Giovane, formazione scolastica conclusa, gli amici, un lavoro. Una vita soddisfacente? No, la sua vita non è neppure normale perché Giacomo ha le pezze al culo. Lavora, sì lavora, ma niente pizza al sabato sera, le vacanze scordate da tempo e ora, al verde, si è pure indebitato. No, non fa un uso improprio dei suoi soldi: semplicemente guadagna poco, troppo poco. «Ho un impiego e prendo meno di chi è in assistenza: la situazione mi sta creando scompensi di vario tipo». Come è possibile? Giacomo* fa l’agente di sicurezza da anni: «Sì, è vero c’è un Ccl, ma la direzione ha trovato il modo di aggirarlo, mettendo in ginocchio molti di noi».
Giacomo è un uomo formato, che non trovando un posto corrispondente al suo profilo, si è candidato come agente di sicurezza privata. Il lavoro è lavoro! E non gli si sputa in faccia mai: «Certo, sono formato per altre posizioni, ma mi sono adattato pur di guadagnarmi con le mie mani la pagnotta e non dover dipendere né da famiglia, né da Stato. Pensavo a un impiego temporaneo, che avrei trovato poi un posto nel mio ramo: non è andata in questo modo e nel frattempo si è consolidata l’occupazione alla Securitas. Paradossalmente, più io diventavo parte dell’azienda, e più le mie condizioni professionali si precarizzavano. Insomma, se all’inizio del mio impiego presso la società di sorveglianza riuscivo non certo ad accantonare risparmi, ma almeno a saldare a fine mese le fatture, ora non è più così e posso sostenere di trovarmi oggettivamente in uno stato di indigenza: passano gli anni e io guadagno sempre meno. In un’azienda sana e corretta con i dipendenti dovrebbe avvenire il contrario. Se all’inizio della mia assunzione potevo mantenermi dignitosamente, la situazione è andata gradualmente precipitando: in questo 2017 sto sopravvivendo con buste paga che girano in una media fra i 2.700 e i 2.800 franchi mensili. Ecco, mi dica se con un salario simile in Ticino una persona può non solo vivere, ma avere una vita? Con l’acqua alla gola, con i soldi contati e sempre a disposizione del datore di lavoro che, mi scusi l’espressione, lo tiene per le palle». Ci spieghi che cosa succede concretamente al momento della pianificazione e della distribuzione del monte ore, che è poi la quantità di tempo determinante lo stipendio. Ci sono tre tipi di contratti. Chi detiene un contratto “A” è un collaboratore con salario mensile e orario di lavoro fisso pattuito contrattualmente, compreso tra 1.801 e 2.300 ore per anno. I “B” sono dipendenti anch’essi con salario mensile e orario di lavoro fisso, compreso tra 901 e 1.800 ore per anno. Infine, ci sono i “C”, i lavoratori ausiliari con salario orario fino a 900 ore per anno, comprese le vacanze e l’abbuono di tempo del 10%. Io sono finito, dopo anni che già ero impiegato presso Securitas, sotto il contratto B con garantite 100 ore mensili. Con la modifica del Contratto collettivo di lavoro del 2014, la Securitas ha cambiato strategia e pagare meno contributi e scatti di anzianità. Io per esempio non faccio mai un’ora in più di quelle garantite, non perché manchi lavoro, ma perché io costo di più per gli anni di servizio maturati e per i contributi. E così si attinge sempre più a personale esterno, agli ausiliari che tieni in stand by quanto vuoi perché sono ancora più precarizzati dei tuoi dipendenti. È evidentemente più economico, anche se meno etico, prendere una frotta di persone e utilizzarle su chiamata. Così le ronde, i servizi di sorveglianza li suddividi in più turni pescando da un grande bacino di lavoratori. Il risultato? L’ausiliario porta a casa quel poco che riesce a racimolare e uno come me, che ha un contratto di 100 ore mensili, può essere certo di non riuscire a sfondare il tetto del monte ore e di restare sotto un bel po’ ai 3.000 franchi. Intanto, l’azienda continua a guadagnarci: con questo esercito di personale, di cui sono sempre alla costante ricerca, partecipano e vincono appalti anche pubblici. Insomma, e vissero tutti poveri e scontenti, i lavoratori... Provato a fare delle rivendicazioni in ditta? Devi startene zitto. All’interno vige la regola del clientelismo, dei personalismi. Tu mi sei simpatico e ti favorisco. Tu, invece, resta in punizione e accontentati di questo. Vivo da precario, il che mi porta a dover essere sempre disponibile, a non poter mai rifiutare un servizio e allo stesso tempo la totale disponibilità nei confronti del datore di lavoro mi impedisce di avere un’altra occupazione a tempo parziale per compensare le basse entrate. Se vieni chiamato a coprire un turno con poco anticipo, non puoi rifiutare perché altrimenti si vendicano non dandoti lavoro per un po’: in queste condizioni non puoi certo pianificare un secondo lavoro complementare. Un’attività accessoria resta difficile anche per i nostri turni di lavoro che sono molto frammentati. Ti può accadere in una giornata un turno di tre ore al mattino e un altro di tre al pomeriggio, che ti spezza e compromette la giornata per altre attività». Oppure otto ore filate, seguiti da tre ore di pausa per concludersi con un’ultima ora di lavoro in tutt’altro luogo. In ballo dalla mattina presto alla sera, togliendo spazio ad altri possibili lavori, ma anche alla vita privata. Come ti senti, Giacomo? Polverizzato dentro. Perché la precarietà fa questo: ti mina, ti sgretola dentro, non è solo questione di soldi anche se la mancanza ti crea ansia, preoccupazione e problemi concreti: io per far fronte ad alcune spese, ho dovuto chiedere un prestito. Non è normale che una persona con un lavoro si debba indebitare. Non puoi quasi neanche permetterti di innamorarti e avere una ragazza come gli altri giovani: che futuro ho davanti? Io vedo buio davanti a me...». Così si uccide il lavoro, così si uccidono le persone.
