L’immagine della guerrigliera curda con il fucile in spalla è diventata un’icona anche in occidente. Alla loro determinazione è stata attribuita la sconfitta dei terroristi dell’Isis, cacciati da Kobane lo scorso gennaio, dopo 116 giorni di assedio. La comandante Nessrin Abdalla sfugge alle lusinghe, nelle ultime ore i terroristi sono rientrati a Kobane con l’aiuto della Turchia e hanno fatto nuove decine di vittime, soprattutto tra i civili. «Ma noi resisteremo e li cacceremo anche questa volta», afferma la comandante. E infatti i terroristi sono stati cacciati, dopo due giorni di scontri. Kobane è libera e la resistenza continua. Nessrin rifiuta la definizione militare: «Noi siamo militanti, partigiane della rivoluzione insieme al nostro popolo». Il suo sguardo è deciso e dolce nello stesso tempo e sostiene che per la resistenza curda è determinante avere un’Unità di difesa popolare (Ypj) fatta di sole donne, perché «la rivoluzione è delle donne». E spiega perché. «Il mondo è passato da un sistema matriarcale a quello patriarcale e le donne hanno perso la loro identità. Il patriarcato ha oppresso le donne che pur lottando non sono riuscite a conquistare uno spazio nella società. Eppure le donne hanno sempre aspirato alla loro libertà e ai loro diritti, con la nostra lotta stiamo realizzando questo sogno. Sono le lotte dei decenni precedenti, sull’esempio del Pkk, che hanno portato alla formazione dell’Ypj. Alla lotta partecipano tutte le donne: dai 7 ai 70 anni, questo ha favorito la nostra presenza in tutti i settori, anche quello militare. La nostra forza deriva dal fatto che stiamo costruendo una nuova società democratica basata sulla convivenza pacifica tra le diverse etnie, culture, confessioni in uno stato laico, che ha una visione dello sviluppo basato sulla compatibilità con l’ambiente e rispetta la parità tra uomo e donna».
Le combattenti hanno spaventato i terroristi dell’Isis che si accaniscono soprattutto contro le donne… La presenza delle donne tra i combattenti ha provocato un crollo nelle convinzioni e forse persino nella fede dell’Isis. Loro hanno sempre combattuto contro eserciti di uomini e hanno anche vinto, ma trovarsi di fronte delle donne ha provocato uno shock. Hanno subito decretato che se un combattente viene ucciso da una donna non può andare in paradiso, il suo corpo non viene sepolto ma bruciato. Inoltre se una guerrigliera viene uccisa le tagliano la testa e la mostrano come trofeo. Questo gesto però è una sconfitta ideologica dell’Isis, non colpisce noi, anzi provoca un’attrazione di donne che vengono a combattere con l’Ypj, non solo arabe, assire, turche ma anche europee.
Voi date indicazioni alla coalizione occidentale sugli obiettivi dell’Isis da colpire: pensate che con questa alleanza riuscirete a sconfiggere i terroristi? Noi combattiamo per la democrazia, la nostra porta è aperta anche alla coalizione se ci vuole aiutare. Finora ci hanno aiutato con i bombardamenti, anche pesanti. Sappiamo bene che i bombardamenti della coalizione non sono fatti per noi ma per colpire un nemico comune. Tuttavia occorre andare oltre: il Rojava (tre cantoni, di cui i curdi chiedono l’autonomia all’interno della Siria, ndr.) ha bisogno di un riconoscimento internazionale, vedremo se la coalizione sarà disposta a un aiuto anche diplomatico e politico. Il primo impegno potrebbe essere una pressione sulla Turchia perché cessi il sostegno all’Isis e apra le frontiere agli aiuti per ricostruire Kobane… Se la coalizione volesse potrebbe creare corridoi umanitari, occorre aprire le frontiere per scopi umanitari ma anche commerciali. Il successo dell’Hdp (Partito democratico del popolo, di ispirazione curda) nelle recenti elezioni turche potrà favorire un cambiamento della politica di Ankara? Sicuramente quando un partito curdo è forte è un vantaggio per tutti i curdi, l’Hdp è il nostro rappresentante in Turchia. Importante è anche che abbiano portato molte donne in parlamento (31 su 78 deputati eletti). Questo è un bel messaggio.
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