Mobilitazione del 21 maggio

Doveva già svolgersi lo scorso anno. Poi la pandemia ha fatto saltare tutto. Ma non preoccupatevi: quest’anno ci si riprova. L’appuntamento è per domani, 21 maggio 2021. In tutta la Svizzera si terrà lo Sciopero per il futuro, ossia quella che per gli organizzatori dovrà essere “la mobilitazione ambientalista più grande della Storia svizzera”. Per capire esattamente cosa avverrà domani e le ragioni alla base di queste mobilitazioni ci siamo rivolti a Larissa Bison, una giovane studentessa universitaria ticinese che è tra le promotrici del movimento.

 

Larissa, cosa succederà domani?


Rispetto a quanto era stato previsto nel 2020, quest’anno ci siamo organizzati diversamente. Ossia delocalizzando le azioni in tutta la Svizzera. Non volevamo creare ingorghi e concentrare tutto in un unico luogo. In Ticino, nei quattro principali centri, ci saranno varie azioni scenografiche e simboliche che speriamo avranno un grande impatto visivo, ma ci saranno anche semplici bancarelle informative. Una diretta televisiva (fruibile su telefuturo.ch) coprirà tutti gli eventi. In tutta la Svizzera, le iniziative sono molteplici: tante sono proposte da Sciopero per il clima, altre dalle organizzazioni aderenti a Sciopero per il futuro. Vi saranno inoltre varie azioni spontanee organizzate dai cosiddetti gruppi climatici.

 

Di che cosa si tratta?


Lo Sciopero per il Futuro è un progetto che comprende vari attori, dai sindacati alle Ong fino anche a molti partiti politici. Abbiamo anche voluto lanciare un appello alla creazione di gruppi locali capaci di agire in maniera indipendente, chiamati appunto gruppi climatici. Questi riuniscono persone che hanno in comune l’ambito lavorativo o scolastico o di quartiere e che si trovano per lottare per un futuro migliore. I gruppi climatici agiscono in maniera indipendente e hanno lo scopo di inserire la causa climatica a livello locale proprio in ottica di questa grande mobilitazione che si terrà in tutta la Svizzera. L’obiettivo è da un lato quello di garantire che le soluzioni proposte non vengano imposte dall’alto, dall’altro quello di creare una rete di persone motivate a impegnarsi per portare avanti la nostra causa.

 

Qual è la differenza tra Sciopero per il futuro e Sciopero per il clima?


Lo Sciopero per il futuro nasce un po’ come step successivo a Sciopero per il clima (che continua comunque a esistere). Non si tratta più di un movimento studentesco, bensì di qualcosa di molto più largo che cerca di coinvolgere tutta la popolazione e che intende collegare la crisi climatica a tutte le altre crisi che ci sono nella società. Per questo abbiamo coinvolto il più possibile associazioni, partiti e sindacati perché la crisi climatica non ha un colore politico e una bandiera, ma coinvolge tutte e tutti.

 

Quale è il vostro obiettivo?


Viviamo in un mondo di crisi interconnesse e tuttavia le persone responsabili delle decisioni si rifiutano di affrontare le complesse soluzioni necessarie. La stessa pandemia ci ha fatto ben capire che non siamo preparate e preparati a una crisi. Per due anni in tutto il mondo sono scese in strada milioni di persone per difendere il rispetto dell’accordo di Parigi, per chiedere giustizia sociale e più democrazia. Nonostante l’enorme pressione dalle strade, non sono però state prese le misure necessarie per garantire un futuro dignitoso. Per questo vogliamo riportare un po’ la crisi climatica in primo piano, ma allo stesso tempo metterla in relazione ad altri aspetti. È quindi necessaria un’ampia alleanza della popolazione per essere in grado di realizzare cambiamenti sociali ed ecologici.

 

In questo movimento quale è l’apporto che può portare il movimento sindacale?


Abbiamo voluto coinvolgere i sindacati per il loro ruolo importante per portare avanti le richieste dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche perché ci sarà bisogno inevitabilmente di una riconversione ecologica del mondo del lavoro. Non è possibile andare avanti come lo si è fatto fino adesso. È semplicemente inconcepibile. E quindi i sindacati come organizzazioni che difendono lavoratori e lavoratrici potrebbero esercitare una pressione e cominciare ad aiutare ad accompagnare questa riconversione verde del mondo del lavoro.

 

In questo senso i sindacati stanno facendo abbastanza?


Secondo me nessuno sta facendo abbastanza. Nemmeno noi.

 

Le mobilitazioni degli anni precedenti, soprattutto prima della pandemia, hanno avuto però un impatto. Qualcosa è cambiato, in meglio. Sei d’accordo?


Sì, penso che un cambiamento sia avvenuto e stia avvenendo. Penso a quanto successo a livello politico sia alle elezioni federali, ma anche alle recenti elezioni comunali in Ticino. Ma anche a livello di presa di coscienza generale della popolazione e delle consumatrici e dei consumatori qualcosa si è mosso. Anche una certa parte dell’economia ha effettuato dei cambiamenti positivi o perlomeno una messa in discussioni su certe pratiche. E anche i media hanno dato più spazio alle problematiche ambientali. Il problema è che era stato fatto talmente poco prima, che ora questo cambiamento sembra molto grande. Ma l’urgenza climatica è tale che ci impone di fare molto di più. Non possiamo più aspettare e guardare il disastro abbattersi su di noi.

Pubblicato il 

20.05.21
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