Non ci si aspettava davvero una partecipazione così alta e sentita. Eppure, oltre 1.200 persone, durante il caldo pomeriggio di lunedì 25 settembre, hanno deciso di recarsi a Berna per celebrare e difendere uno dei capisaldi della sicurezza sociale elvetica. Si tratta ovviamente dell’Avs, il primo pilastro, il più equo, il più sociale, che restituisce di più rispetto ai contributi versati nel corso della vita a oltre il 90% della popolazione pensionata. Una logica del tutto diversa da quella del secondo pilastro, la previdenza professionale, che restituisce soltanto in rapporto ai contributi versati e penalizza fortemente i redditi bassi e chi lavora a tempo parziale. Il primo pilastro è quindi quello che meno discrimina, che non penalizza le donne, spesso impegnate nei settori a basso salario e a tempo parziale. Il primo pilastro svizzero, che i sindacati intendono implementare con l’iniziativa per l’introduzione di una tredicesima Avs, in votazione nel 2024, riconosce addirittura il lavoro educativo e assistenziale ai fini del calcolo pensionistico. Un elemento fondamentale per le donne o per quegli uomini, ancora pochi, che dedicano molta parte del loro tempo alla cura e all’educazione dei figli. Ci è voluto lo sciopero del ‘18 Sono molti i leader sindacali e i militanti che si sono succeduti sul palco della Waisenhausplatz. Tra di essi c’era Vasco Pedrina, a capo per anni del Sindacato edilizia e industria (Sei), confluito poi in Unia, di cui è stato co-presidente. È stato lui, ormai pensionato, a menzionare i grandi scioperi che hanno reso possibile l’introduzione dell’Avs e il miglioramento del sistema pensionistico per alcune categorie professionali: «C’è voluto lo sciopero generale del 1918 per dare la spinta decisiva al movimento popolare in favore dell’Avs, come c’è voluto uno sciopero nazionale nel 2002 per far passare il prepensionamento a 60 anni nel settore edile». Ed è stato sempre lui a ricordare, di fronte a una platea che non si è mai tirata indietro in materia di battaglie sindacali, l’importanza delle mobilitazioni per difendere salari e pensioni: «Visto che l’appetito di smantellamento del padronato e delle destre non sembra conoscere limiti, è ora che salariati e pensionati riscoprano quanto è andato dimenticato, dopo decenni di pace sociale, e quanto ci illustra la nostra storia: solo la lotta e la mobilitazione tenaci sui posti di lavoro e nelle piazze, non solo referendum e iniziative popolari, possono bloccarli. Che l’azione di oggi, in occasione del 75° anniversario dell’Avs, come la nostra grande manifestazione del 16 settembre scorso, rappresentino solo l’inizio di un rilancio della combattività della classe lavoratrice per fare avanzare le nostre cause in materia di Avs e di tutta la sicurezza sociale».
Un modello di socialità Anche Vania Alleva, presidente Unia, è salita sul palco della piazza e ha attaccato la narrazione delle destre che raccontano di un primo pilastro perennemente in crisi. Inoltre, ha ribadito a tutte e a tutti l’importanza dell’Avs per le donne: «L’Avs è finanziariamente stabile, tra il 1975 e il 2020 non c’è stato alcun aumento dei contributi salariali, nonostante il numero di pensionati sia più che raddoppiato. Tutti devono pagare, anche i milionari, e la pensione ha un tetto massimo. Ciò significa che l’Avs si basa sulla solidarietà ed è centrale per le persone con redditi medio-bassi. Purtroppo, la questione pensionistica nel suo complesso sta andando indietro invece che avanti. In media, le donne ricevono una rendita inferiore di un terzo rispetto agli uomini, e questo non è dovuto all’Avs, ma al secondo pilastro». Secondo pilastro che, dopo la controriforma Avs 21, che ha aumentato l’età pensionabile delle donne, i partiti borghesi avevano promesso di rendere più solidale. Promessa non mantenuta, come ha ricordato Alleva: «Invece di un miglioramento delle rendite, la maggioranza delle donne – e ora anche degli uomini – sono minacciati dal contrario: la riforma del secondo pilastro approvata dal Parlamento significa una drastica riduzione delle rendite. Ancora una volta, si tratta di un taglio delle pensioni, soprattutto a carico delle lavoratrici e dei lavoratori con redditi bassi e normali. Noi sindacati abbiamo lanciato con successo un referendum contro questa nuova proposta di taglio delle pensioni. Ma c’è ancora molto da fare. Le lobby delle assicurazioni e delle banche spenderanno molti soldi per combattere il nostro referendum. Difenderanno i loro grassi profitti con tutti i mezzi». |