* Nome di fantasia Unia: “Negoziamo migliori condizioni”
Non è sorpreso Oswaldo Formato, il funzionario sindacale di Unia, da questa testimonianza che riconduce al malcostume ticinese. «La colpa di queste situazioni, dove i dipendenti pagano un caro prezzo, non è però unicamente imputabile ai datori di lavoro, ma una grossa responsabilità ce l’ha pure l’amministrazione pubblica, che assegna appalti a prezzi indegni. Se gli enti pubblici forzano i prezzi al ribasso e accettano offerte di 35/38 franchi all’ora, è già scontato in partenza che l’agenzia di sorveglianza non riuscirà a coprire i costi e per guadagnarci penalizzerà il personale con giochi come quelli denunciati dal dipendente Securitas» continua Formato, che segue il dossier degli agenti di sicurezza nella nostra regione. Argo 1 non è quindi bastato a sensibilizzare sulla tematica? «Argo 1 non è servito a niente, se un mese dopo lo scoppio dello scandalo, nel Locarnese è stato assegnato un appalto sottopagato. È evidente che se scegli un’agenzia che partecipa a una gara di appalto con prezzi stracciati, non potranno pagare il dipendente. Insomma, non si è capito che così si mette la gente alla fame». Formato, la situazione ticinese ha dunque una specificità sua, diversa dal resto della Svizzera? In nessun altro cantone vi sono 130 agenzie di sorveglianza (di cui 60 attive) per un totale di 1.200 dipendenti come qui. Questo dato pone una serie oggettiva di problemi anche di tipo sociale come denuncia il caso del giovane intervistato da area. Gli agenti di sicurezza che lavorano nella fascia da 900 a 1.800 ore non riescono neppure ad andare in disoccupazione, né possono richiedere l’assistenza. Per arginare il fenomeno, che va a pescare molti lavoratori nel bacino d’oltrefrontiera, con la modifica della Legge sulle attività private di investigazione e sorveglianza (Lapis) si è introdotto l’obbligo di formazione in modo da cercare di mettere un argine a queste assunzioni selvagge a giornata. I datori di lavoro si sono attrezzati: chiedono direttamente al potenziale dipendente di fare la formazione a sue spese, dopodiché sarà preso a ingaggio. Ora, se un residente in Italia, con 1.500 franchi se la cava, non funziona così per il residente in Svizzera. E il sindacato che cosa fa per migliorare la situazione? Stiamo lavorando tantissimo, è un tema che da sempre seguiamo da vicino e con attenzione e, proprio negli scorsi giorni il Comitato professionale sicurezza di Unia si è riunito a Berna per discutere la strategia per migliorare e perfezionare ancora di più il Ccl del ramo della sicurezza, che sarà rinegoziato a breve. Non anticipiamo le rivendicazioni che stiamo allestendo, ma ovviamente sono misure significative protese a migliorare le condizioni di lavoro del personale impiegato, che vogliamo più tutelato. Da parte nostra, consapevoli della situazione e della necessità di porre maggiori garanzie, siamo operativi e presenti su questo dossier, ma occorre che i lavoratori facciano la loro parte. Non puoi sempre delegare senza impegnarti. La categoria degli agenti di sicurezza partecipa poco perché muore di paura. Ho tentato di avvicinarli al centro asilanti di Camorino, a Chiasso, sul cantiere Alp-transit di Sigirino: non mi rivolgevano neppure la parola. Quello che però ogni agente di sicurezza può concretamente fare per migliorare le sue condizioni e quelle dei colleghi è rispondere al sondaggio anonimo che abbiamo lanciato sul sito di Unia. Chiediamo direttamente ai lavoratori di illustrarci quali sono i punti più problematici, che poi solleveremo e affronteremo in corso di negoziato: il contributo di ognuno è fondamentale
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