L'altra informazione: l'attualità e le news nel mondo arabo

Le società del Medio Oriente ricevono le notizie e le informazioni in modo diverso rispetto a qualche anno fa. I satelliti e l’uso dei nuovi media (internet) stanno rivoluzionando il Medio Oriente e il Nord Africa. Gli sforzi di molti governi per impedire il loro sviluppo, si limitano a restrizioni non potendo permettersi di eliminare completamente le antenne paraboliche. La copertura televisiva satellitare della seconda Intifada (Intifada al-Aqsa) e della guerra in Afghanistan (grazie a al-Jazeera) ha registrato probabilmente il più grande numero di audience incensurata nella storia dei popoli arabi. Gli spettatori televisivi da Rabat (Marocco) a Riyad (Arabia Saudita) hanno condiviso l’esperienza delle news dal loro salotto o dall’ Internet cafè: per la prima volta notizie trasmesse da canali arabi prodotte da giornalisti arabi. L’informazione nazionale Le news non rappresentano storicamente un genere televisivo di punta nelle televisioni arabe (programmi d’intrattenimento e telenovele infinite sono il genere seguito maggiormente dai telespettatori). Certo, a giudicare dal tempo televisivo che è loro dedicato sugli schermi nazionali, si potrebbe pensare il contrario: continui notiziari di durata interminabile e mai prevedibile non fanno certo un’informazione di qualità. Prima le notizie sul re o sul presidente della Repubblica, seguite a ruota da informazioni sul primo ministro, sul ministro della difesa e degli interni, e giù fino all’ultimo gradino della gerarchia: i telespettatori vengono sottoposti a un incredibile carosello di visite ufficiali, riunioni, incontri diplomatici, inaugurazioni ecc. Il telegiornale nazionale dei paesi arabi esclude ogni notizia di una qualche rilevanza politica o sociale, che parli della contemporaneità e della società civile locale (la gente intervistata ricca o povera è felice di vivere nel migliore dei mondi possibili). Il grande cambiamento La Guerra del Golfo del 1991 è l’evento che ha portato cambiamenti drastici negli atteggiamenti verso la televisione satellitare. In una situazione di crisi come quella dell’invasione del Kuwait, le radio e le televisioni nazionali hanno taciuto imbarazzate, evitando di dare notizie sugli avvenimenti locali. Ci sono voluti 3 giorni prima che la notizia venisse annunciata in Arabia Saudita (questo o simili oscuramenti di notizie esistevano un po’ in tutto il Medio Oriente e Il Nord Africa). La popolazione era così costretta «a recuperare» gli aggiornamenti informativi dai media degli altri paesi: attraverso gli onnipresenti servizi radiofonici internazionali e soprattutto attraverso la regina delle televisioni via cavo o via parabola portata sulle orbite del satellite, la Cnn. Network tematici Oggi i paesi arabi più economicamente dotati o culturalmente più vivaci si provano a costruire network tematici di news che cancellino lo stereotipo della censura araba sull’informazione, presentando al mondo una nuova immagine, quella degli arabi che riescono a fornire un servizio informativo valido, basato su contenuti obiettivi confezionato con l’ausilio delle più avanzate tecnologie. Una strada che – dagli inizi degli anni Novanta – apre Mbc (Middle east broadcasting centre), ma che viene subito battuta da Ann (Arab news network), entrambi networks satellitari con base a Londra. Le news arabe cercano adesso credibilità presso le audience regionali, perché offrono un’alternativa al monopolio dell’informazione globale della Cnn, che tratta le notizie in maniera non neutra, ovvero alla luce delle specificità culturali della regione e delle sue tradizioni. Quanto poi questo significhi ulteriormente censura, lo si può giudicare soltanto caso per caso, poiché quasi tutti i grandi network panarabi sono implicati con l’Arabia Saudita, costretti ad un delicato gioco di equilibri fra tendenze innovatrici e improvvise, brusche frenate in virtù delle imposizioni della classe religiosa. L’incredibile diversità di opinioni proposte sta rinforzando ulteriormente la credibilità di questi canali televisivi (Ann, Mbc e soprattutto al-Jazeera). Basti pensar che durante le elezioni israeliane sono stati intervistati numerosi politici israeliani che «dibattevano» in arabo. Ehud Barak e Ariel Sharon sono stati intervistati da queste televisioni. Questa rivoluzione delle informazioni sta creando nuove realtà politiche offrendo nuovi strumenti politici alla gente, nuove opportunità per cambiare. Negli sforzi che queste reti hanno investito in discussioni di temi di interesse mondiale, e verso la comprensione reciproca delle ragioni di due mondi che credono di considerarsi opposti, i programmi proposti possono essere considerati degli esperimenti nella speranza di gettare un ponte di cooperazione, ponte e soprattutto palafitte di cui abbiamo sempre più bisogno. La «Cnn» dell’Islam «al-Jazeera» (che