Invalidità, famiglie a rischio

L'argomento sembra tecnico, ma non lo è. L'Ufficio federale delle assicurazioni sociali lo scrive a chiare lettere: se passa la 5a revisione dell'Assicurazione invalidità (Ai) in votazione il prossimo 17 giugno saranno 80 mila le rendite completive che verranno soppresse (nella colonna a fianco c'è una panoramica degli altri tagli). 80 mila rendite che corrispondono ad 80 mila famiglie che riceveranno in media 400 franchi in meno al mese perché non verrà più versato il contributo per il coniuge dell'invalido. Un'eventualità che molte famiglie guardano con preoccupazione, come quella di Gabriele Ghirlanda. Così mentre la moglie si è rimboccata le maniche per trovare un lavoro a metà tempo – che non trova – il marito si chiede dove altro poter tagliare per stare a galla. 


Quando entriamo in casa Gabriele Ghirlanda aspetta sull'uscio per farci strada. Sale molto velocemente le scale, conosce bene gli spazi. Ci racconta che un attimo prima stava ascoltando il computer. Vuole ribattere ad un commento sulla 5a revisione dell'Assicurazione invalidità pubblicato su un sito internet ticinese. Proprio non gli vanno giù i commenti superficiali sulla nuova legge in votazione il prossimo 17 giugno e soprattutto non ci sta alle facili illazioni su chi con la propria invalidità deve convivere. Come lui. Ha le idee molto in chiaro su cosa voglia dire passare l'iter burocratico che porta ad una rendita e su come è cambiato l'ambiente in questi ultimi tempi. Ora con il testo in votazione rischia di perdere la rendita completiva per la moglie: vuol dire meno 534 franchi al mese nel bilancio famigliare. La malattia di Gabriele si è manifestata quando aveva solo 22 anni ed era agli inizi della sua carriera di radiotecnico.
Lui da allora di famose "reintegrazioni" ne ha fatte ben due, le ha volute fortemente, lui. Ha dovuto lottare, anche contro l'Assicurazione invalidità, per poter riprendere a metà tempo la sua professione. Ma poi al mondo del lavoro ha dovuto rinunciare completamente, «sono insorti nuovi problemi di salute».
Gabriele Ghirlanda ha una stretta di mano molto forte, di quelle che non si dimenticano. A 22 anni i medici proprio non capivano che cosa avesse agli occhi. Facevano fatica a credergli: diceva insistentemente di non vedere più bene. Anche sul posto di lavoro si faticava a dargli corda quando parlava della sua vista. Poi è arrivata la diagnosi: malattia degenerativa degli occhi.
«Una volta i rapporti con le autorità erano diversi – racconta tutto d'un fiato –. Prima di compilare i formulari c'era chi aveva l'accortezza di chiedere come stavo. Sono cose che facevano piacere. Avevo la sensazione che dall'altra parte ci fosse una persona. Ora nella nostra società si vuole dare il via ad una nuova caccia alle streghe. Siamo noi invalidi i nuovi capri espiatori».
Eliana, la moglie di Gabriele, che era stata in ascolto fino ad allora interviene risentita: «Vada a Cornaredo. Faccia un giretto."Stop agli abusi", "Stop agli abusi". Lo vedrà in continuazione. È quello che c'è scritto sui cartelloni. Ma mi facciano il piacere. Non si può fare una campagna denigratoria di questo tipo. Volevo scrivere una lettera ai giornali, ma… ». Ma il marito le ha detto di non farsi venire il sangue avvelenato anche lei: «a cosa vuoi che serva, arrivati a questo punto?». Gabriele Ghirlanda ha tre figli: la figli maggiore di 17 anni che una volta terminato il liceo vorrebbe frequentare l'università, un ragazzo di 14 anni e un altro di 6 che sta giocando sulla strada di paese con i suoi amici. «È un periodo di formazione per i nostri figli. E sono costi che non possiamo sottovalutare. Se verrà tolta la rendita completiva per mia moglie dovremo stringere ancora di più la cinghia. Solo che non ci è rimasto molto da stringere questa volta». Proviamo a tornare sul discorso degli abusi, qualche caso c'è, tutti ne parlano. Molti hanno in mente quel vicino che passa la giornata a lavorare in giardino, o quell'altro che si beve il bianco al bar e si permette di discutere animatamente… Ma è un tasto che in casa Ghirlanda provoca scintille.
