Sta suscitando non poco imbarazzo in Plr e Ppd, i due partiti che storicamente si dividono la torta in Ticino, l'inchiesta condotta da Raoul Ghisletta sui mandati diretti assegnati dall'amministrazione cantonale. L'inchiesta riguarda quei mandati (in genere ad ingegneri, architetti o urbanisti) il cui importo non supera il valore di soglia oltre il quale per legge dev'essere aperto un concorso. Essi sono quindi attribuiti a discrezione dell'amministrazione. L'inchiesta di Ghisletta, delegata dalla Commissione della gestione a una sua sottocommissione, ha rivelato evidenti favoritismi per certi studi, l'esistenza di liste più o meno segrete all'interno delle quali scegliere i professionisti cui affidare i mandati senza concorso e la mancanza di trasparenza su tutte queste operazioni. Ora la Commissione della gestione, dopo roventi polemiche, sembra voler correre ai ripari, adottando una serie di misure proposte da Ghisletta da sottoporre al parlamento (fra cui l'istituzione di liste ufficiali su cui possono iscriversi tutti i professionisti interessati ai mandati, un'adeguata rotazione e distribuzione dei mandati fra di loro e una efficace pubblicazione di tutti i mandati attribuiti). La Gestione però non ha voluto che l'inchiesta fosse estesa a comuni e consorzi, limitandosi a raccomandare una maggior vigilanza sulla trasparenza negli enti locali. In questa intervista Ghisletta racconta il suo lavoro e ne commenta gli esiti politici.

