L’8 aprile 1937, l’Università di Losanna conferì il titolo di Dottore di ricerca honoris causa in scienze sociali a Benito Mussolini, che da giovane trascorse alcuni anni della sua vita in diverse parti della Svizzera. Una decisione che oggi appare scandalosa, ma che all’epoca fu giustificata attribuendo al dittatore il merito di aver “concepito e realizzato nella sua Patria un’organizzazione sociale […] che lascerà nella Storia una traccia profonda”. A distanza di quasi novant’anni, quell’atto infanga la memoria dell’ateneo svizzero. Ma ciò che molti ignorano è che in quella circostanza ci fu una voce chiara di dissenso all’interno dell’università: quella del professore di psicologia applicata Jean Wintsch – fondatore della scuola Ferrer, ispirata a valori libertari – che si oppose apertamente alla proposta. Oggi, un’iniziativa pubblica chiede che il suo gesto venga finalmente riconosciuto. Un atto di coraggio Nell’anniversario del conferimento del titolo a Mussolini e nell’anno in cui si festeggiano gli Ottanta anni dalla Liberazione dal Nazifascismo, l’ANPI Ginevra “Marcello Malentacchi” ha inviato una lettera al rettore e alla direzione dell’Università di Losanna. La richiesta è chiara: commemorare Jean Wintsch, unico docente ad avere avuto il coraggio di opporsi al conferimento del titolo al dittatore sanguinario. La lettera, sostenuta da 116 firmatari tra intellettuali, accademici, artisti e attivisti della società civile, chiede apertamente di dedicare uno spazio all’interno dell’università a questo intellettuale, come segno tangibile dell’impegno antifascista dell’università di oggi. Come si legge sempre nella lettera, l’obiettivo non è solo quello di affrontare il passato, ma anche di affermare i valori democratici e antifascisti in un presente dove tali valori sono sempre più spesso minacciati. La risposta dell’ateneo losannese non si è fatta attendere: “Il rettorato ha scelto di privilegiare altre forme di azione per mettere in guardia dalle derive ideologiche a cui sono esposte le persone, le istituzioni – compresa la nostra università – e la società”. Nicoletta Zappile, Presidente dell’ANPI Ginevra, afferma: «La risposta dell’università ci rammarica, ma non ci diamo per vinti. Raccoglieremo altre firme a sostegno della nostra richiesta. Ricordare e omaggiare Wintsch sarebbe un gesto in linea con le dichiarazioni del Rettore dell’università che ha affermato negli scorsi mesi che i valori dell’Università di Losanna sono agli antipodi rispetto a quelli del Fascismo». Zappile inoltre aggiunge: «L’ANPI resta poi convinta del fatto che il titolo a Mussolini vada revocato. Il conferimento del dottorato nel 1937 fu un atto politico, altrettanto politico sarebbe il gesto di revocarlo». Complicità con i regimi totalitari Il caso del dottorato a Mussolini non è unico in Europa. Molte università, nel corso degli anni Trenta, conferirono titoli onorifici a figure compromesse con i regimi totalitari. Tuttavia, negli ultimi anni, diverse istituzioni hanno intrapreso un percorso di revisione critica della propria storia, arrivando in alcuni casi a revocare tali onorificenze. Anche alcune città italiane – tra cui, emblematicamente, Salò, ex capitale della Repubblica Sociale Italiana, l’entità fantoccio manovrata dalla Germania nazista – hanno deciso di revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, pur in assenza di una normativa esplicita. A Losanna, invece, il dottorato a Mussolini non è mai stato formalmente revocato. Una lacuna che fa riflettere, soprattutto alla luce dell’impegno assunto dall’università nel riconoscere l’importanza della memoria storica. In questo contesto, la figura di Jean Wintsch emerge come simbolo di integrità e resistenza etica. Un esempio prezioso, soprattutto per le nuove generazioni di studenti, spesso poco informate sulle ambiguità e le complicità che hanno attraversato anche il mondo accademico europeo durante il fascismo. Nicoletta Zappile lo ribadisce: riconoscere pubblicamente il gesto di Wintsch «costituirebbe già un segnale significativo di memoria e responsabilità istituzionale». Il sostegno raccolto in poche ore – con più di cento adesioni – dimostra che questa battaglia simbolica tocca corde profonde nella coscienza collettiva. La campagna per la commemorazione di Jean Wintsch non si ferma qui, nemmeno dopo la risposta negativa del Rettore. È stata infatti lanciata una petizione pubblica, con l’obiettivo di estendere il coinvolgimento ai cittadini e alle realtà associative svizzere ed europee. In questi termini chiosa Zappile: «La memoria non è solo una questione di passato: è una responsabilità del presente. E ricordare chi ha avuto il coraggio di opporsi al Fascismo quando molti tacevano, significa difendere la libertà, l’autonomia del sapere e la dignità umana». |