Una lista di battaglia è stata definita quella presentata dal Partito socialista. Una lista con cinque validi candidati nella quale spiccano le due donne: l’uscente consigliera di Stato Patrizia Pesenti e la presidente cantonale Anna Biscossa. Si tratta sì di una lista di battaglia – tuttavia non di una battaglia tra i cinque candidati e ancor meno tra la consigliera di Stato e la presidente, ma di una battaglia per una più forte rappresentanza della sinistra in governo e in parlamento. Le due donne, insieme, dovrebbero raccogliere un più ampio ventaglio di elettrici ed elettori ticinesi, sostenute in questo sforzo dagli altri tre candidati che possono attirare voti da diverse cerchie dell’elettorato. Battersi insieme è la chiave per il successo. Questa impostazione non è molto sperimentata nella sinistra in generale e neanche nella sinistra ticinese. Al contrario, in quest’area politica c’è una lunga tradizione di distinzione-separazione, e si può quasi affermare: più piccolo è il gruppo di seguaci di una certa tendenza socialista, più quel gruppo è rigido nella delimitazione e differenziazione da altri socialisti e socialiste. In questo contesto mi vengono in mente gli abitanti del mio alpe prediletto nell’Oberland bernese, dove in tre capanne vivono in estate tre simpatiche famiglie di alpigiani, tutte aderenti a diverse chiese protestanti, ma ognuna convinta di possedere l’unica vera fede cristiana. In democrazia contano i voti, quindi non si va lontano se ci si batte ciecamente per il proprio ideale di socialismo, escludendo buona parte dei compagni e delle compagne. Certo è fondamentale avere degli ideali e tenere fede a dei principi, ma non in forma assoluta: la politica, quella socialista o quella borghese, va valutata dal risultato che produce. A volte c’è da disperarsi nel vedere come tante persone di sinistra, nell’intento di seguire la giusta strada, non solo si distanziano a vicenda, ma si combattono in una lotta improduttiva e paralizzante. Questa mania della differenziazione si manifesta con forza pure nell’attuale campagna elettorale. Guardo dunque con un po’ d’invidia ai liberali e ai pipidini, che proprio in Ticino rappresentano uno spettro politico larghissimo, ma riescono comunque meglio a convivere con le loro diverse correnti interne – soprattutto in periodi elettorali, quando verso l’esterno si dimostrano particolarmente compatti. Perché non imparare dai concorrenti? Una sinistra più ampia, senza l’ossessione di frantumarsi in tanti gruppi, una sinistra certo con diverse correnti, l’una complementare all’altra, una sinistra che discute con vigore favorendo la competizione tra idee e le migliori proposte – una tale sinistra potrebbe cogliere molti successi in larghi strati della popolazione. Una tale sinistra – così mi sembra – deve ancora crescere.

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24.01.03

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