Raoul Ghisletta, come s'è svolto il lavoro d'inchiesta nella sottocommissione mandati?
Le verifiche dei mandati diretti oltre i limiti di legge le ho fatte io con l'amministrazione nel periodo agosto-ottobre, con il sostegno più che altro morale di Bignasca e Soldati: se si eccettua il mandato Ghidossi Sa per il comando di polizia e un paio di mandati per il liceo di Lugano, non emergono fatti discutibili. Ho avuto l'impressione che Arn, commissario Plr, fosse in commissione a fare da "cane da guardia" e a limare le critiche all'andazzo sui mandati, andazzo che è uscito soprattutto dall'analisi della distribuzione dei 561 mandati e dalla scarsa trasparenza delle procedure e delle liste interne all'amministrazione. Essendo difficile un accordo sull'analisi dei fatti, ho puntato a far entrare le conclusioni politiche nel rapporto di maggioranza della commissione sul preventivo 2007: se si eccettua l'indagine a tappeto sugli enti locali, il contenuto è passato, anche se il clima in commissione in queste settimane è stato rovente, essendo emerso pubblicamente che erano coinvolti nelle liste dei mandati parecchi deputati ed essendo stato chiamato in causa anche il consigliere di Stato Luigi Pedrazzini per il mandato milionario al comando di polizia alla Ghidossi Sa.
Lei ha constatato che nel 2005 i 21 mandatari con sei o più mandati diretti si spartiscono 192 mandati su un totale di 561. Come valuta questa realtà?
La tendenza alla concentrazione e l'assenza di trasparenza sono i problemi più grossi emersi. Le ditte in questione dispongono indubbiamente di importanti entrature presso l'amministrazione e nel sistema di governo. Purtroppo l'inchiesta è incompleta: per avere un quadro completo della situazione occorrerebbe un'analisi su vari anni e sarebbe necessario verificare anche i mandati strappati dai vari professionisti nei Comuni, consorzi ed enti. Il piccolo spaccato rilevato nel 2005 nel Cantone indica comunque che ai mandatari con sei o più mandati questi fruttano entrate nell'anno in questione fra i 150 e i 400 mila franchi circa, che è un bell'apporto stabile all'attività per esempio di uno studio di ingegneria. I beneficiari sono in maggioranza vicini al Plr o al Ppd.
Prima accennava agli enti locali: un problema ancora più grosso dovrebbe esserci appunto nei comuni e soprattutto nei consorzi. Lei ha proposto che la sottocommissione mandati proseguisse il lavoro anche per quanto riguarda gli enti cantonali e locali, ma la maggioranza della commissione non ci ha sentito.
Mi è stato contestato fermamente che la commissione della gestione sia competente, nemmeno ad esempio per verificare come si regolano i comuni nella pubblicazione (richiesta dalla legge cantonale) della lista dei mandati diretti assegnati. Niente inchiesta sistematica, ma ci si dovrà accontentare di verifiche puntuali quando ad esempio arriveranno messaggi con richieste di credito: adesso ad esempio sono al vaglio della commissione richieste di crediti per quattro consorzi depurazione acque, per i quali ho chiesto informazioni sui beneficiari dei mandati esterni e sulle procedure seguite. Il lavoro di verifica sistematico andrebbe quindi fatto nei singoli comuni e nei singoli consorzi. Dove però molto spesso la sinistra non è rappresentata. Tra l'altro i meccanismi che regolano il gioco dei mandati possono essere infiniti. Mi è stato segnalato il caso di sindaci di due comuni che si scambiano i lavori: il sindaco di un comune riceve i mandati nel comune dell'altro e viceversa, visto che non possono lavorare nel proprio.
Non c'è un controllo cantonale sui mandati attribuiti dagli enti locali?
Ho chiesto alla Sezione enti locali i nominativi delle persone che siedono nelle diverse delegazioni consortili. Ma sono dati che non vengono più raccolti, perché è stata tagliata mezza unità lavorativa. Può quindi immaginare qual'è il livello di controllo da parte del cantone.
D'altro canto parrebbe che molti mandati esterni siano necessari perché nell'amministrazione cantonale non ci sono più le persone in grado di eseguire certi lavori.
Il fatto di ridurre il personale riduce anche le forze e le competenze disponibili nell'amministrazione cantonale e pertanto aumenta i mandati esterni. Purtroppo certi pasticci nei mandati sono anche dovuti al committente, che non è in chiaro nella definizione degli obiettivi del mandato o non è in grado di verificarne l'esecuzione. Il caso Ghidossi Sa - comando della polizia cantonale (con un contratto sottoscritto due anni dopo l'assegnazione del mandato e con due adattamenti dei contenuti) è significativo. In questo modo si sprecano soldi. Accanto al problema degli appalti clientelari, non dobbiamo però dimenticare quello delle nomine clientelari di personaggi poco competenti. E forse un fenomeno aiuta a spiegare l'altro.
Come venivano allestite le liste di mandatari da tenere in considerazione nei singoli dipartimenti?
Dipende un po' da ogni servizio. Ognuno ha un suo sistema privo di trasparenza. È spesso un mix di segnalazioni politiche, di esperienze positive fatte in passato, di competenze specialistiche, di comodità nel continuare a lavorare sempre con gli stessi professionisti.
Gli ordini degli architetti e degli ingegneri non si sono sentiti molto in queste settimane…
Si sentono lamentele alla base, ma ufficialmente tutto tace. Ho due spiegazioni per questo. Da un lato non so quanti alla fine siano i professionisti che rimangono fuori da ogni giro di mandati ai vari livelli istituzionali. L'altra spiegazione è il grosso timore che agitando troppo le acque e formalizzando troppo le cose si aprano le porte a concorrenti esterni al Cantone.
In definitiva la soddisfa il compromesso raggiunto in commissione?
Era importante arrivare ad una raccomandazione politica al governo e penso che il resto lo faccia la pressione dell'opinione pubblica, che chiede più trasparenza e meno favoritismi. Almeno ora c'è un aggancio per verificare fra un anno cosa avranno fatto il Consiglio di Stato e l'amministrazione per correggere la situazione. Come sinistra dobbiamo continuare a lottare contro questo sistema clientelare e cercare di modernizzare il paese.
Quale morale trae da tutto ciò?
Che siamo un cantone piccolo piccolo, in cui le ditte sono poche, dove i rapporti di parentela sono fitti e molti hanno qualche legame politico.
Significa che la clientela è estremamente diffusa e radicata?
Secondo me sì. Se ne sente spesso parlare, ora l'ho vista più da vicino nei mandati. Tenendo presente che molti fenomeni se non si è dell'ambiente non si può coglierli senza le dritte di chi vi lavora.

Pubblicato il 

01.12.06

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