È notizia recente la domanda di un permesso di soggiorno presentata dall’oligarca russo Mikhail Khodorkovski. Spesso definito dai media come “prigioniero politico”, quest’affermazione è però in contraddizione con la decisione della Corte europea dei diritti umani del 2011. Quest’ultima ha infatti considerato che, nonostante alcune violazioni delle garanzie di procedura nel processo, «il fatto che gli oppositori politici o i concorrenti economici possano trarre vantaggio dalla detenzione [di Khodorkovski] non può certo impedire alle autorità di perseguire una simile personalità in presenza di gravi accuse. In altre parole, il suo status politico non gli garantisce l’immunità, tanto più che la Corte è convinta che le accuse si basino su sospetti sufficienti».

 

Insomma, i dieci anni di prigione per frode, evasione fiscale e appropriazione indebita non erano la conseguenza della volontà di Putin di emarginare un oppositore politico ma bensì la pena legittima secondo il diritto russo per punire dei gravi delitti economici che hanno sottratto alla collettività somme milionarie. La condanna dell’oligarca stupisce ancor meno chi conosce l’origine del suo patrimonio. Come lo ricorda Loretta Napoleoni nel suo libro Economia canaglia (Brossura 2008), Khodorkovski ha infatti iniziato ad arricchirsi nel 1987, approfittando delle politiche di liberalizzazione e del suo ruolo privilegiato di presidente dell’Unione della Gioventù Comunista dell’Università di Mosca: ha infatti trasformato un centro universitario di ricerca in un’organizzazione a scopo di lucro attiva nel mercato delle valute e nella programmazione di concorsi di bellezza a pagamento. Questi ultimi avevano un particolare successo, essendo considerati dalla mafia locale come mercati di carne fresca per arruolare giovani ragazze da vendere come prostitute ai bordelli di Israele, Dubai o dell’Europa occidentale. Gli importanti benefici derivati da questi concorsi, tanto legali quanto immorali, permisero all’oligarca di accumulare parte del capitale necessario per ricomprare a prezzi stracciati delle aziende di Stato, diventando così l’uomo più ricco in un paese che che il saccheggio liberale aveva reso sempre più povero.


Alla luce di queste informazioni e della volontà dell’elettorato svizzero che chiede a gran voce una politica sempre più restrittiva in materia d’immigrazione, in particolare per quanto riguarda cittadini con gravi precedenti penali, quale sarà la risposta delle nostre autorità amministrative alla domanda dell’oligarca? Una risposta negativa sarebbe coerente quanto inaspettata. La concessione di un permesso di soggiorno permetterebbe invece di rivelare come al nostro governo e agli oligarchi nazionali che lo sostengono, più che gli stranieri e i delinquenti danno in realtà fastidio i poveri. La barca è piena dicono, ma poi in prima classe un posto lo trovano sempre.

Pubblicato il 

26.03.14

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