«Ci viene detto che ci sono stati abusi, troppi abusi. Siamo tutti finti invalidi. Ma dove sono questi finti invalidi? Quanti sono? Si tratta di una parte irrisoria di persone che sono riuscite a beffare le autorità (lo stesso Ufficio federale delle assicurazioni sociali ammette che l'abuso è un problema secondario, ndr). Perché in 30 anni non si è riuscito a combattere questi abusi? Perché in realtà non esistono nella misura in cui vogliono farci credere. In ogni caso è colpa delle autorità se non sono state in grado di scoprire questi casi. Faceva comodo alle imprese buttare fuori la gente in invalidità, e l'Ai è stata complice. Ora che i conti non quadrano ci rimette di nuovo la gente».
D'accordo, ma allora perché non credere nella reintegrazione? Lo slogan dei fautori della 5a revisione dice: "Lavoro al posto di rendite". Semplice ed efficace, no? «Guardi io ho lottato per poter lavorare nonostante la mia malattia. Alla fine sono riuscito a trovare un accordo con l'ospedale dove lavoravo per essere ripreso al 50 per cento. Ma si tratta del settore pubblico. Il reinserimento professionale ha senso per chi ha 20 anni. Ma faccio davvero fatica a credere che le imprese offriranno lavoro ad un disabile di 40 anni». Interviene nuovamente la moglie: «sto cercando un lavoro a metà tempo, abbiamo paura di non farcela se ci toglieranno la rendita. Non trovo nulla, per ora solo porte chiuse. È difficile per me che non sono invalida, si figuri per chi ha un andicap». Esce contrariata dalla stanza. Il marito ci confida che ha paura che in futuro dovrà essere lui ad accompagnare il bambino più piccolo a scuola: «ce la farò, ma se mi scappa io non posso vedere dove è andato». Gabriele Ghirlanda non si fa abbagliare dalle parole dei fautori di questa revisione. «Non esiste nessun chiaro obbligo per le imprese. Un'impresa li butta fuori e l'altra dovrebbe riprenderseli, ma chi ci crede?». Ci racconta della Svezia dove le autorità impongono alle imprese di riprendere il proprio dipendente che ha avuto la sorte di finire invalido. Ma anche altri paesi come Francia, Germania e Italia hanno deciso di obbligare le imprese ad avere una quota di invalidi (si veda l'editoriale in prima pagina). In Svizzera invece il Parlamento a maggioranza borghese ha deciso di affidarsi alla buona volontà dell'economia e a programmi di "reinserimento professionale" ancora da definire. Fra questi settimana scorsa è stato annunciato il "Job Passerelle", un progetto in cui collaboreranno datori di lavoro, alcune organizzazione d'aiuto agli andicappati e l'Ai. Ad una condizione però: solo se passerà la 5a revisione. Ma come? Volete farla sì o no questa reintegrazione?
Quando stiamo per uscire chiediamo a Gabriele Ghirlanda se è per colpa della vista che ha dovuto smettere del tutto di lavorare. «No, ho cominciato a soffrire di epilessia. Era difficile per i miei colleghi starmi vicino. Sentivo che avevano paura. Si chiedevano quando avrei avuto la prossima crisi». In strada il bambino più piccolo sta giocando con un camioncino. Quando passiamo ci dice: «Signore, ti è piaciuto il mio papà?».

Pubblicato il

25.05.2007 02:00
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