In Ticino esiste attualmente un profondo deficit di responsabilità politica, un deficit che sta scavando un solco sempre più profondo tra classe politica e società. Certo, a livello di discussioni teoriche siamo sommersi dalle riflessioni, dalle prese di posizione, dalla costituzione di schieramenti pro o contro. Ma operativamente, sul campo, di fronte alle decisioni importanti da prendere per questo Paese, di fronte alle tante, troppe emergenze del Ticino, nessuno si assume la responsabilità di scegliere. Quale tipo di politica si vuol fare in Ticino? Quale tipo di Stato si pensa di voler costruire o mantenere? E non sono tanto i contenuti, in questo momento, ad essere prioritari, quanto piuttosto l'approccio generale a mancare. Scegliere ad esempio, come ha fatto il Consiglio di Stato a maggioranza nelle scorse settimane, di abbandonare l'idea del maggioritario, non vuol dire semplicemente fare una scelta filosofica, vuol dire assumersi fino in fondo la responsabilità politica di questa scelta. Il che, tradotto nella concretezza dell'agire quotidiano, vuol dire molto di più che “ritrovare lo spirito del Preventivo 2005”. Non vuol dire infatti fare una trattativa “contabile”, come si é purtroppo dimostrata di essere quell'intesa politica, sbeffeggiata parzialmente già nel corso della sua nascita (quando interventi definitivi, sono diventati improvvisamente misure “a termine”), calpestata e presa a calci quasi subito dopo, sia dall'esecutivo che ha imboccato la strada dei decreti governativi per evitare il confronto, sia dal legislativo che ha dato alcuni esempi di bassezza politica probabilmente sconosciuti in passato nel nostro Cantone. Vuol dire avere senso dello Stato, vuol dire stabilire le priorità, vuol dire assumersi l'onere e, ripeto, la responsabilità politica di dare concretezza a quelle priorità, rischiando, se necessario, l'impopolarità e la propria immagine. Faccio solo un esempio che mi tocca professionalmente nell’insegnamento, ma che potrei proporre anche per altri Dipartimenti: di fronte alle fragilità della scuola, messe in evidenza, insieme a molti punti forti della stessa, nel recente studio pubblicato dal Dipartimento educazione, cultura e sport, il suo Direttore intende assumersi la responsabilità di trovare le risorse per far tornare la scuola ticinese ai livelli del passato, così come aveva saputo fare il suo predecessore Buffi in tempi finanziariamente anche più difficili? È pronto a scegliere quali sono per lui le priorità politiche? È pronto a costruire intorno a queste priorità l'appoggio dell'Esecutivo e del suo partito? O intende aspettare l'evolversi della situazione, resistendo alle forbici dei colleghi, ma sforbiciando in ogni caso qua e là e comunque non potenziando con coraggio (e ripeto, come invece aveva saputo fare Buffi) quanto necessario per migliorare la qualità della sua e nostra scuola e quindi il futuro del Cantone? E questo eventuale coraggio, ammesso che lo si riesca a trovare, durerà solo lo spazio di un Preventivo, così come è avvenuto nel 2005, per poi morire subito dopo sotto la spinta delle imminenti elezioni o della disciplina di partito o dell'opportunità politica o delle pressioni esercitate dai diversi gruppi di potere? Per questo, non basta dire che è necessario “ritrovare lo spirito del Preventivo 2005”. Ci vuole di più, parecchio di più. Da troppo tempo in Ticino la strategia elettorale, la disciplina di partito, l'opportunità politica, il non scontentar nessuno sono diventati prioritari rispetto alla responsabilità politica del governare l'intero Paese. Adesso è urgente dire basta, voltar pagina raccogliendo attorno al progetto di preparare il nostro Cantone alle complesse e non facili sfide del futuro, le forze responsabili del Paese. Chi avrà il coraggio di farlo?

Pubblicato il 

17.02.06

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato