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L’Italia che resiste può farcela

Genova torna a sinistra e le opposizioni si svegliano su Gaza. Dopo questi fatti incoraggianti, l’8 e 9 giugno si gioca la partita più importante per il futuro del paese: i referendum su lavoro e cittadinanza minacciati dall’astensionismo, dalla destra al potere e dai media di regime

Sarà arrivato il tempo dei miracoli? Due notizie di cronaca degli ultimi giorni spingerebbero a credere che se non di miracoli almeno di ragionevolezza si dovrebbe parlare. Finalmente Genova torna al centrosinistra, dopo due tornate elettorali che l’avevano consegnata alle destre e dopo la recente nuova sconfitta sul filo di lana delle forze progressiste alle elezioni regionali della Liguria. Il risultato è stato reso possibile dalla presentazione di una candidata unitaria (Silvia Salis, campionessa di lancio del martello) sostenuta da Pd, M5S, AVS e persino dai centristi. Tanto da far dire a Elly Schlein a voce alta e ad Antonio Conte senza entusiasmo che uniti di vince. A Ravenna e ad Assisi si conferma il centrosinistra mentre a Taranto e Matera, dove però le opposizioni si erano presentate divise, si va al ballottaggio. Genova fa respirare il centrosinistra che dimentica di analizzare un dato più che preoccupante: appena sopra il 50% la percentuale dei votanti, a conferma del fatto che la crisi della democrazia è tutt’altro che risolta, troppo profondo è il solco che divide i rappresentati dai rappresentanti, gli elettori dalla politica.

 

Fuori dal letargo dopo 54 mila morti a Gaza

Il secondo fatto incoraggiante è l’accordo finalmente trovato tra Pd, M5S e AVS in difesa dei palestinesi sterminati a decine di migliaia dai soldati di Netanyahu e contro la politica genocidaria del governo d’Israele. Una mozione unitaria, naturalmente bocciata in Parlamento dalle destre complici degli assassini, e una manifestazione nazionale a Roma il 7 giugno. Ci sono voluti 54 mila morti perché le opposizioni uscissero da un letargo imbarazzante, ma finalmente sembrano essersi svegliate e questo è positivo. Prende le distanze, o avanza distinguo, chi si nasconde dietro “il diritto di Israele a difendersi dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre”, cioè Renzi, Calenda e i militanti del Pd che aderiscono all’associazione “Sinistra per Israele”.

 

Due fatti incoraggianti, da Genova a Gaza, non fanno però un miracolo. Il miracolo sarebbe la vittoria ai 4 referendum sul lavoro e a quello sulla cittadinanza per i quali italiani e italiane sono chiamati a votare l’8 e il 9 giugno, 24 ore dopo la grande manifestazione per la Palestina. Per vincere è necessario che il 50% più 1 degli aventi diritto infili le cinque schede nelle urne, impresa difficile in un paese in cui a votare va ormai regolarmente meno della metà della popolazione e in cui chi non vuole abolire il jobs act, non vuole frenare la strage di lavoratori, non vuole accogliere i nuovi italiani che studiano lavorano e pagano le tasse nel nostro paese, invita gli elettori non a votare no bensì a disertare le urne e andare al mare. I nemici della partecipazione e della democrazia - dell’unica forma di democrazia diretta prevista dalla Costituzione - sono Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia guidati dalla seconda carica dello Stato: il presidente del senato Ignazio Benito La Russa.

 

Il terzo nemico da battere per fare il miracolo è la disinformazione di regime. Le destre che controllano i media tacciono sui referendum perché “la gente non deve sapere”, il dramma è che le destre controllano anche il primo mezzo di comunicazione che è la RAI, sotto la cui sede centrale si sono susseguite nei giorni scorsi manifestazioni di protesta. Guai a parlare del reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati e dell’equo risarcimento, guai a dire che va ridotta la precarietà, guai a dire che appalti e subappalti a pioggia senza la responsabilità delle aziende appaltanti moltiplicano le cause di infortuni e i morti sul lavoro. Guai a dire che basterebbero 5 e non 10 anni per poter chiedere la cittadinanza italiana.

 

Gli ultimi giorni di campagna

Eppure, qualcosa si sta muovendo grazie alla campagna a tappeto realizzata dalla CGIL che è la promotrice dei 4 referendum sul lavoro. E anche le forze d’opposizione, con i loro tempi, le loro modalità, e i loro obiettori (il Pd è ancora intasato dai nostalgici di Renzi, l’eroe del jobs act) si stanno impegnando in questi ultimi giorni di campagna referendaria. Gli ultimi sondaggi pubblicati danno la partecipazione sopra il 40%, un ultimo sforzo potrebbe essere decisivo. Basterebbe far capire a chi non va più a votare per rabbia o sfiducia che non si tratta di un voto di delega, non si tratta di eleggere un rappresentante: si vota per sé, per i propri diritti.

Domanda retorica: è concepibile che in Italia, per essere eletto deputato, o senatore, o sindaco, o presidente di regione non abbia importanza la percentuale di votanti mentre per rendere valido un referendum sia necessaria la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto?

FOTO: Collettiva CGIL

Pubblicato il

30.05.2025 14:07
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