In Ticino l’inflazione è devastante

L’impennata dei prezzi è ancor più dolorosa che nel resto della Svizzera a causa dell’importante scarto salariale. Doppiamente discriminate le donne

I ticinesi avrebbero un migliaio di validi motivi in più per partecipare alla manifestazione di domani a Berna promossa dall’Unione sindacale svizzera sulla perdita del potere d’acquisto e aumenti salariali. Per la precisione, 1.158 motivi. A tanti franchi corrisponde infatti la differenza tra il salario mediano ticinese e quello svizzero, ci insegna l’ultima Rilevazione svizzera della struttura dei salari del 2020. Se guadagni meno degli altri, l’impatto dell’aumento generalizzato dei prezzi sarà ancor più devastante.


Nel confronto sulle conseguenze dell’impennata dei prezzi generalizzata all’intera Svizzera, il lavoratore ticinese parte dunque nettamente svantaggiato. Svantaggiate tra gli svantaggiati, le lavoratrici in Ticino, che subiscono la doppia discriminazione salariale di genere e di residenza. Non basta di certo il clima mediterraneo di cui si gode a sud delle Alpi a compensare quel disavanzo economico, come sostenuto da esimi economisti nostrani.


Le conseguenze del differenziale salariale nel confronto nazionale, fanno sì che il Ticino sia di gran lunga al primo posto nella classifica di abitanti a rischio povertà che tocca un ticinese su quattro, a fronte di un 13% a livello nazionale. Un dato cantonale che non stupisce se oltre 80.000 ticinesi vivono in famiglie con redditi inferiori al 60% del reddito mediano. Dati risalenti a due anni fa, prima della guerra russa all’Ucraina e la successiva impennata generale dei prezzi.


La povertà non tocca solo il reddito da lavoro, ma condiziona pesantemente anche la vita post-lavorativa, da pensionati. Ancora una volta il Ticino occupa il primo posto della classifica nazionale. Uno studio di Pro Senectute indicava un pensionato ticinese su tre in condizioni economiche precarie. In Svizzera il tasso sale a uno su cinque.  


Non solo si guadagna meno, ma per diverse voci si spende di più rispetto alla maggioranza dei cantoni. Purtroppo la statistica federale non contempla lo studio dell’evoluzione del potere d’acquisto in chiave nazionale o cantonale. La statistica è una scienza, ma la politica influenza non poco quali temi possano studiare gli statistici.


Nel paniere svizzero statistico per determinare il costo della vita ad esempio, non è stata la scienza ad aver escluso i premi malattia. Non c’è bisogno di spiegare quanto incidano i premi assicurazione malattia nel budget dei cittadini e, soprattutto, quanto il loro costo sia esploso negli anni, andando a erodere il loro potere d’acquisto.


Non tener conto dei premi malattia, è un artificio statistico imposto da una precisa volontà politica. Diversi Ccl prevedono una compensazione salariale automatica nel caso dell’aumento del costo della vita. Se ufficialmente il costo della vita non aumenta, legalmente decade l’obbligo di adeguare i salari.  


Torniamo ora al potere d’acquisto dei ticinesi e ai costi della salute pagati dai cittadini. Come noto, i premi malattia variano sensibilmente da cantone a cantone. Dal 2010, il Ticino occupa stabilmente il terzo posto della classifica nazionale dei soldi spesi dal cittadino in premi cassa malattia. Lo scorso anno la spesa media dei ticinesi è stata di 4.356 franchi, cinquecento in più della media nazionale. Solo gli abitanti di Basilea Città e di Ginevra spendono ancor di più. Ma la differenza annua coi due cantoni di 400-600 franchi di premi malattia, è ampiamente ammortizzata da paghe mensili nei due cantoni mediamente superiori di mille franchi rispetto al Ticino.


Altra voce importante di spesa della maggioranza dei nuclei domestici svizzeri è l’affitto, abitando in locazione due svizzeri su tre. In questo campo, gli aumenti statistici sono più difficili da reperire, soggetti a diverse variabili. Se già cambiare cassa malattia ogni anno per risparmiare non è una pratica diffusa, ancor meno lo è cambiare casa. area ha chiesto a Swiss Marketplace Group, il gestore dei più importanti siti nazionali del mercato immobiliare (Homegate e ImmoScout), la statistica dell’evoluzione dei prezzi degli annunci di appartamento in affitto in chiave storica e regionale.

 

Dai dati, risulta che il Ticino in questo caso se la sia passata leggermente meglio del resto del paese. Gli oggetti in affitto pubblicati sui due portali relativi al mercato ticinese, dal 2010 sono aumentati di nove punti, mentre su scala nazionale la crescita media è stata di una ventina punti. Nel paragone tra i centri urbani più importanti (la cui statistica è iniziata solo nel 2016), a Lugano è stato registrato l’aumento più modesto rispetto alle altre città (seppur di poco, facendo astrazione della “fuoriserie” Zurigo).

Gli ultimi dati però, sempre elaborati dai portali citati, indicano un aumento a Lugano negli ultimi dodici mesi dello 4.8%, secondo solo a Zurigo tra le grandi città.


In conclusione, per quel che riguarda l’affitto sul lungo termine forse ce la siamo cavata leggermente meglio di altri cantoni, l'aumento è stato importante anche in Ticino. Tanto più che l’aumento del tasso ipotecario di riferimento nei contratti di locazione spingerà verso il rialzo gli affitti. Il direttore dell’Ufficio federale delle abitazioni (Ufab) ha previsto un aumento degli affitti di oltre il 15% da qui al 2026.


Quando i tassi erano bassi, gli affitti sarebbero dovuti scendere. Non è successo. Come ricordava la rubrica “Dolce casa” curata dall’Associazione svizzera degli inquilini su questo giornale, uno studio condotto dall’Ufficio studi del lavoro e politiche sociali (Bass) indicava l’impressionante cifra di 78 miliardi di franchi incassati abusivamente sugli affitti dai proprietari immobiliari nell’arco di 16 anni.Una cifra che indica quanto il problema della ridistribuzione della ricchezza sia importante in questo paese. Non vi è nessuna simmetria dei sacrifici in questi tempi duri. Per contro, vi è una forte concentrazione della ricchezza prodotta.


«Mai prima d’ora sono stati pagati così tanti dividendi come quest’anno», ha indicato la Banca nazionale svizzera nella sua statistica. 52.6 miliardi di franchi è il record stabilito dalle aziende svizzere quotate in borsa, equivalenti all’ottanta per cento della capitalizzazione elvetica. Tra chi ha versato più dividendi quest’anno, spicca l’assicurazione Swiss Life, uno dei maggiori proprietari immobiliari del paese.

 

Swiss Life fa parte dei “14 aristocratici dei dividendi”, così chiamate le società svizzere che in un decennio hanno aumentato anno dopo anno i dividendi. Swiss Life presenta il tasso di crescita annualizzato dei divideni più elevato (20,9%) degli “aristocratici”. Una crescita foraggiata dagli inconsapevoli inquilini di questo Paese.

Pubblicato il

14.09.2023 14:14
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