Questi pensieri mi sono venuti un giorno di agosto dalle parti di Tschamut.
Scendevamo a piedi, in compagnia, dall’Oberalp, avvolti da una nebbiolina che velava leggermente tutta la vallata. Sui tornanti del passo scorrevano nelle due direzioni file quasi ininterrotte di automezzi d’ogni sorta, rombavano motociclette cavalcate da cupi teutoni e teutone inguainati in nere uniformi di cuoio, sobbalzavano autocarri carichi di pietrame e di tondini di ferro.
Sullo sfondo strisciava il trenino rosso del Glacier-express. Noi camminavamo sul versante opposto e pareva di vedere, in grande, uno di quei modelli che amano costruire gli appassionati di trenini occupando mezzo soggiorno, il corridoio, la camera degli ospiti e perfino il locale da stiro.
Giunti in basso, dalle parti di Selva, ci imbattemmo in un immenso campo da golf. Un uomo appollaiato su una macchina con due lunghissime lame stava rasando l’erba del campo, un’erba verdissima e uguale, senza l’ombra di un fiore o di un insetto.
Due altri uomini muniti di decespugliatori trafficavano sotto pinetti nani; un quarto girava a vuoto con un trattorino.
Sempre scendendo verso Rueras incontrammo contadini che, risparmiando legittimamente ancestrali fatiche, falciavano a macchina l’ultimo fieno. Altri lo voltavano, sempre legittimamente, a macchina. Altri lo trasportavano.
Dietro la montagna apparve sparacchiando un elicottero, poi un altro. «Ci manca un bell’aereo militare» disse qualcuno della compagnia. Ma la frase fu subito smorzata dal passaggio della ruspa di un’impresa stradale che sferragliava allegramente sui suoi cingoli. Intanto nel fondovalle echeggiavano spari regolari ... un esercizio di tiro? ... una società patriottica? ... l’esercito? Insomma queste un tempo placide vallate sono ormai pervase da un’infinità di rombi, ronzii, battiti, spari, colpi, strepiti, sibili, frastuoni....
Dal profondo delle mie ormai lontanissime e scarse conoscenze di latino emerse quel giorno un ... «INFAMES RIGORIBUS ALPES» (... le alpi infami per i loro rigori) che parafrasai immediatamente in «INFAMES MOTORIBUS ALPES».
Ma non ero sicuro del testo. Al ritorno mi rivolsi al mio oracolo in materia letteraria, Giovanni Orelli, che mi corresse subito, fermo e cortese: «Non RIGORIBUS, ma FRIGORIBUS, e si tratta niente po’ po’ di meno che di Tito Livio».
Per i latini le alpi erano dunque infami per i freddi (FRIGORIBUS), che poi non erano soltanto i freddi, ma in senso lato, anche i rigidi inverni, il ghiaccio e l’orrore delle valanghe, certe gole tremende che incutevano paura. Oggi non è più così. Le alpi sono diventate infami per i motori. Io, con inaudita presunzione, ho addirittura osato sostituire i frigoribus di Tito Livio con i motoribus che infestano quei luoghi.
E pensare che in agosto non funzionavano ancora gli impianti di risalita, i cannoni da neve e le motoseghe. Figuriamoci tra qualche mese. |