicato il

19.11.2020 10:42
Anna Biscossa
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