Interinali sotto vigilanza

«Dopo cinquant'anni di pace del lavoro, la situazione venutasi a creare con i bilaterali è una occasione unica per i sindacati ». Parola di Sandro Lombardi, direttore dell'Associazione industrie ticinesi (Aiti). Questo il suo commento al termine della conferenza stampa indetta dal Forum industriale ticinese, composta dall'Aiti e i sindacati Unia e Ocst, durante la quale è stato presentato il Gentlemen Agreement (Accordo fra gentiluomini) fra l'Aiti e i sindacati Unia e Ocst. Un accordo in cui le parti «s'impegnano a esprimere periodiche e ripetute raccomandazioni ai propri affiliati in modo che le imprese industriali che fanno capo alle agenzie interinali veglino affinché i salari del personale interinale siano congrui a quelli dei lavoratori a tempo indeterminato». Detto in altri termini, padronato industriale e sindacati hanno preso atto del fenomeno del lavoro interinale e hanno deciso d'intervenire invitando i propri affiliati a vigilare sui rischi di dumping salariale.

Parole quelle di Lombardi che possono essere interpretate come una provocazione o un incitamento all'indirizzo dei sindacati, ma che hanno  un fondamento di verità. I bilaterali hanno accentuato e reso maggiormente visibile una trasformazione del mercato del lavoro in atto già da diverso tempo.
La ricerca di Christian Marazzi e Angelica Lepori ("L'impresa della flessibilità", 2005 Supsi) e le cifre fornite dall'Ufficio federale di statistica dimostrano che il lavoro atipico è in costante crescita da molti anni. Tra lavoratori e lavoratrici è crescente il sentimento che la precarietà e il dumping salariale siano il risultato degli accordi bilaterali. Se questa percezione non è propriamente corretta, i diversi attori del mondo del lavoro riconoscono che i bilaterali hanno perlomeno accentuato i rischi di dumping salariale. E tramite le statistiche effettuate dai controlli della Commissione tripartita, il fenomeno è diventato più evidente.
Con l'introduzione della seconda fase degli accordi bilaterali, le agenzie interinali, grazie alla possibilità di collocare degli interinali frontalieri, hanno ora a disposizione un bacino di mano d'opera molto vasto. Inoltre, se in precedenza il rilascio del permesso di lavoro era subordinato ad una autorizzazione dell'Ufficio manodopera estera che verificava la correttezza del salario contrattuale, ora questo controllo è venuto meno, in quanto l'ufficio si limita a prendere atto del salario concordato.
I dati sulle nuove entrate di frontalieri tramite le agenzie di collocamento parlano chiaro. Nei primi sette mesi del 2006 è già stata superata la cifra di nuove entrate dell'intero 2005. Sono infatti 766 i frontalieri collocati dalle agenzie interinali fino a luglio 2006, a fronte dei 672 di tutto il 2005. La metà di questi lavoratori è stata collocata nel settore industriale. Ma ciò che preoccupa maggiormente il Forum industriale ticinese sono le paghe che vengono corrisposte ai lavoratori interinali in un settore sensibile e debolmente protetto da contratti collettivi come quello industriale. Nel settore infatti non esiste un contratto collettivo unico, ma solo, quando ci sono, dei contratti aziendali oppure un contratto collettivo limitato a un certo tipo di produzione.
Nel mese di luglio di quest'anno, il 28,5 per cento dei 153 lavoratori frontalieri assunti tramite agenzie interinali aveva un salario orario lordo inferiore ai 14 franchi, che corrisponde a circa 2500 lordi mensili. Il 54 per cento percepiva una paga oraria compresa tra i 14 e i 18 franchi, per un totale di circa 3250 franchi mensili. Solo il restante 17,5 per cento aveva un salario superiore ai 18 franchi lordi. Da rilevare che questi ultimi sono operai impiegati in settori quali edilizia e affini dove esistono dei contratti collettivi che fissano i salari minimi ai quali anche le agenzie di collocamento sono obbligate ad attenersi.
La stessa Aiti ha annunciato di non volere più ostacolare, come invece faceva in passato, l'adozione spontanea di Contratti collettivi di lavoro aziendali. Un cambiamento di rotta dell'Aiti, perlomeno nelle intenzioni, importante. I Ccl possono infatti rappresentare una efficace barriera al dumping salariale, in quanto fissano i salari minimi aziendali o di settore, che le stesse agenzie interinali sono obbligate a rispettare.
Il Forum industriale ticinese precisa che ad aggravare la situazione vi è anche la feroce concorrenza in atto tra le stesse agenzie interinali. Concorrenza che si traduce nella ricerca esasperata da parte delle suddette agenzie di un numero sempre maggiore di persone da inserire sul mercato del lavoro ticinese, possibilmente a basso costo e ben qualificate, attingendo dall'enorme bacino di manodopera che è la vicina Italia.
Occorre poi tener presente che le cifre illustrate sopra riguardano solo i lavoratori interinali frontalieri, ma non i lavoratori interinali che risiedono in Ticino, siano essi svizzeri o con il permesso di domicilio.
Per questi ultimi non esiste nessuna statistica che li censisca. Cosi non è possibile sapere con precisione quanti siano i lavoratori interinali complessivi impiegati nelle industrie ticinesi, siano essi frontalieri, svizzeri o domiciliati. Se è pur vero quanto dice Paolo Fioravanti, presidente dell'Aiti, quando rileva che «il numero di 500 frontalieri assunti tramite agenzie interinali nell'industria ticinese è ben poca cosa rispetto ai 20 mila lavoratori impiegati nel settore», egli  dimentica che mancano i dati complessivi su quanti siano in totale i  lavoratori interinali tra svizzeri, domiciliati e frontalieri attivi nelle industrie ticinesi.
Saverio Lurati, segretario regionale Unia Ticino e Moesa, osserva che «se fossero davvero pochi, motivo in più per regolamentare in modo decente la loro situazione».
L'accordo fra gentiluomini tra industriali ticinesi e sindacati vuole quindi sensibilizzare le aziende del settore nel vigilare su quanto l'operaio riceva dalle agenzie interinali. Qualora ci si accorga che questo accordo non darà i risultati sperati, le parti non escludono che si possa passare ad altre misure. Un bilancio verrà stilato fra sei mesi. La problematica del lavoro interinale è stata quindi riconosciuta dalle parti. Ora si tratta di affrontarla.

Pubblicato il

29.09.2006 03:30
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