Fa quasi più paura della minaccia la legge che dovrebbe tutelarci. «Basta vedere la vaga definizione che si dà di “terrorismo”: una definizione che è ignota ai paesi democratici». Sono pesanti le parole di Paolo Bernasconi: l’ex magistrato ticinese è in prima linea nel combattere la nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo,  che è «un attentato alle libertà individuali e arriva a imporre misure ai minori a partire dai 12 anni senza che un giudice possa valutare il caso».

 

Nel 2020 i media sono stati fagocitati dal dramma-tormentone Covid, ma alla stampa mondiale non è comunque sfuggita la nuova Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (Mpt) approvata dal Parlamento elvetico lo scorso 25 settembre. A sollevare preoccupazioni per il nuovo apparato normativo non solo molte organizzazioni sul territorio nazionale, sessanta professori di diritto svizzero che hanno sottoscritto una lettera aperta e l’ordine degli avvocati del canton Ginevra, ma anche organismi internazionali come l’Onu e il Consiglio d’Europa per i diritti dei fanciulli. Fate attenzione! Sono in pericolo i diritti fondamentali dell’uomo e dei fanciulli.  
Contro la legge è stato subito lanciato un referendum, che ha avuto successo, e per cui spetterà al popolo esprimersi alle urne il prossimo 13 giugno. O forse no, perché nel frattempo è stato presentato un ricorso che chiede di annullare la votazione in questione .
Voto o non voto del 13 giugno, che potrebbe appunto venire rimandato, la Legge federale sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo impone delle serie riflessioni dal momento che rovescia l’ordinamento giuridico con le sue garanzie così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi  e per taluni osservatori potrebbe trasformarsi nel manganello di una giustizia forcaiola nel cui calderone getta anche i fanciulli. Cose da rabbrividire nel 2021.
«È talmente vaga la definizione di terrorismo che chiunque rischia di essere considerato tale. Potrebbe bastare un clic, un “like” a una pagina ambigua, per fare scattare le misure di privazione della libertà senza alcun coinvolgimento dei giudici» continua Bernasconi.
Ritiro dei documenti, divieto d’accesso a determinati luoghi, proibizione di incontrare precise persone, obbligo di presentarsi in polizia, cavigliere elettroniche, arresti domiciliari: sono alcune delle misure che la polizia potrà decidere a sua discrezione di esercitare nella lotta al terrorismo senza di fatto dover rendere conto più di tanto. Si tratta di strumenti preventivi – lo ripetiamo – che verrebbero ordinati ancora prima dell’apertura di un procedimento penale. Simili misure aprono interrogativi sull’effettiva efficacia, ma soprattutto sulla loro legittimità rispetto ai diritti  fondamentali e alle libertà individuali garantiti dalla Costituzione.
In allarme anche l’ex procuratore generale John Noseda: «Siamo di fronte a misure pericolose perché non necessiteranno di un mandato dell’autorità giudiziaria. Si introducono norme che potrebbero fare perseguitare persone che non c’entrano nulla con il terrorismo. A rischio è la separazione dei poteri: fino a oggi la polizia agiva su mandato e in collaborazione con un giudice, a garanzia di ogni parte coinvolta: forze dell’ordine comprese. In questo modo verrebbero a cadere le garanzie per legittimare una legge inutile rispetto all’obiettivo che le si dà».
Concorda sulla mancanza di efficacia dello strumento normativo anche Paolo Bernasconi: «Avendo partecipato per anni come magistrato penale alle indagini e alle procedure antiterrorismo italiane e tedesche, ricordo che l’Italia ha sconfitto le Brigate rosse e le analoghe organizzazioni terroristiche di destra, come la Germania ha debellato la Rote Armee Fraktion, senza far capo a nessuna delle misure di polizia che si vogliono invece implementare in Svizzera. E si parlava di organizzazioni terroristiche che hanno tenuto in scacco polizia e magistrature per decenni, contando su un esercito di persone in un territorio a loro ben conosciuto, che contava su migliaia di fiancheggiatori occulti. Per contro, anche nel messaggio del Consiglio federale e nei rapporti della
