Ci sono cose di cui si sente parlare, ma spesso restano vaghe e non ben definite. Per esempio che cosa è la tratta degli esseri umani di cui il 18 ottobre ogni anno in Europa si dedica una giornata per mettere al centro dell'attenzione il fenomeno?

 

La tratta di esseri umani è una forma moderna di schiavitù. Prendi una persona in una situazione di fragilità, spesso migrante, imponile la tua volontà e obbligala a sgobbare senza protezione e orari, in clandestinità. Che altro aggiungere? Condizioni di lavoro estreme, dove le norme elementari dello stato di diritto sono ignorate, e con retribuzioni irrisorie.

Non possiamo definirli lavoratrici e lavoratori, ma vittime. La tratta degli esseri umani non riguarda “solo” lo sfruttamento sessuale come nel caso della prostituzione forzata. No, il fenomeno è molto più esteso e tocca vari settori: il lavoro coatto nella ristorazione, nell'agricoltura, lo sfruttamento domestico delle badanti o la costrizione a commettere reati.

 

La Piattaforma svizzera contro la tratta degli esseri umani (Plateforme Traite), una rete nazionale di organizzazioni non governative, fornisce i numeri: nel 2023 nel nostro paese sono state identificate 197 nuove vittime di tratta di esseri umani.  

Le quattro organizzazioni specializzate appartenenti alla Plateforme Traite (FIZ, ASTRÉE, CSP Genève e la ticinese MayDay) rilevano un numero di casi più elevato rispetto all’anno precedente in una tendenza generale che vede il fenomeno aumentare.

«Si assiste a una crescita del numero di vittime dello sfruttamento della forza lavoro. Nonostante le autorità si siano concentrate sempre di più su rami lavorativi diversi dal settore sessuale, queste vittime non vengono spesso identificate come tali e non possono godere dei propri diritti» nota l’associazione.

 

11% di casi in più rispetto all’anno precedente

Se si sommano le 197 nuove persone identificate come vittime della tratta di esseri umani a quelle già prese a carico in precedenza, nel corso del 2023 Plateforme Traite ha accompagnato e consigliato 488 vittime. L’aumento dei casi rispetto al 2022 conferma che la tratta di esseri umani è una realtà in Svizzera.

 

La grande maggioranza delle persone colpite dallo sfruttamento restano le donne (75,5%), ma gli uomini non sono un fenomeno marginale nella tratta degli esseri umani e rappresentano il 23% del totale delle vittime. Il loro aumento si spiega soprattutto con il fatto che la sensibilizzazione al problema e i relativi controlli si stanno focalizzando su altri rami di attività prevalentemente maschili.

 

Nel 2023 le nuove vittime identificate provenivano da 55 Paesi. I Paesi di origine più frequenti erano l’Ungheria, la Repubblica Democratica del Congo, il Camerun e la Somalia. Quest’anno si rileva una percentuale nettamente più elevata di vittime di origine africana, pari al 56%. Tra le vittime di altri Paesi, il 17% proveniva dall’Europa, il 14% dall’America Latina e il 12% dall’Asia.

 

Sono cifre che illustrano solo una parte del fenomeno che, per definizione, si svolge nell’ombra e non ci rendono pertanto un quadro completo della situazione.

 

Plateforme Traite è critica nei confronti dell’impostazione del Ticino nei riguardi della tratta degli esseri umani. «Il fenomeno esiste ed è sicuramente più grande di quanto emerge dai nostri dati. In Ticino manca una reale volontà politica di dare sostegno alle vittime e la problematica non è presa sul serio. Bisognerebbe prendere come esempio l'esperienza dal canton Vaud: se andiamo indietro nel tempo i casi si contavano su una mano. Oggi con la creazione di una struttura specifica per le vittime di tratta, l'autorità accompagna e assiste annualmente un centinaio di persone annualmente a testimonianza di un problema sommerso» evidenzia Georgiana Ursprung, coordinatrice dell’organizzazione.

 

Guardiamo, dunque, alla nostra realtà locale. Secondo le cifre fornite dalla Polizia cantonale in Ticino non si registrerebbero episodi dal 2019: zero casi. Gabriele Fattorini, direttore dell’azione sociale e delle famiglie del Dipartimento della sanità e della socialità spiega i motivi per cui la “scheda” appare immacolata: «La polizia fornisce i dati che riguardano le condanne, non le segnalazioni o le inchieste che avvengono in questo ambito. Come servizio cantonale per l’aiuto alle vittime di reati sono stati seguiti dal 2020 indicativamente otto situazioni. Occorre però precisare che si tratta di un fenomeno complesso, che non è sempre facile identificare e denunciare».

 

Proprio per questo motivo le associazioni attive sul campo chiedono la creazione di strutture specifiche per far emergere proteggere e contrastare la tratta degli esseri umani.

Il Ticino per ora si limita a riunirsi attorno a una tavola rotonda, istituita qualche anno fa, che coinvolge i Dipartimenti interessati dal fenomeno e ha stipulato un mandato con l’antenna Mayday, per riconoscere e indirizzare le potenziali vittime di tratta ai servizi competenti.

 

Se un progetto potrà «eventualmente svilupparsi» annota Fattorini, «andrà portato avanti dalla tavola rotonda e andrà comunque condiviso a livello interdipartimentale».

 

Per ora sembra che vada bene così.

Pubblicato il 

18.10.24
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