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In cerca di Erika l'uzbeka e Carol la dominicana
di
Can Tutumlu
«Quello che abbiamo notato è che da quando c’è il cantiere di Alptransit il numero di locali nel bellinzonese è cresciuto, c’è più movimento. Questo è un fatto indiscutibile, ma non voglio però trarre alcuna conclusione affrettata…», così ci ha detto il commissario capo Bruno Ongaro da anni attivo in Ticino nella lotta contro la prostituzione illegale. Sì, perché i locali di cui parla Ongaro sono quelli a luci rigorosamente rosse nati insieme al cantiere “del secolo”. Night club con ballerine e postriboli con le “turiste del sesso” non mancano infatti nelle vicinanze di Bodio e Faido. Alle 10 di sera Paolo*, Lucio* e Nando* sono pronti per uscire. Hanno passato la giornata nel buio e nella polvere del ventre della montagna. Dopo una doccia, senza più la tuta e il casco da minatore sono quasi irriconoscibili. Ci tengono “allo stile”, precisano. Prima tappa della nottata è una pizzeria della zona. «Guarda, ti abbiamo invitato con noi, ma non andare a scrivere che tutta Alptransit va a donnine», dice serio Lucio mentre è alle prese con una delle due pizze che ha ordinato. Paolo, che ama definirsi pragmatico, analizza la situazione con freddezza: «era prevedibile che l’arrivo di più di mille minatori avrebbe causato l’apertura di questi locali. Se c’è domanda arriva anche l’offerta… Poi il Ticino è famoso per questi bar molto particolari. Siete furbi qui, vi lasciamo un bel po’ di soldi.» A mezzanotte passata e con la pancia piena i tre amici discutono sul da farsi. «A me piacerebbe andare a quel bar a Castione…», dice Nando. «Non stasera – risponde Paolo –, alziamo un po’ lo standard. Non possiamo portare il nostro amico qui in un posto così ordinario. Propongo il night vicino a Biasca. Sapete quello dove c’è la ragazza uzbeka». Erika*, questo è il suo nome, è una ragazza bionda che tutti e tre i minatori ricordano bene. Sfugge invece loro il nome del locale. Fra le antiche case ticinesi del piccolo paese di valle il night club in questione è un edificio più moderno e illuminato con discrezione. All’interno la musica è alta, le luci sono soffuse e i colori pastello. I tavolini sono concepiti di modo che ognuno possa avere il suo angolo di privacy se lo desidera. «La serata è un po’ fiacca…», dice con una punta di delusione Nando. «È troppo presto, la nottata comincia solo ora», gli risponde Lucio guardando l’orologio. Poco male, ci vuole una birra in qualsiasi caso per rompere il ghiaccio. La bibita arriva insieme a Carol*, una ragazza mulatta poco più che ventenne della Repubblica Dominicana. «Ragazzi qualcuno di voi mi offre da bere?», chiede la ballerina. «Un bicchiere non si nega a nessuno – risponde Paolo –, però a una condizione. Devi andare a chiamare Erika al nostro tavolo, il ragazzo qui la vuole conoscere». I minatori ridono dandosi delle pacche sulle spalle. Erika è alta, molto alta. Porta una mini e un viso assonnato, «chi mi cerca?». «Lui – dicono angelicamente i minatori –, è un giornalista e gli piace fare un mucchio di domande. Vuole sapere se è vero che con Alptransit siete arrivate anche voi». Erika non è interessata alla domanda, non lo sa e non lo vuole nemmeno sapere se il suo arrivo in Ticino è in relazione con il cantiere. Lei è qui con un visto per “artiste”. All’inizio lavorava in un night a Nyon con la sorella, poi è stata ingaggiata in Ticino “per ballare”. «Ora però mi devi offrire da bere, non si risponde alle domande con la bocca asciutta», dice in un italiano strascicato Erika. La ballerina racconta del suo paese, lì non aveva più nulla da fare. Il mestiere di parrucchiera che aveva imparato non le dava da vivere e poi, dice guardandoci negli occhi uno ad uno, è delusa dagli uomini. «Da uno in particolare immagino», le dice Nando. E qui? Qui si può guadagnare abbastanza come ballerina di night per vivere? «Se ci si dà da fare si può», risponde asciutta Erika. Ma quanto guadagni da contratto? Erika non risponde, Paolo mi fa un 3 con le dita. La ballerina aggiunge, guardandosi prima intorno, che da questa somma va dedotto il vitto e l’alloggio, «poi, come ti ho detto ci sono degli extra per guadagnare qualcosa in più, so che hai capito cosa intendo». La ballerina uzbeka cambia discorso, ci parla del suo sogno. Diventare ricca e famosa? No, Erika vuole mettere da parte almeno 50 mila franchi per poter tornare a casa con la sorella, ancora a Nyon, e comprare alla madre il 2 locali e mezzo in cui vive. I tre minatori dicono che più o meno è anche il loro sogno, sono venuti in Svizzera in miniera per guadagnare, mettere da parte soldi per fare poi una vita migliore una volta tornati in Italia. «Siamo qui tutti per lo stesso motivo allora – dice Erika –, per lavorare. Ora vi dico i miei prezzi: se qualcuno vuole venire di là nel separé costa 400 franchi e in più deve comprare una bottiglia di champagne. Se invece volete portarmi fuori di qui dobbiamo andare a discutere col gerente”. Ma quanto di questi 400 franchi più champagne (la bottiglia costa 300 franchi) vanno a Erika e quanto si tiene il gerente? La ballerina non vuole rispondere chiaramente, ma ci fa capire che lei non intasca più di 100 franchi. Poi guarda il bicchiere vuoto, «lui guadagna anche su questo, quando andrai a pagare ti accorgi», dice sorridendo. Infatti: «birra e bicchiere di porto». «109 franchi», dice prontamente l’oste. La nottata si conclude in un bar dove la birra costa decisamente meno. Paolo, Lucio e Nando mi accusano di aver rovinato la loro uscita. Ora stanno discutendo animatamente sulle ingiustizie di questa prostituzione di lusso. Un lusso che fa guadagnare solo a pochi, «come al solito», aggiunge Paolo. * i nomi sono di fantasia
Pubblicato il
08.07.05
Edizione cartacea
Anno VIII numero 27-30
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