L'Iran a fumetti

Com’era la Persia al tempo dello Scià Rezah Palevi sul finire degli anni ’70? E soprattutto quale fu l’impatto della rivoluzione del 1979 che portò alla caduta dello Scià e alla formazione del nuovo stato iraniano? A queste domande, che toccano un periodo apparentemente lontano nel tempo, ma molto vicino a noi per altri aspetti (di religioni, costumi, diritti, trasformazioni), provvede a rispondere Marjane Satrapi, l’autrice di “Persepolis”, opera a fumetti in 4 volumi. Nata nel 1969 a Rasht, sulle rive del Mar Caspio, in Iran, Marjane è un po’ azera, un po’ turcomanna, un po’ musulmana, un po’ zoroastriana. È cresciuta a Teheran, spostandosi poi a Vienna, quindi a Salisburgo e infine a Parigi, dove vive attualmente. Il suo diario di vita, narrato con testi di rara efficacia, stringati e diretti, si avvale di immagini molto naïf ma di estrema eleganza. È uno spaccato, quello che descrive, che aiuta meglio di tanti saggi a comprendere dall’interno un mondo e una cultura di cui noi occidentali sappiamo poco o nulla, troppo condizionati da notizie superficiali o manipolate ad arte. Questo fumetto ha ottenuto in Francia, dove è apparso in prima battuta, uno straordinario exploit di vendite conquistandosi nel contempo l’attenzione dei principali media. L’editrice Lizard di Roma, sulla scia dei successi d’oltralpe, lo ha proposto recentemente in edizione italiana. Quella di “Persepolis” è una storia narrata in prima persona da una bambina iraniana che si sforza di capire ciò che sta capitando al suo paese e alla sua famiglia negli anni che vedono la nascita dell’Iran e l’inizio del conflitto con l’Iraq. Gli avvenimenti sono scanditi attraverso quadri familiari di grande impatto emotivo, carichi di emozioni, stupori, illusioni e disillusioni che solo i bambini, nel passaggio all’adolescenza, sanno cogliere con l’incredibile acutezza della loro età. Figlia di genitori progressisti, la Satrapi rievoca ricordi che affondano nelle radici di famiglia, con un nonno principe che cambia nome e diventa comunista, uno zio perseguitato dallo Scià e ucciso dagli integralisti. La parte migliore è forse quella che riguarda il periodo adolescenziale di Marjane, una giovane ribelle che vive gli stridenti contrasti di un paese che si dibatte tra lo “chador” e le Nike, gli eccessi religiosi e le cassette di Kim Wilde e dei Camel. Un fumetto godibilissimo e particolare, questo, che riesce a mescolare testimonianze dirette della storia contemporanea dell’Iran con l’ironia dissacrante usata dall’autrice nel descrivere certi drammi sconosciuti vissuti dalla gente comune. Ho avuto modo d’incontrare Marjane Satrapi in occasione di una sua partecipazione ad un convegno avvenuto negli scorsi mesi a Roma. Mi ha colpito una sua riflessione che si riferiva ad una mia domanda posta sull’esigenza del raccontare in immagini una storia, per certi versi, così cruda e reale. «Dopo aver lasciato l’Iran», mi dice, «ed essere giunta in Occidente, mi sono ben presto resa conto di quanto le relazioni tra i popoli siano segnate da luoghi comuni. Si tende ad una visione più “caricaturale” che non ad una più corrispondente alla re-altà. Così ho sentito l’esigenza di narrare il mio Paese, ciò che ho visto, ciò che ho vissuto. Ho voluto conservare la memoria del mio popolo e fornire un mio piccolo contributo alla lotta contro il razzismo, un fenomeno che nasce dalla non conoscenza dell’altro, dai pregiudizi insiti nella gente, come ho potuto constatare vivendo in Europa». E a un’altra mia domanda sul perché avesse scelto come genere il fumetto, aggiunge: «Adoro disegnare e mi piace scrivere; da qui la scelta di narrare per immagini. Non ho la presunzione di fare storia politica, anzi, sono convinta che ogni storia sia segnata dalla soggettività di chi scrive». Se i primi due volumi usciti fino a oggi sia in Francia sia in Italia hanno narrato le realtà iraniane viste dalla protagonista, i successivi si soffermano invece sulle sue esperienze europee. Il terzo, del quale ho potuto visionare in anteprima i contenuti, si sofferma sul doloroso distacco dalla sua terra per arrivare a Vienna. A 13 anni Marjane si trova sola in un mondo del tutto nuovo e del quale non conosce nemmeno la lingua. I genitori, preoccupati per il suo carattere indipendente e “progressista”, sono riusciti a farla espatriare. A Vienna può quindi continuare gli studi, anche se isolata da un’emarginazione sociale che la sua innata sensibilità rende ancora più drammatica. Ma anche in questa circostanza ella sa vedere e giudicare con i propri occhi, senza costrizioni di sorta. Il quarto volume, ora in fase di progettazione, riguarda il suo trasferimento a Salisburgo e a Parigi, toccando temi come quelli dell’integrazione nonché dello scontro di culture e religioni diverse. Le porte di una nuova vita che le si schiudono davanti non le impediranno di ricorrere ai ricordi dei suoi cari, del suo paese, degli amici perduti. E non sempre, nei confronti ineluttabili che ne seguiranno, sarà l’Iran ad uscirne mortificato.

Pubblicato il

23.05.2003 06:00
Antonio Carboni