A Rosarno sono scattati i primi arresti per gli sfruttatori degli immigrati. Restano ferme a tre invece le persone arrestate in seguito alle violenze di gennaio contro gli africani. Intanto in città nascono progetti in previsione della prossima stagione degli agrumi a ottobre.

Il 26 aprile, in seguito alle indagini avviate dopo gli scontri scoppiati a gennaio tra popolazione e lavoratori immigrati, a Rosarno sono scattate le manette per una trentina di persone. Le indagini hanno infatti dimostrato che alla base della rivolta degli africani c'erano le condizioni di sfruttamento e di violenza nelle quali erano costretti a lavorare. È emerso anche come la situazione di degrado presente nella Piana fosse strettamente legata alla criminalità organizzata italiana, di cui gli stranieri sono sempre stati vittime. Sono quindi state arrestate 31 persone (sia italiane che straniere), accusate di associazione a delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina, di viola-
zione della normativa prevista nella legislazione del lavoro subordinato e di truffa agli enti pubblici (sono pure emerse numerose presunte truffe ai danni degli enti previdenziali). Sono anche stati sequestrati beni, tra aziende e terreni, per un valore di 10 milioni di euro.
Un bel passo avanti contro il lavoro nero e lo sfruttamento degli immigrati, ma sta di fatto che le denunce fatte da mesi da parte dei lavoratori africani contro gli sfruttamenti e le violenze subite, hanno portato a provvedimenti concreti solo dopo i fatti di gennaio. È lecito domandarsi se sarebbe accaduta la stessa cosa nel caso in cui i media non ne avessero parlato così tanto.
Ci saranno provvedimenti anche nei confronti degli autori delle violenze? Perché tutto iniziò con il ferimento di tre lavoratori africani (due per arma da fuoco) la sera del 7 gennaio di quest'anno. Episodio che scatenò un'ondata di rabbia nei compagni dei tre feriti, che si riversarono nelle strade di Rosarno rovesciando cassonetti, incendiando auto e spaventando la popolazione. Un impeto di rabbia e di protesta contro i numerosi episodi di violenza di cui alcuni di loro erano vittime, da anni, in quelle campagne. A questa protesta degli africani, alcuni cittadini rosarnesi reagirono con grande violenza nei giorni successivi (tra l'8 e il 9 gennaio), mettendo in atto quella che è stata definita una vera e propria "caccia al nero", quasi certamente guidata e fomentata dalle cosche mafiose (vedi area del 20 gennaio), e che si è conclusa con il trasferimento in massa, per questioni "di sicurezza", degli africani presenti nella zona. In totale, otto persone sono state arrestate dopo i disordini: tre residenti e cinque immigrati.
Un mese dopo, secondo un comunicato di Human Rights Watch (Hrw) del 4 febbraio, i cinque immigrati erano già stati giudicati colpevoli di resistenza a pubblico ufficiale, con rito abbreviato, a fine gennaio. Uno di loro è stato condannato a quattro anni e due mesi di carcere con l'aggravante di soggiornare illegalmente in Italia. I tre residenti invece, uno con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale e gli altri due di tentato omicidio (hanno cercato di investire, in un caso con una ruspa, alcuni immigrati), erano ancora in attesa di un processo. Nel comunicato, l'Ong denunciava la lentezza delle indagini a carico degli aggressori italiani. In totale, infatti, le aggressioni ai danni degli africani sono state almeno undici, messe in atto da gruppi anche numerosi. Come mai quindi gli arresti sono, finora, solamente tre?
Uno degli ostacoli maggiori alle indagini, sempre stando al comunicato di Hrw, è l'omertà. In un contesto segnato dalla mafia, come quello di Rosarno, le autorità non hanno messo in atto alcuna misura speciale per incoraggiare le testimonianze, nessuna offerta di protezione ai testimoni. Secondo Judith Sunderland, ricercatrice presso Hrw, «le autorità devono usare tutte le risorse a loro disposizione per incoraggiare i testimoni a farsi avanti. Questo include l'offerta di protezione a chi vuole testimoniare, e l'invio di un chiaro segnale che questi sono crimini gravi che esigono giustizia».
L'Ong critica anche il tipo di risposta dato dal governo italiano alle violenze di gennaio, ritenendo che questa si sia concentrata essenzialmente sulla questione dell'immigrazione e sull'occupazione irregolare, trascurando le vittime (come dimostrano le accuse a carico dei 31 arrestati di recente). Secondo Hrw, «su ciascun atto di violenza, compresi quelli presumibilmente commessi da parte di migranti africani, si dovrebbe indagare fino in fondo». Questo perché, secondo Sunderland «dare la colpa all'immigrazione clandestina incoraggia soltanto la violenza della gente» ed è quindi pericoloso.

Progetti a go go per la prossima stagione

A Rosarno la stagione delle arance si è chiusa. Il comune è in piena attività tra studi di fattibilità, progettazioni e consultazioni per presentare progetti che riguardano i migranti. La città ha infatti ricevuto dei fondi per finanziare progetti volti a risolvere l'emergenza umanitaria che ogni anno si presenta nella Piana. Alcuni di questi progetti erano già stati avviati dopo la prima rivolta (pacifica) degli africani, nel 2008. In previsione c'è, ad esempio, la costruzione di un centro polifunzionale che accoglierà una sessantina di stranieri con regolare permesso (una misura meno che minima se si pensa alle migliaia di lavoratori stagionali che arrivano ogni inverno). Altre idee di questo tipo sono ancora in fase di discussione, come quella del comune di creare dei moduli abitativi con dei prefabbricati, per al massimo 150 posti letto (anche in questo caso gli alloggi sarebbero a disposizione solamente degli stranieri con permesso di soggiorno, pagando un canone minimo). Inoltre, al posto dell'ex-fabbrica "la Rognetta", dove trovavano rifugio almeno 400 africani ogni inverno (demolita subito dopo lo sgombero di gennaio), dovrebbe sorgere una piazza per il mercato settimanale, con un anfiteatro, parcheggi e un campo da tennis coperto. Questo progetto di "riqualifica urbana" era però già stato approvato prima di gennaio.

Pubblicato il 

07.05.10

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