Fedpol si legge che da noi il rischio di attentati di matrice islamica riguarda soltanto individui e piccoli gruppi isolati. Bisogna agire diversamente».
Bernasconi continua, sottolineando come basterà un semplice clic in internet perché chiunque possa essere considerato terrorista. «In che modo? Lo leggo a pagina 3.967 del messaggio numero 19.032 datato 22 maggio 2019: “Ulteriori esempi sono costituiti dalla creazione dei profili sui social media, dalla diffusione per esempio condividendo un link o dall’approvazione, cliccando il cosiddetto pulsante “mi piace” o la condivisione di contenuti o dichiarazioni di stampo terroristico devono pertanto essere tempestivamente contrastate mediante l’adozione di misure preventive di polizia”. Ecco, come vengono definiti gli indizi concreti per autorizzare la polizia federale a ordinare misure coercitive...».
Intercettazioni, divieto di movimenti, di contatto con altre persone, obbligo di presentarsi in polizia a partire dai 12 anni e arresti domiciliari per chi ha compiuto 15 anni (in questo caso però con l’autorizzazione di un giudice). Il timore da parte degli osservatori critici è che possa essere definita terroristica ogni attività politica non gradita al governo, spalancando le porte all’arbitrarietà e agli abusi: «Non voglio esagerare di certo, perché basta limitarsi a ciò che è scritto nero su bianco. “Sono considerate attività terroristiche le azioni tendenti a influenzare o modificare l’ordinamento dello Stato, che si intendono attuare o favorire commettendo o minacciando di commettere gravi reati oppure propagando paura e timore”. Non vengono specificati quali sarebbero “i gravi reati”: anche il furto? O la falsificazione di un documento d’identità? E poi che cosa si intende per paura? Verrà così criminalizzato anche quel giovane che aiuta finanziariamente oppure in altro modo i sostenitori dei manifestanti democratici arrestati a Hong Kong, in Birmania, in Turchia, in Bielorussia oppure a favore di Navalny? Se è un potenziale terrorista anche colui che si limita a propagare “paura e timore”, senza che sia definito che cosa si intende per “paura” e “timore”, possiamo fare una lettura ancora più sottile di questa legge: cari signori, qui finisce la libertà d’espressione dei cittadini e dei giornalisti».
Per Paolo Bernasconi sarebbero già motivi sufficienti per comprendere il perché vada osteggiata «questa legge liberticida», ma l’avvocato aggiunge un altro elemento: «Ampi poteri non sono concessi solo alla polizia federale, ma anche a quella cantonale che potrà “trattare dati personali degni di particolare protezione di potenziali terroristi, segnatamente i dati, le opinioni o attività religiose e filosofiche, la salute, le misure di assistenza sociale nonché le sanzioni e i procedimenti amministrativi”, compresi quelli “di terze persone” (quindi anche quelle persone che non sono sospettate di terrorismo». L’ex magistrato ricorda che il consigliere di Stato Norman Gobbi, a capo della polizia cantonale, ha già citato «come esempio di organizzazioni che potrebbero essere oggetto di queste misure “gli animalisti”. A questa stregua potrebbero essere considerati terroristi anche gli ecologisti? Gli attivisti per i diritti umani?».  
Gli strumenti per combattere il fenomeno esisterebbero già. E allora perché tutto questo can can? «È una legge che vuole sostituire la polizia ai tribunali. In questo modo le autorità federali tentano di nascondere che questa è “la legge di contrabbando”. Infatti si contrabbandano misure di controllo delle opinioni e di limitazione delle attività politiche della società civile contrabbandando sotto l’obiettivo delle misure antiterrorismo» conclude Bernasconi. E ciò è pericoloso tanto quanto il terrorismo.

Pubblicato il 

04.06.21
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