In una gabbia di parole

Ha ragione il senatore Filippo Lombardi: la Svizzera non ha bisogno dell'Europa. Non è necessario che Trichet e Draghi scrivano una lettera al Consiglio federale per chiedergli di rientrare dal debito, privatizzare gli enti pubblici, ridurre le prestazioni sociali, smantellare i contratti collettivi di lavoro e abbassare gli stipendi. La Svizzera sa farlo da sé.
Con le sue raccomandazioni prima al governo greco e ora a quello italiano, la Banca centrale europea ha instaurato praticamente una procedura di commissariamento di quelle nazioni. Non sono più i governi a decidere sulle questioni riguardanti la vita dei loro cittadini, ma le banche che detengono i titoli del debito pubblico di quegli stati, esattamente come lo strozzino decide la vita del debitore. Invece di dipendere, come sarebbe logico, dall'attività economica, dal quadro legale e dai principi costituzionali che fissano i diritti irrinunciabili dei cittadini, la finanza stabilisce ora l'ammontare dei salari, quanti debbano essere i dipendenti pubblici, quali diritti siano ammissibili, quali leggi debbano essere introdotte e quali abolite.
Il capitale finanziario stravolge le costituzioni che si sono date i paesi europei  usciti dalla seconda guerra mondiale. In genere democratiche, poiché rappresentano più o meno esplicitamente un compromesso fra capitale e lavoro. Le costituzioni precedenti erano invece liberali, cioè attente a fissare i rapporti di dare e avere fra i cittadini ma del tutto impermeabili alla dialettica sociale. Quella svizzera, che in sostanza è una mediazione ottocentesca fra il campo liberale e il campo conservatore, appartiene piuttosto al secondo tipo. Tra le altre cose, prevede i cosiddetti diritti popolari. Si tratta in realtà di diritti garantiti ai cittadini considerati come singoli, non collettivamente. Se un'azienda inquina la falda freatica ma dispone di bravi avvocati, non pagherà mai i danni, mentre dei lavoratori che volessero contestare in tribunale il loro licenziamento non posseggono assolutamente la somma necessaria per pagare la difesa: la maggiore ingiustizia è attribuire diritti uguali a individui disuguali. I candidati di sinistra in queste elezioni federali dicono di voler andare a Berna a difendere la classe media, senza specificare se usano il termine in senso anglosassone o in senso italiano: negli Usa "middle class" comprende anche gli operai, mentre da noi "classe media" indica propriamente chi vive in parte di salario e in parte di rendita. I socialisti intendono difendere il salario o la rendita? E il 2º pilastro: lo si dovrebbe chiamare correttamente "pensione a capitalizzazione", l'opposto dell'Avs che è "pensione a ripartizione". Si dovrebbe smettere di definire "rendita d'invalidità" l'indennità che spetta a chi subisce un incidente sul lavoro; la rendita è un'altra cosa. E quella premessa che viene messa all'inizio di ogni contratto collettivo, la cosiddetta "pace del lavoro", andrebbe chiamata col suo vero nome: svendita preventiva degli interessi dei salariati.
Una gabbia fatta di parole. Se il mondo dei salariati accetta il linguaggio del mondo della rendita, è sconfitto in partenza, senza che si disturbi la Banca centrale europea.

Pubblicato il

21.10.2011 12:30
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