L'America vede rosso. Il debito degli Usa sale alle stelle

Non è un caso se il dollaro continua a perdere valore. Certo i tassi d’interesse sono ad un livello bassissimo, ma ci sono anche altre cause che preoccupano gli analisti economici. Per esempio la ripresa è tutt’altro che solida. Non tutti gli indicatori segnano bel tempo. Inoltre lo stato è più indebitato che mai e solo con trucchi contabili è ormai in grado di pagare gli interessi. Figurarsi se si parla di rimborsare il debito pubblico. E pensare che quando Clinton due anni fa se ne andò da Washington, le casse dello stato erano in attivo e si pensava di azzerare il debito pubblico nel giro di pochi anni. Invece le cose stanno andando esattamente nel modo opposto. Le cause sono tante. La prima è stata sicuramente la decisione del presidente di tagliare le tasse. Quando arrivò alla Casa Bianca l’economia tirava, le entrate fiscali erano abbondanti e tutto sembrava andare per il meglio. Certo c’era chi prevedeva cieli scuri, recessione e minori introiti fiscali. Il presidente aveva preferito non ascoltare questi oracoli e tagliare le tasse. Le cose però sono cambiate in fretta. C’è stata la recessione. Gli introiti fiscali hanno cominciato a diminuire più del previsto. Come se non bastasse è arrivato il terribile 11 di settembre con morti, distruzione, ma anche tante spese da affrontare. Negli ultimi mesi, Bush ha dovuto aprire la borsa per aiutare le compagnie aeree a superare la crisi e per nazionalizzare il personale addetto ai controlli negli aeroporti. Ha aumentato le spese militari e quelle destinate a migliorare la malandata sicurezza nazionale. Alcune settimane fa ha anche deciso di sovvenzionare l’agricoltura: nei prossimi 10 anni Washington verserà, soprattutto alle grandi aziende agricole, 190 miliardi di dollari. All’inizio dell’anno, davanti alla valanga di nuovi costi e alla riduzione delle entrate gli analisti hanno ipotizzato un deficit per il 2002 di circa 100 miliardi di dollari. Ormai è chiaro che il deficit americano sarà molto più alto: potrebbe spingersi a 130-140 miliardi di dollari. Il ministro del tesoro, Paul O’Neill, ormai ha davanti a sé solo fatture da pagare e limiti da rispettare. Da tempo nel suo ufficio si è accesa una spia rossa. I debiti dello stato stanno toccando il tetto massimo di 5950 miliardi di dollari consentito per legge. Già alla fine dell’anno scorso, il ministro del tesoro aveva cominciato a «corteggiare» il Congresso, invitandolo a aumentare il tetto massimo d’indebitamento di 750 miliardi portandolo così a 6700 miliardi di dollari. I democratici, che hanno la maggioranza al senato, sono rimasti piuttosto indifferenti davanti alle richieste del ministro del tesoro. Stanno guadagnando tempo. Non hanno mai interamente digerito la riduzione fiscale di 1,35 miliardi di dollari decisa dal presidente per i prossimi 10 anni. Alcuni parlamentari, come il senatore Joseph Lieberman, adesso vedrebbero di buon occhio il congelamento di una parte delle riduzioni fiscali. «Non si tratta di aumentare le tasse, ma di lasciare le cose come stanno», ha precisato il senatore cercando di prevenire le inevitabili critiche repubblicane. Col passare dei mesi la situazione si fa sempre più difficile per il ministro del tesoro. In una lettera inviata in aprile al parlamento, aveva fatto sapere che per far fronte alla mancanza di liquidità aveva deciso di attingere momentaneamente ai fondi dalla cassa pensione dei dipendenti pubblici. Si trattava di un prestito senza interessi da rimborsare appena possibile, vale a dire appena arrivavano gli introiti fiscali. Nel frattempo la situazione non ha fatto che aggravarsi e ormai il ministro del tesoro sa bene che il 28 di giugno non sarà più in grado di far fronte alle situazioni d’emergenza neanche con l’aiuto di trucchi e trucchetti di bilancio. È praticamente sicuro che alla fine, come avevano fatto a suo tempo i repubblicani con Clinton, il parlamento darà al ministro del tesoro quello che ha chiesto. Questa esperienza ha comunque dimostrato con quanta rapidità possa cambiare la situazione finanziaria dell’amministrazione pubblica. Il taglio delle imposte non è l’unica causa, ma sicuramente ha contribuito a creare questa situazione. Le riduzioni in programma per i prossimi anni non aiuteranno a migliorare la salute delle casse dello stato. L’indebitamento americano sembra quindi piuttosto destinato a salire ancora di più.

Pubblicato il

24.05.2002 03:30
Anna Luisa Ferro Mäder