significa la penisola) è un canale satellitare televisivo – nato a metà degli anni novanta – che trasmette 24 ore su 24 notizie e informazione dal mondo e dai paesi arabi, ben distribuite nel palinsesto tra notizie sportive, documentari, programmi popolari ecc. I suoi studi sono a Doha capitale del piccolo Qatar (11.437 kmq, 369 mila abitanti e 143 quotidiani!). Grazie a un network di corrispondenti e giornalisti sparsi in tutto il mondo riesce a coprire minuto per minuto i fatti accaduti nel mondo intero. Ha anche accesso alle più grandi agenzie di stampa mondiali. Al-Jazeera è il canale televisivo che non teme nulla: «confronti in diretta» con esponenti politici, interviste con ufficiali israeliani, trasmissione di documentari che scavano nella storia buia dei paesi arabi (il settembre nero giordano o una serie di documentari sulla guerra libanese), rassegne stampa esaminano le differenti opinioni della stampa araba e mondiale. Questa apertura ha provocato le critiche di molti governi arabi o addirittura la decisioni da parte di essi di chiudere gli uffici e di espellere i giornalisti dell’emittente qatarense. Critiche e proteste ufficiali (oltre 400) sono state indirizzate anche direttamente al governo del Qatar, che sostiene la rete con finanziamenti per 200 milioni di dollari l’anno. Onde evitare troppi incidenti diplomatici, al-Jazeera sarà sussidiata dal proprio governo solo fino a novembre. In seguito dovrà cercare di sopravvivere da sola: sono previsti tagli e si cercherà anche di trovare degli sponsor (aiuti facili da «reperire» grazie all’importanza internazionale raggiunta dall’emittente). Ora sono in corso importanti lavori di ampliamento e miglioramento delle infrastrutture in modo da essere pronti al momento dello «stacco definitivo» dal governo del Qatar. Unica finestra su Kabul Non si sa fino a quando durerà, ma in questo momento, al-Jazeera, la cui redazione è composta da una settantina di giornalisti e 300 tecnici provenienti da tutti i Paesi arabi, è l’unica televisione ad avere un corrispondente a Kabul (come la Cnn nella guerra del Golfo). Per questo le sue immagini, che ogni emittente sta cercando disperatamente di acquistare, stanno diventando sempre più preziose. Infatti questa guerra verrà ricordata come la guerra priva di immagini, dove le parole e i commenti le rimpiazzano. Per questo i servizi di al-Jazeera sono venduti a caro prezzo (20 mila dollari al minuto!). Ed ecco che improvvisamente Osama Bin Laden e i capi dell’organizzazione al-Qaeda trasmettono le proprie rivendicazioni e messaggi proprio attraverso questa emittente. Al-Jazeera non può certo essere tacciata di fondamentalismo e allora come mai? La risposta è semplice Osama Bin Laden si muove a proprio agio fra ideologie del passato e strategie belliche e comunicative post-moderne. L’organizzazione al-Qaeda ha scelto questa emittente non perché amica ma perché è la televisione più in voga e rappresentativa dell’intero mondo arabo. Di nuovo sotto pressione Dopo le trasmissioni di diversi messaggi video, la televisione qatarense è al centro del dibattito internazionale, mediatico e politico. Non si tratta solo degli Stati Uniti (che la ritengono paradossalmente troppo libera) ma soprattutto di Arabia Saudita e Kuwait, che non accettano che i loro cittadini possano ottenere informazioni prive di censura. Alle critiche statunitense, l’emiro del Qatar ha risposto che il suo paese ha scelto una strada giusta, quella rivendicata anche dalla dichiarazione dei diritti degli Stati Uniti d’America del 1791, e che non gli sembra che qualcuno abbia chiesto la chiusura della Cnn quando intervistò Saddam Hussein durante la guerra del Golfo. Per la prima volta nella storia, la Cnn è presente sul campo di battaglia e non ha delle immagini da trasmettere. La censura degli americani In questa lotta è intervenuto anche il governo americano: per motivi di sicurezza nazionale si richiede la massima cautela nel «fare informazione». I confini tra psicosi, censura e allarme reale si stanno facendo sempre più sottili. Intanto la Cnn ha ceduto: chiederà l’autorizzazione al governo prima di trasmettere alcuni video. La Casa Bianca intanto cerca di annientare mediaticamente il suo nemico e sta preparando un’offensiva mediatica nel mondo arabo (addirittura un’intervista di Bush su al-Jazeera) La forza di questa emittente sta in generale crescendo sempre più e questo è dovuto al fatto di essere fiero di fare dei servizi arabi in lingua araba, produrre notizie per gli arabi (e non) meglio di altre televisioni internazionali (soprattutto Cnn e Bbc). Vendendo le proprie immagini a 20 mila dollari al minuto al-Jazeera è riuscita a guadagnare molto in poco tempo, a conquistarsi ulteriore rispetto dai telespettatori arabi e ad essere (ri)conosciuta internazionalmente.

Pubblicato il

26.10.2001 06:00
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