Sono stati mesi difficili per i lavoratori e le lavoratrici dell’azienda Dormakaba, multinazionale che si occupa di serrature ad alto livello tecnologico, sistemi di controllo delle entrate e uscite e software correlati. Già a fine 2022 erano trapelate le prime voci che parlavano di forti tagli del personale. Lo scorso anno le voci sono diventate realtà e ora si conoscono anche i numeri dei tagli operati dall’azienda con sede a Zurigo: in Svizzera lo scorso ottobre è stato annunciato un taglio di oltre 180 posti di lavoro, a fronte però del mantenimento di tutte le quattro sedi dell’azienda presenti sul territorio (Rümlang, Wetzikon, San Gallo e Le Mont-sur-Lausanne). Mentre in Germania, l’azienda cancellerà oltre 400 posti di lavoro a tempo pieno, secondo un accordo con le parti sociali concluso alla fine di aprile, e chiuderà inoltre lo stabilimento di Velbert, nella Renania settentrionale-Vestfalia. Altri posti saranno tagliati in Austria, Usa e Singapore. Lucas*, dipendente Dormakaba iscritto al sindacato Unia da anni ha rischiato davvero grosso: «Per mesi ho vissuto nell’incertezza. Non sapevo cosa sarebbe stato deciso relativamente alla mia posizione. L’azienda ha sempre parlato di processi di ottimizzazione, di miglioramento dello standard di qualità e dell’efficienza, in realtà dietro queste belle parole si nascondeva semplicemente un classico caso di delocalizzazione pensato per rassicurare il mercato». L’azienda, infatti, ha già assunto personale in Messico e in India, mentre i posti tagliati in Svizzera, stando al nostro interlocutore, «sono stati spostati soprattutto in Bulgaria». Si tratta di posizioni della sede centrale, quindi in amministrazione e nel comparto informatico. Posto salvo ma futuro incerto In Germania c’è stata mobilitazione, mentre in Svizzera non è successo molto. Il sindacato Unia si è offerto subito di assistere il personale per contenere i tagli e ottenere un buon piano sociale, ma la commissione del personale interna ha preferito procedere da sola nella gestione della ristrutturazione. Lucas è piuttosto deluso per come sono andate le cose: «Il mio posto di lavoro alla fine non è stato tagliato, ed è stato un sollievo, non so dire però cosa succederà nei prossimi anni visto che la ristrutturazione continuerà anche in futuro. A prescindere da quello che succederà, mi sarei aspettato però una forte mobilitazione dopo l’annuncio di una ristrutturazione così drastica. Occorre tenere in considerazione che i nostri numeri non sono, a mio modo di vedere, male dal punto di vista economico. Abbiamo anche contratti molto importanti con realtà economiche svizzere di primo piano e prodotti molto popolari sul mercato». Per Lucas la poca propensione alla mobilitazione è un problema che coinvolge soprattutto alcuni settori sociali del nostro Paese: «In Svizzera, tra i colletti bianchi, c’è molta passività in materia di diritti ed è difficile cambiare da soli le cose. Anche l’opinione pubblica non sembra indignarsi più di quel tanto ogni volta che vengono annunciate misure draconiane da parte di qualche azienda». *Nome di fantasia |