Gli attacchi terroristici dell’11 settembre hanno fatto ricadere il Mondo in una spirale di violenza che ha già fatto e farà ancora migliaia di vittime innocenti. È l’ennesima prova che la violenza, il terrore e la guerra non potranno mai risolvere i conflitti. La pace non la si conquista certo con i bombardamenti, né con gli eserciti anche i più potenti e tecnologicamente avanzati, ma la si costruisce in altro modo. Anche questa volta le impegnative esortazioni dei testi sacri (cristiani o mussulmani che siano) sono purtroppo rimaste inascoltate come nei secoli scorsi proprio da chi pretende invece di giustificare le proprie azioni con la religione. Romani 12,21: «Non lasciarvi vincere dal male, ma vinci con il bene il male». Corano, Sura 41,34: «La buona azione e quella cattiva non sono uguali. Respingi la cattiva azione mediante un’azione migliore. Allora colui dal quale tu sei separato da un’inimicizia diventerà per te un amico caloroso». Il nostro avvenire dipende infatti dalla capacità dei popoli di vivere ed operare assieme pur nella loro diversità. Per fare questo bisogna innanzitutto garantire una vita dignitosa a tutti e combattere quindi tutte quelle strutture e meccanismi (vedi globalizzazione e liberismo selvaggio) che invece stanno solo aumentando il divario tra Nord e Sud e tra ricchi e poveri. Ma poi, visti i risultati controproducenti dei mezzi attualmente utilizzati, dobbiamo ripensare la nostra politica di pace e mettere in atto altri tipi d’intervento. Un piccolo passo in una nuova direzione ce lo propone l’iniziativa «Per un servizio civile volontario per la pace (Scp)», in votazione questo fine settimana. Il Scp vuole da una parte offrire un’educazione alla pace ed alla risoluzione nonviolenta dei conflitti qui da noi dove, nonostante le apparenze, non manca certo la violenza, ad esempio nelle scuole, nelle famiglie, contro le donne o gli stranieri, anche se per fortuna non si arriva sempre a drammi come quelli di Zugo o di Melano. Dall’altra vuole formare un pool di volontarie e volontari, particolarmente preparati e qualificati in vista d’interventi di prevenzione dei conflitti e pacificazione all’estero, nell’ambito di appropriate organizzazioni non governative ed a sostegno di organizzazioni civili locali. Agli obiettori di coscienza attualmente astretti al servizio civile, il Scp potrebbe permettere di approfondire le loro conoscenze sulla risoluzione non violenta dei conflitti ed impegnarsi anche all’estero in progetti di costruzione attiva della pace: rivendicazioni già contenute addirittura nella nostra iniziativa «Per un vero servizio civile» lanciata nel 1977 (!), ma che nemmeno la revisione in corso della legge sul servizio civile prende ancora in considerazione. Ma ciò che è ancora più importante, il Scp permetterebbe finalmente alla maggioranza della nostra popolazione (donne, inabili al servizio militare, stranieri residenti) di poter anche loro dare un contributo attivo e riconosciuto alla promozione della pace. Scopi lodevoli e condivisibili, affermano tutti, ma poi stranamente vi si oppongono. In mancanza però di argomenti validi per farlo, fanno pubbliche affermazioni false e fuorvianti come quella di definire la proposta come una seconda iniziativa per l’abolizione dell’esercito o semplicemente cercano di screditare gli iniziativisti con i quali non vorrebbero avere mai niente a che fare. Se vogliamo però effettivamente costruire la pace non solo a parole ma con i fatti e senza strumentalizzazioni, dobbiamo farlo con coerenza, in tutte le circostanze e con tutte le forze disponibili. La vera pace si costruisce solo attraverso la ricerca della verità e della giustizia e con l’ascolto delle ragioni dell’altro senza pregiudizi. Speriamo che la maggioranza delle elettrici ed elettori voglia invece finalmente dare un segnale positivo aprendo le porte ad un effettivo contributo solidale e civile nella costruzione della pace, oltretutto valorizzando il generoso ed disinteressato impegno di giovani e meno giovani di ambo i sessi.

Pubblicato il 

30.11.01

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