Chi gira per le nostre città, le periferie, in zone un tempo rurali e collinari, rimane colpito dallo sfascio e da una sorta di assurdità. Si costruisce dappertutto, con accanimento, sorgono improvvise selve di modine. Eppure le statistiche danno un numero elevato di alloggi e uffici sfitti (il tasso di sfitto del Ticino è da primato nazionale). C’è quindi del paradosso. Per la mancanza di logica o buon senso. Per l’economia, che pretende il mercato razionale e che, di fronte allo squilibrio offerta-domanda, ci sia perlomeno una riduzione dei prezzi, che non c’è. È però la stessa logica economica che porta a temere una bolla che scoppierà e finirà per lasciare vittime. C’è chi avverte che ci siamo vicini per quel muoversi dei tassi di interesse verso l’alto, avviato dalla Federal Reserve americana, che di solito precede tutti. O per le preoccupazioni manifestate dal Consiglio federale e dalla Banca nazionale che, scoperta la vulnerabilità elevata del mercato ipotecario, si muovono pure con misure restrittive che entreranno in vigore il prossimo 30 settembre. Rimane un interrogativo: che senso ha investire nell’alloggio (nel mattone) quando sai che l’investimento o va a ramengo (sfitto) o renderà troppo tardi (capitale morto) o avrai un investimento che genera più costi (indebitamento, ipoteche) che reddito certo (affitto)? L’interrogativo pone un problema che è un male generalizzatosi: l’alloggio è stato catturato dalla finanza, c’è anche la finanziarizzazione dell’alloggio. È stata studiata e analizzata in 16 paesi, compresa la Svizzera, da alcuni istituti economici. La conclusione, in sintesi, è la seguente: l’alloggio, bene di prima necessità, è diventato bene speculativo in mano ad attori finanziari “di grande portata”. Che cos’è la finanziarizzazione? In termini semplici: è l’accresciuta predominanza della finanza sulla produzione. Quindi, in termini ancora più semplici: la finanza è un mezzo per tirar fuori sempre più soldi (valore esterno, si dice) ai processi di produzione imprenditoriale. Insomma, cavar denaro anche dal denaro. La finanziarizzazione dell’alloggio non è nuova: l’abitazione, soprattutto di lusso, è sempre stata obiettivo di speculazione finanziaria (abbondante nel Ticino, dall’arrivo dei fondi fuggiti dal fisco italiano all’arrivo del parentado degli oligarchi russi). Si è aggiunto un fenomeno nuovo: l’alloggio è diventato una cosiddetta “classe di attivi” come altri. Lo scopo non è solo la rivendita per trarne un beneficio, ma piuttosto la presenza nel proprio “portafoglio” affinché serva come garanzia per altre operazioni finanziarie; con una visione quindi non tanto di breve termine, ma di lunga scadenza, attribuendole un valore da esporre ritenuto, per sua stessa natura, solido e durevole. La crescita dell’alloggio come semplice “classe di attivi” è un fenomeno recente e rapido: la somma destinatagli si è moltiplicata per tre in dieci anni nei paesi esaminati (supera i mille miliardi di euro). Presenta tre grossi rischi: la quantità a discapito della qualità (e si spiega lo sfacelo di interi quartieri); il sovraindebitamento (facilitato dagli interessi bassi); il fatto che più l’alloggio è avviluppato nelle spire della finanziarizzazione, maggiore sarà l’impossibilità a difendere la sua vera ragione di bene primario, accessibile a tutti, o a ricondurlo perlomeno entro una logica di mercato (infatti, la maggior offerta non genera neppure una riduzione degli affitti, anche perché aumenta il costo del terreno edificabile, che si fa raro). Senza una decisa politica dell’alloggio non se ne esce. |